CHET BAKER E IL PICCHIO POLITICAMENTE SCORRETTO

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Siamo nel 1960, a Lucca.
Qualcuno sa riconoscere il giorno in cui è stata scattata questa foto a Chet Baker, appena scarcerato dalla lurida cella in cui era stato sbattuto per possesso di sostanze stupefacenti?

La civetta de La Nazione, che probabilmente Chet si è appena comprato per capire cosa si dice in giro di lui, annuncia in modo chiaro che il grande jazzista è appena uscito dalla gattabuia (in basso a destra della foto, la notizia).

Un anno e mezzo prima, a Torino, già consumato e semisdentato,cantava e suonava come segue. My Funny Valentine.

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Le immagini di questo post con Picchiarello, il cui albo sicuramente era venduto nell’edicola di Lucca (Edizioni Alpe) sono gli incredibili estratti da un articolo della rivista americana Night and Day (Volume 1 # 1, novembre 1948). Si riferisce, con causticissima ironia, alla censura a cui sono sottoposti i personaggi dei disegni animati popolari dell’epoca.

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Cito:
Il grande Chet che suona seduto sul davanzale della camera d’albergo. Che viene arrestato nella toilette di un’area di servizio, sulla strada per la Bussola di Focette. Henghel Gualdi che con il suo clarino e quattro accompagnatori improvvisa un concerto, la sera di Natale, sotto il carcere di Lucca, dove Chet Baker è rinchiuso, e viene subito interrotto dalle guardie.
Le avventure e le disavventure di Chet Baker, tra i maggiori trombettisti jazz del secolo scorso, erano entrate da tempo nei racconti mirabolanti, magari un po’ romanzati, di chi ne era stato testimone, in quella parte di Toscana compresa tra Lucca e il mare della Versilia. Domenico Manzione, lucchese, magistrato ad Alba, a quei racconti ha aggiunto una ricerca negli archivi del tribunale locale e intorno ci ha costruito un libro, «Il mio amico Chet», pubblicato dieci anni fa da Maria Pacini Fazzi
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