ROSMARINO

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Sono passati ottant’anni da quando, con l’emanazione delle repellenti leggi razziali imposte dal regime fascista, un nostro collega dell’editoria a fumetti, l’eccezionale Cesare Civita, fu costretto ad abbandonare l’Italia.

Ricordiamo anche questo disastroso episodio causato da Benito Mussolini e dal suo infame entourage assetato di potere, prima di passare al contenuto del post.

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Da un po’ di tempo non incontro Ferruccio Alessandri, eccezionale operatore del settore, autore di scritti animati da un umorismo e una competenza che sono lezioni per tutti noi.
Qualche anno inviava giornalmente a un gruppo ampio di amici delle gag, delle battute, dei fotomontaggi molto divertenti.

Ma quando giungeva il “giorno della memoria” si fermava e spediva cose di altro tenore, altrettanto ben scritte, ma molto più toccanti.

Quelle vecchie mail sono scomparse in massima parte alcuni computer fa, insieme alle loro memorie (quelle dei dischi rigidi o esterni). Peccato, ce n’era una personale, risalente agli anni della Seconda guerra mondiale, che avrei voluto riproporre oggi, quando una coalizione politica ha il coraggio di presentarsi alle prossime elezioni agitando ancora oggi stupidaggini vomitevoli sulla “razza italiana” e bestialità nazifasciste analoghe.

Il sedicente candidato premier di questa vergognosa, razzista coalizione dovrebbe indossare una felpa con la scritta Auschwitz per chiarire immediatamente dove conduce la deriva che ha fomentato in questi anni, tradendo anche lo scopo per cui il partito che indegnamente dirige era nato: obiettivi discutibilissimi, localistici, ma per fortuna lontani da apologie hitlero-mussoliniane, umanamente inaccettabili oggi come sempre, figlie prima di tutto dell’ignoranza, amplificate dagli Sciacalli d’Italia.

Non è un caso che anche i vecchi esponenti della Lega abbiano preso le distanze, giustamente, dal becero sciacallaggio dei suoi successori e dei loro ridicoli alleati, responsabili di un saccheggio sistematico delle risorse del Paese da quasi un quarto di secolo!

Arginare questa deriva è il primo obiettivo e, al netto dei brogli, che il prossimo 4 marzo spingerà a votare in direzione opposta, per fortuna, milioni di persone astenutesi nelle scorse consultazioni.

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Otto anni fa, Ferruccio aveva comunque spedito questo, che divulgo, certo di fargli cosa gradita, salutandolo con affetto se mi legge.

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Mio fratello Duccio è stato in Sud Africa per un paio di decenni e ora ha un’attività di yoga a Urbino, con la moglie Bharti.
Anche la sua è una testimonianza personale e ve la trasmetto qui.

Johannesburg, 1964.
Un pazzo locale girava intabarrato in un’impermeabile marrone per Hillbrow, il quartiere più popolato di Johannesburg.
Si era pettinato come Hitler e si era fatto crescere i baffetti quadrati tipici del dittatore.

Il Sud Africa era diventato uno dei porti di riparo degli ebrei che erano riusciti a scampare l’olocausto, specialmente per quelli che non erano riusciti ad approdare in Palestina per l’intervento della Marina Britannica che non li voleva.
Erano stati rimpallati dal Mediterraneo ad Amsterdam ed ad altri porti ed era stato loro proibito l’approdo da tutti quanti. La maggior parte di loro era stata “venduta” dai nazisti agli ebrei americani che avevano fissato un prezzo per ogni ebreo liberato.

Una vecchia signora ebrea stava per girare l’angolo, borsa della spesa in mano, mentre io ero fermo al garage per far benzina, e questo sosia di Hitler per caso stava passando di lì proprio in quel momento.
La signora si trovò improvvisamente faccia a faccia con lui e svenne.
Quando si riprese era in stato di estremo shock e fu portata all’ospedale.
Era una soprovvissuta dei lager nazisti.

Gerusalemme 1976, primi di giugno.

Ero all’ufficio di El Al, la compagnia aerea di Israele, per prenotare un volo per l’Italia. Provenivo da Johannesburg ed ero a Gerusalemme con un’amico ebreo per cercare di fondare un’agenzia pubblicitaria.
Avevo passato la mattinata all’ufficio della compagnia aerea ed ero irritato con gli impiegati per le loro brusche maniere. Dopo aver visto passarmi avanti diverse persone che erano arrivate dopo di me, finalmente mi fu fatto cenno di avvicinarmi.
Gli israeliti nati in Israele si piccano di essere dei duri, infatti si definiscono, con molto piacere, “sabra”- fichi d’India – e trattano i non ebrei con una certa supponenza.

Nel bel mezzo della mia trattativa, in cui l’impiegato stava facendo di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote, arrivò alla porta di vetro dell’entrata una vecchia signora vestita di nero, obesa, appoggiata ad un bastone, che entrò sbuffando e dondolando per dirigersi verso il bancone.
Tutto l’ufficio si fermò.

Chi prese una sedia, chi si affrettò a prendere la vecchia signora per un braccio, chi si premurò di portarle un caffè… In breve tutto l’ufficio di El Al fu paralizzato per seguire questa signora in nero.
Io, che non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, documenti in mano, nel bel mezzo di una semplice operazione per acquistare un biglietto, fui messo ancora una volta da parte. L’impiegato che avrebbe dovuto seguirmi era concentrato in una fittissima conversazione in ebraico con la signora. Le consegnò un biglietto aereo.
La signora allungò il braccio sinistro per prenderlo e la manica si ritirò dal polso scoprendo un livido tatuaggio sul braccio – l’immatricolazione di un campo di concentramento.

Aspettai ancora una volta il mio turno, e quando la signora fu accompagnata alla porta a un taxì – chiamato e pagato in anticipo dall’ufficio -, l’impiegato tornò a me e disse semplicemene due parole: “Monumento Nazionale”.
In Israele i sopravissuti dell’Olocausto sono dichiarati “Monumento Nazionale”.

Se vuoi seguire un’usanza ebraica, pianta una pianticella di rosmarino, come si fa nei giardini del Museo dell’Olocausto a Gerusalemme – per non dimenticare.

Tre mesi fa una ragazza americana venuta per un weekend di yoga ci fece dono di due ghiande.
Era appena tornata da una visita a Dachau ed era tornata molto scossa da quello che aveva visto.
Aveva notato che proprio dietro il muro usato per le fucilazioni sommarie cresceva una grande quercia e aveva raccolto qualche ghianda da portare agli amici.
Le semineremo domenica e se germineranno, le pianteremo nel nostro giardino.

Duccio Alessandri

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Oggi anche Gianfranco Goria, su AFNews dedica l’apertura al razzismo (eventuale) degli autori di fumetti.