Grazie a Marco Castelletta per l’augurio di stasera, che riporto qua sopra.
Fine novembre, livido e nebbioso. davanti all’uscio, sul portone, abbiamo parlato più volte di Alice, nelle illustrazioni (per esempio) di Sir John Tenniel, o in altre sue trasfigurazioni, disneyane e non.
Intanto, nelle pagine web della Guida del Fumetto italiano diretta da Gianni Bono, in contemporanea c’è chi lavora per ricostruire (forse anche con foto originali e mai viste, se sarà possibile ritrovarle nei tentacolari archivi delle Edizioni IF) la figura artistica e umana di Enver (“Enwer“) Bongrani.
Tempo fa la solerte Caterina Morelli aggiunge un interessante tassello al primo e al secondo puzzle, coordinando Alice con Bongrani.
Così Caterina ci citava:
Questo volume rarissimo, invece, edito dalla Mediolanum nel 1935 è uno dei pochi pubblicati durante il ventennio fascista. L’illustratore è Enver Bongrani. Il materiale usato che non ha aiutato la conservazione del volume, assieme alla ridotta pubblicazione ha reso questo libro pressoché introvabile. Qualche tempo fa si poteva leggere sul blog di Luca Boschi, Cartoonist Globale, un interessante scambio d’informazioni su questo libro, tra appassionati d’illustrazione e una anziana signora che, se non ricordo male, era una discendente di Bongrani…
Come intermezzo, l’Alice nera del mainstream Nicky Minaj.
La ricerca alla quale Caterina fa riferimento è quella che segue, la proponiamo (noi dodici) di nuovo.
Doppio colpo di scena primaverile!
Ovvero: un altro di quegli articoletti interessanti per un pugno di lettori (circa la metà del totale: due pugni). Ma sono questi post(s) che “fanno la differenza”, per citare un’espressione da me personalmente sempre detestata. Forse perché quasi esclusivo patrimonio di commentatori sportivi con scilinguagnolo sciolto e neuroni imbalsamati.
Due sono i temi di cui si tratta.
Il primo è fra i preferiti di una certa élite: è ancora di scena l’ormai sempre meno misterioso Enver Bongrani (in apertura una sua vignetta firmata e, più sotto, un’altra nella quale mostra in modo chiaro la sua ispirazione dall’Otto Messmer di Felix the Cat). Adesso, su di lui possiamo divulgare dati e date certi.
Ce li fornisce Giancarlo Malagutti, che ringraziamo in più d’uno per lo “sbattimento” della proficua ricerca.
A lui la parola.
Probabilmente chi ha seguito la caccia al fantomatico Enver sarà curioso.
Dunque, Enver (con la V) Bongrani nasce nel comune di Marrara il giorno 15 febbraio 1914 alle ore 11,00 da Lino Bongrani e Ester Sisti.
Tutta la famiglia emigra a Milano nel 1936.
Enver si sposa a Milano il giorno 10 gennaio 1938.
Muore a Salò il 16 luglio 1968, e (credo io, visto che in tutta la provincia di Ferrara non risulta), viene inumato a Salò.
Se la tua corrispondente da Roma vuole sentire la vicina Bongrani, queste sono le notizie. Secondo le mie ricerche anagrafiche non risultano emigrazioni.
Interessante, no?
Quindi, buone queste informazioni una sorta di leggenda sull’emigrazione dell’autore negli Stati Uniti, tramandata da più parti, potrebbe essere stata smentita.
Per ricordare le ricerche pubblicate in precedenza a chi piomba solo adesso nel cuore del blog o si fosse perso qualche passaggio del “giallo” su questo fumettista apparentemente dissoltosi nel nulla, ecco quanto segue.
A introdurre il tema era stata la preziosa lettrice (e appassionata, e anche operatrice del settore) Emi-chan, piuttosto misteriosa anch’essa, a me per primo.
Il 10 novembre 2011 tornava sull’argomento con questi risultati:
Sono spiacente (mi rivolgo soprattutto al signor Benzing) di non essere più tornata sull’argomento, ma la mia intenzione era di raggiungere un numero di informazioni tali da scrivere un articolo quanto più completo possibile su Enver Bongrani.
