Vari post, nel tempo, si perdono nel nulla.
Il contenuto di questo era pronto da due anni. Ritrovatolo in memoria, eccolo, per la prima volta, con una delle rivelazioni che a volte questo povero, bistrattato (ma anche amato e pluripremiato, diciamocelo!) blog fa.
Lo spunto viene dall’aver incocciato di nuovo nella tavola sopra riprodotta, che lo scrivente conosce bene, perché tutta la storia, dopo essere stata scovata in remoti archivi non lontani dall’Isola Madre, nel 1992, dal sottoscritto, è stata esposta alla mostra Topolino 60 anni insieme, a Roma, e successivamente a Firenze e a Milano, anche in coincidenza con la visita di Carl Barks alla vecchia Fiera del capoluogo lombardo (dove lo presentammo, con l’allora presidente della Disney Italia, Umberto Virri e Philippe Daverio).
Che tavola è questa, e ancor di più: che storia è questa?
Nel sito Comic Art Fans trovo questa (infedele) descrizione sopra riprodotta paro paro.
Capisco anche che qualche informazione di questo sito è stata ripresa da miei vecchi scritti e interpretata male, ignorandone il contenuto.
Per esempio, si accenna a Frank, ovvero Francesco Privitera, come possibile inchiostratore della storia in questione. Ma era solo una mia supposizione che, sottoposta direttamente all’amico Frank, è stata da lui smentita già da parecchi anni in uno scambio di email con lui.
Parlano di noi.
Quello che viene indicato come Italian Disney Specialist capisco di essere io (non nominato).
Okay.
Quindi, forse qui è stata recuperata una vecchia notizia tramandata e sopravvissuta. Dove si legge che Frank sarebbe stato un disegnatore di The Smurfs, scappa un po’ da ridere.
Evidentemente il traduttore in Inglese di un testo italiano, prendendo lucciole per lanterne, ha inteso Puffi (il personaggio creato Frank, nato come “Puffy”, con la “y” finale e quindi italianizzato), un cane antropomorfo che riproduco sotto…
… per il plurale di “Puffo“, ovvero di Schtroumpf, che in Inglese è tradotto con Smurf.
La storia alla quale appartiene la tavola proposta, Topolino e il terrore dei mari, ha una paternità un po’ diversa da quella dichiarata e supposta, e così svariate altre apparse sul settimanale inglese Mickey Mouse Weekly e riproposta in Italia in una diversa versione.
Questo episodio,nella sua stranezza, gode di un certo prestigio perché è stata pubblicato in Italia, dopo un primo passaggio nel 1953 su tre numeri di Topolino (dal 66 al 68), nel volumetto I Classici Moderni del dicembre 1958. Ad aumentarne il fascino è soprattutto la vicinanza con la storia principale di questo ambìto volumetto, soprannominato dai collezionisti disneyani “Il Nerone”, a causa del colore della copertina, che è in linea con quello del villain della prima e principale storia, Macchia Nera.
Topolino e il terrore dei mari, infatti, compare insieme a Topolino e il doppio segreto di Macchia Nera, di Guido Martina e Romano Scarpa, oltre che a Topolino e lo spettro fallito, di Bill Walsh e Floyd Gottfredson, e a Topolino e i grilli atomici, ancora di Martina, con i disegni di Angelo Bioletto.
Che c’entra, con tutto ciò, la rassegna di esempi di animazione del video sotto?
Trattasi di un bell’indizione.
E’ una carrellata di lavori animati del magnifico Harold Jackson Whitaker (5 giugno 1920 – 26 dicembre 2013).
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Citata per la sua rilevanza dal filosofo della scienza Giulio Giorello nel suo libro La filosofia di Topolino (Guanda, 2013), scritto insieme a Ilaria Cozzaglio, la storia proviene dalla singolare e semisconosciuta produzione britannica di fumetti Disney.
Mattatore della storia è l’ometto del futuro Eta Beta, che dopo essere stato creato per le strisce quotidiane di Mickey Mouse da Walsh e Gottfredson, rinnova i suoi fasti con un pugno di storie colorate con tecnica illustrativa da Roland Neilson per il settimanale inglese Mickey Mouse Weekly.
La prima fra queste, Once Upon A Time, trasporta Eta Beta in un fiabesco Medio Evo, in un ambiente popolato di animali forse più vicini allo spirito di Bambi che di Topolino. Molto più affine all’epopea delle strisce è invece l’episodio The Reluctant Pirate, che debutta sul settimanale inglese con il numero 647 del 4 ottobre 1952 e si conclude dopo 27 brevi puntate con il n. 668 del 28 febbraio 1953.
In questa storia Eta Beta non perde occasione di rivelarsi anche un po’ mago, usando artifici che gli permettono di cambiare con disinvoltura i parametri spaziotemporali. Uscito in Inghilterra in tavole dipinte a tempera, sfumate, di taglio illustrativo, è proprio questo fumetto che in Italia diviene Topolino e il terrore dei mari, poiché per ragioni tipografiche non può essere riprodotto efficacemente con le gradazioni pittoriche della versione originale. Quindi, viene ridisegnata di sana pianta da un misterioso grafico della redazione milanese di Topolino, il quale riprende in modo abbastanza fedele le vignette inglesi, adattandole al formato tascabile.
Per la cronaca, con una tiratura di mezzo milione di copie, Mickey Mouse Weekly, ispirato al Mickey Mouse Magazine americano, aveva debuttato l’8 febbraio 1936, stampato in rotocalco. Il prezzo di copertina del settimanale è di 2d (due vecchi pence), la stampa è della Odham Press di Watford (vicino a Londra) anche se il “marchio” riportato in prima pagina rimanda ufficialmente alla Willbank Publications.
Si presenta da subito come un giornale molto ben confezionato, che destina solo una parte dei contenuti ai personaggi Disney. Ma per ragioni di costi troppo alti e di venduto insufficiente, il Mickey Mouse Weekly chiuderà i battenti dopo 920 numeri, il 28 dicembre 1957, sospendendo per il momento la produzione di storie originali.
Resta da capire chi sia il misterioso disegnatore della versione italiana di The Reluctant Pirate. Con il collega Alberto Becattini abbiamo studiato a più riprese un ventaglio di possibilità papabili, ma con certezza possiamo solo escludere alcuni disegnatori, che sicuramente non hanno messo le mani su Topolino e il terrore dei mari. Non è opera né di Michele Rubino, né di Ambrogio Vergani, grafici in pianta stabile presso la redazione milanese della Mondadori di Topolino (e di Bolero) e incaricati, talvolta di compiere dei ripassi e degli adattamenti di storie. Le loro tecniche, i formati e i materiali impiegati sono molto differenti da quelli impiegati per Topolino e il terrore dei mari. Analogamente, escludiamo il direttore del Topolino di allora, Mario Gentilini, grafico e “ritracciatore” a sua volta di copertine.
L’autore del fluido ripasso a china di Topolino e il terrore dei mari resta quindi a tutt’oggi un mistero.
Ma non quello del disegno a matita originario,colorato da Neilson. E’ Harold Whitaker. In questa pagina la sua foto, qualche schizzo a matita di prova con il Topo ed Eta, una tavola dell’orwelliana Fattoria degli animali, portata sullo schermo da John Halas (sotto) e Joy Batchelor, e un florilegio di sue prove di animazione.
Sotto, l’autoritratto del geniale artista, nel 1937.