Un attimo prima di presentare il film che apre e chiude con un suo intervento, registrato nella sede dell’ARCI fiorentino nell’estate 2010, davanti a un’enorme riproduzione del Quarto stato di Pelizza da Volpedo, degli amici dell’A.N.P.I. ci annunciano la morte di Pillo, ovvero di Silvano Sarti, presidente onorario dell’A.N.P.I. di Firenze, protagonista della liberazione di Firenze dai nazifascisti nell’agosto del 1944, medaglia d’oro al valore militare.
Aveva 93 anni.
Ce lo aveva fatto conoscere Alberto Pagliaro, fumettista che da qualche anno scriveva e disegnava per Il Vernacoliere storie ambientate nel periodo della lotta partigiana, in clandestinità. Bellissime.
Piacevano anche a Silvano.
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Il film è, naturalmente, Sui sentieri di libertà, di Lucia Vannucchi.
All’incontro è stata presente anche Rosalba Bonacchi, che ci ha segnalato questo suggestivo video: Solo andata, interpretato dal
Canzoniere Grecanico Salentino, con la regia di Alessandro Gassmann con parole di Erri De Luca e la musica di Daniele e Mauro Durante.
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Qui il backstage:
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«Se ne è andato in questa fredda notte fiorentina, in silenzio.» ha detto di lui il bravo sindaco di Firenze Dario Nardella, la cui formazione politica, alla fine, si è dimostrata molto migliore di quella di tanti qualunquistici (e spesso nevroticamente inetti, o opportunisti, o ambo le cose) suoi contestatori.
«Un uomo alto, forte, energico, è stato piegato dal tempo. Lui che aveva combattuto con i partigiani per liberare la nostra Firenze dai nazifascisti, medaglia d’oro al valore militare. Lui che non ha mai dubitato da che parte stare. Lui che ha passato tutta la sua vita a parlare con i giovani, a discutere con gli operai, sempre in prima linea».
«E’ stato un instancabile resistente per tutta una vita»: così lo ricorda l’Associazione nazionale dei partigiani italiani che ha dato la notizia della scomparsa.
Nato a Scandicci (Firenze) nel 1925, nel 1940 Sarti fu assunto come operaio tagliatore al Calzaturificio Rangoni di Firenze. Avvicinato da due esponenti del Partito Comunista in clandestinità, non ha remore a svolgere attività di raccolta fondi da distribuire alle famiglie degli antifascisti arrestati (il “soccorso rosso”).
Sarti fu renitente alla leva repubblichina dopo l’8 settembre 1943, e venne catturato dai tedeschi insieme ad altri compagni di lotta. Vennero accusati di diserzione, ma furono fortunatamente graziati da un editto militare a causa della loro giovane età: avevano solo diciott’anni.
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Sarti fu poi deportato a Cassino e messo ai lavori forzati nella costruzione delle fortificazioni tedesche. Riuscì a fuggire con altri prigionieri e dopo una lunga marcia ritornò in Toscana e decise di unirsi ai partigiani.
Fu inquadrato nelle Squadre d’Azione Patriottica, che adottarono come tattica la guerriglia urbana, sabotando le linee ferroviarie e deviando la segnaletica stradale per confondere il nemico, disseminando le strade di chiodi a quattro punte.
Durante la battaglia di Firenze del 1944, Sarti partecipò nei pressi di Porta al Prato all’assalto ad alcuni mercenari fascisti barricatisi in una casa di tolleranza (la provvidenziale Legge Merlin sulla prostituzione, che alcuni tribuni sessisti e sciovinisti di Lega e dintorni, blateratori tipo Cruciani, oggi vorrebbero stolidamente abolire, sarebbe arrivata solo nel 1958).
Dopo un assedio di diciotto giorni, i fascisti chiusi nel bordello furono catturati e (ci disse Sarti) «Non gli si pagò di certo il caffè!»
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Nel secondo dopoguerra, Silvano Sarti, militante socialista (mai iscritto al PCI, ci disse) si dedicò alle lotte sindacali nelle file della Cgil: fu tra gli organizzatori degli scioperi di Livorno nel 1968.
Domenica 27 gennaio 2019 alle 9,30 si terrà una commemorazione nell’Arengario di Palazzo Vecchio alla presenza dei rappresentanti nazionali dell’A.N.P.I. e dei cittadini che vorranno partecipare.