Purtroppo finora ho saputo poco o niente, perché la Professoressa Bongrani-Fanfoni ricorda davvero poco del cugino (in compenso si potrebbe scrivere un romanzo intero sulla storia della sua famiglia, piena di tipi creativi ed eclettici che si distinsero nei campi più diversi, dall’abile diplomatico al gioielliere che montò i brillanti donati dallo Scià di Persia a Soraya… alla Professoressa di Egittologia e Antichità Nubiane, appunto) e si è limitata ad accennarmi ad un’altra lontana cugina che potrebbe saperne di più, ma che finora non ha avuto tempo di contattare: comprenderete come io non possa insistere più di tanto per non risultare offensiva e invadente.
Per ora mi limito ad accennare alla faccenda quando portiamo fuori i rispettivi cani, parlandole della curiosità del mondo del fumetto nei confronti del suo misterioso parente, curiosità di cui lei era del tutto all’oscuro, tanto che non aveva mai nominato il cugino neanche al marito ed ai figli (uno dei quali è un appassionato lettore di fumetti ed esperto di romanzi fantascientifici).
Faccio qui in elenco degli scarni dettagli appresi finora:
Io invece mi scuso per la deformattazione inspiegabile di questa parte di post. La tecnologia ci avversa, ma ci passiamo sopra.
1) Enver. Il nome esatto è Enver, con la V. Il padre, nonché nonno della Professoressa Bongrani (il che, a ben pensarci, rende Enver suo zio piuttosto che cugino, sebbene mi sia stato presentato come tale), aveva una passione per i nomi esotici e inusuali: lo stesso padre della Professoressa, nato da un parto gemellare in cui l’altro bimbo morì quasi immediatamente, venne chiamato Esto: “vivi” in greco antico.
Per dire il tipo. Il nome “Enver”, la cui origine è sconosciuta alla Professoressa, secondo le mie ricerche potrebbe essere turco o albanese e significare “luce” o “illuminato”. Dato l’orientamento politico familiare, di cui parlerò in seguito, non mi sarei meravigliata se ci fosse stato un qualche Enver famoso rivoluzionario o anarchico a fine Ottocento/inizi Novecento, ma non ne ho trovati tranne un Enver “Pascià” che non mi pare corrisponda all’idea.
2) Enver proveniva da una famiglia numerosa: una decina o più tra fratelli e sorelle, dei quali l’ultimo è il padre della Prof.sa Bongrani. La difterite mieteva periodicamente molte vittime nella famiglia, tanto che molti giovani Bongrani morivano in tenera età. La Prof.sa stessa si salvò in extremis grazie alla penicillina che i soldati americani portavano con loro durante l’avanzata.
3) La famiglia Bongrani ha origine in Marrara, frazione di Ferrara. La madre di Enver era una agiata nobildonna di religione ebraica, poi convertita al cristianesimo e divenuta una cattolica osservante fino all’eccesso.
Il marito, anche lui di ascendenze nobiliari, era al contrario un noto anarchico e rivoluzionario (amico di Sante Caserio, sopra in foto, NfT) che un giorno bruciò un antico stemma ligneo di famiglia urlando alla moglie che il posto di simili ammennicoli era il camino.
L’impegno politico della famiglia era ben conosciuto, tanto che nonno e padre della Professoressa furono più volte interrogati ed arrestati, e poco prima della fine della guerra si salvarono dalla deportazione solo grazie alla rivolta delle donne marraresi che minacciarono di incendiare il commissariato se i prigionieri non fossero stati liberati. Subito dopo la liberazione gli uomini (la maggior parte, almeno) della famiglia Bongrani si diedero alla macchia entrando nella Resistenza.
4) Il che pone un’altra questione: l’orientamento politico dominante nella famiglia era condiviso dal nostro Enver?
Sappiamo che egli creò “Lucio l’Avanguardista” modificando le tavole di un fumetto americano, ma non è detto che condividesse l’ideologia del regime. Può darsi che la sua opposizione non fosse di tipo “attivo”, oppure che non si interessasse proprio di politica, anche se secondo la Professoressa Bongrani sarebbe stato l’unico in famiglia. Non sappiamo quale sia stata la sua condotta durante gli anni della guerra: sarebbe interessante poter riempire questo vuoto di informazioni.
5) Corollario al punto precedente: ad Enver Bongrani fu comunque consentito di lavorare e di firmare i propri lavori col suo autentico (e decisamente poco “autarchico”) nome, e non risulta – per ora – che le traversie politiche di suo padre e dei suoi fratelli e cugini gli abbiano causato difficoltà.
Inoltre, a partire almeno dal ’38, in teoria l’origine ebrea della madre avrebbe potuto renderlo oggetto di discriminazioni ed indagini… forse la sua provenienza da una famiglia antica ed influente potrebbe aver costituito un vantaggio in certe occasioni? Si tratta solo di supposizioni, prive di qualunque fondamento finchè non ne sapremo di più.
6) Veniamo all’unico incontro che la Professoressa Bongrani bambina ebbe con lo zio/cugino Enver.
In base ai suoi ricordi dovrebbe essere avvenuto alla fine degli anni Quaranta. Enver allora abitava in un appartamento a Milano, nel quartiere Bovisa. La Professoressa ricorda di essere stata accolta da Enver in un largo cortile a piano terra che le ricordava l’aia di una fattoria, e di aver trovato il palazzo decisamente “povero” rispetto alle case cui era abituata.
Enver, molto più grande di suo padre ma non ancora anziano, scapolo e senza figli, la fece sedere accanto a sé e le mostrò delle “strisce” a fumetti e dei giornalini spiegandole che li aveva disegnati lui. Secondo la Professoressa, Enver le disse di aver disegnato “Furio”: a qualcuno risulta?
7) Questo dovrebbe essere stato il primo ed unico incontro della Prof.sa Bongrani con Enver Bongrani.
In seguito seppe dal nonno che egli si era trasferito negli Stati Uniti a disegnare le “comic strips”, sebbene gli studiosi non abbiano ancora trovato tracce del suo passaggio.
Alla Professoressa non risulta che oltreoceano possa essersi sposato e/o avere avuto una discendenza, e non sa nemmeno se sia tornato poi in Italia o no, tanto che ha ipotizzato che, in questo caso, potrebbe addirittura essere stato sepolto nella tomba di famiglia a Marrara, dove mi ha consigliato di recarmi per ottenere qualche notizia in più. Una gita che attulamente mi è difficile fare.
Ecco, questo è tutto quel che ho saputo circa il fantomatico Enver Bongrani: poiché queste notizie derivano da conversazioni private, sebbene io abbia sempre premesso alla mia interlocutrice che avevo intenzione di servirmene per scrivere un articolo, avviserò quanto prima la Prof.sa Bongrani in modo che possa leggere quanto ho scritto e decidere se il contenuto necessita di rettifiche o se (non si sa mai) desidera che venga cancellato.
Mi scuso in anticipo per eventuali refusi dovuti alla fretta.
A questo punto non vado oltre e, siccome la carne al fuoco è tanta, rimando il secondo argomento (di molto minor rilievo rispetto a questo) in data da destinarsi. Giancarlo Malagutti ha colmato la lacuna lasciata aperta da Emi-chan e dalla Professoressa Bongrani-Fanfani.
Editorialmente, le tracce di Enver si perdono all’inizio degli anni Cinquanta e, quindi, si ritrovano al momento della sua morte, nel 1968. C’è una quindicina d’anni di vuoto, a parte ristampe occasionali di qualche sua storia, certamente non autorizzata, da parte dell’Editrice Alpe.
In questi tre lustri il nostro autore potrebbe essere stato negli States? Nessuno può affermarlo o negarlo, allo stato delle conoscenze raccolte.
Altre voci, raccolte invece personalmente nell’ambiente editoriale, ma alle quali non posso dare alcun credito, mi hanno bisbigliato all’orecchio che Enver Bongrani avrebbe disperso di proposito le ssue tracce, in epoca precedente a Chi l’ha visto? di molti decenni, per ragioni legate alla sua attività editoriale.
Le pagine della serie <em>Ciccio e Arturo, riprese dal mensile Carioca delle Edizioni Ariete, sono state tradotte in Francia (e adattate un po’ malamente come si vede) per conto delle edizioni Aventures et Voyages su Biribu (1955).
Grazie, per questa informazione, al sempre attento Gérard Thomassian.
La tavola di Lucio l’Avanguardista, ricavata dal giornalino Jumbo, proviene dal blog Fumetti classici di Leonardo Gori.
Grazie a tutti.
Chi non ha peccati da farsi perdonare salti pure il video sotto, di Nicki Minaj.
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