Qualche giorno fa, lunedì 17, all’ospedale civile di Venezia, dove era ricoverato da alcuni giorni, se n’è andato anche Piero Zanotto, uno dei primi colleghi a occuparsi, con taglio giornalistico, anche di fumetti (una delle sue passioni). Zanotto è stato davvero uno dei pionieri della pubblicistica sulla Nona Arte, operativo anche prima che le riviste specializzate esistessero; per questo ne parlava sui quotidiani (più o meno locali dell Nord Italia) e sui giornali territoriali. Dove trovava spazio, insomma, in anni non facili, dove i lettori di fumetti erano preferibilmente considerati dei poveri mentecatti con tendenza all’analfabetismo.
Zanotto è stato a suo modo un “piccolo grande eroe” al quale dobbiamo gratitudine, un pioniere senza paura della valorosa schiera dei Sergio Trinchero, dei Claudio Bertieri, dei Gaetano Strazzulla, degli Ernesto Guido Laura, dei Romano Calisi.
E dei (di, anzi) Rinaldo Traini, che aveva reclutato Zanotto insieme a una nutrita schiera di volontari buongustai nell’Ufficio Stampa del Salone Internazionale di Comics, dove il sottoscritto, alla Sala Borsa di Lucca, incontrò Zanotto per la prima volta quando aveva appena dismesso i pantaloncini corti.
Personalità ecclettica, grande appassionato di Pinocchio, oltre che del fumetto più classico, nel decennio 1977-1986 era stato anche direttore del Filmfestival montagna esplorazione di Trento
Nella foto di apertura, Zanotto è sulla destra, intento ad applaudire il giovane e trafelato Giorgio Cavazzano. Sullo sfondo si intravede Ferruccio Alessandri.
Chi sia il ragazzo con la camicia a quadri lo ignoro, forse un passante o forse Bercovici, che pure era presente in quel 1979, nel Castello di Rapallo dove la foto fu scattata, durante la premiazione della Mostra Internazionale dei Cartoonist di quel remoto anno.
Ottantaseienne, Zanotto era stato autore, sulle colonne del quotidiano Il Gazzettino, delle storie dei “nizioleti”, i toponimi veneziani, poi raccolte in volumi (uno dei quali, se non ricordo male, fu premiato dall’Anafi alla Fiera di Reggio Emilia).
Per oltre quarant’anni collaboratore appunto del Gazzettino, e poi de Il Piccolo, Zanotto aveva pubblicato oltre una ventina di libri, fra cui Veneto in film, prima schedatura ragionata del cinema ambientato nel territorio. Il suo ultimo libro era stato Fumetto a Nordest, uscito nel 2015.
Zanotto ha anche dato la stura al mensile Zio Paperone con i suoi articoli, e scritto prefazioni e delucidazioni per vari volumi Disney editi da Mondadori. A questo si riferisce il disegno realizzato nel 1974 da Carl Barks per lui che ho rimbalzato qua sopra, richiesto per pubblicarlo in una delle strenne dalla copertina bianca che uscivano a Natale a suo tempo.
Roy Mann mi ha segnalato questo fantastico pezzo da collezione da lui inserito nella galleria web Comic Art Fans, realizzato da Bruno Napoli, un nome che ancora manca nel “catalogo” pur nutritissimo dei Disney Italiani, illustratore specializzato per poster cinematografici, in questo caso all’opera per la riedizione avvenuta nel 1973 in Italia del fantastico lungometraggio Song of the South (1946), che ebbe varie riduzioni in libri illustrati, serie a fumetti, sequel e divagazioni sul tema.
Uno degli ultimi riguardava Fratel Coniglietto. Ed ecco l’aggancio che quello che segue nel post, recuperato dal black hole nel quale la rete l’aveva risucchiato, con tutte le sue immagini, le riflessioni e gli annessi-connessi.
Su questo fenomeno di sparizioni nel web forse torneremo in futuro, intanto entriamo nel vivo della coda di post, che mostra la splendida illustrazione del poster con Brer Rabbit commissionata a Bruno Napoli nel 1973 quando il lungometraggio fu cambiato di nome, sostanzialmente, fingendo che si trattasse di una pellicola diversa da quella diffusa qualche decennio prima. Una strategia commerciale adottata anche all’estero, e in particolare negli Stati Uniti, dove il vecchio Song of the South era stato ribattezzato Zip-A-Dee Doo-Dah, o meglio era stato relegato in secondo piano.
Napoli prende l’illustrazione basilare di quel poster americano, lo rifà a colori (un gioco da ragazzi per un grande artista-artigiano che tanto ha già lavorato risolvendo anche i più ardui problemi tecnico-narrativi: la sintesi nient’affatto banale di un intero film in un’immagine singola significativa e accattivante), sposta Fratel Coniglietto a lato di Compare Orso e toglie di mezzo il pupazzo di pece.
Sempre grazie a Roy Mann, sopra vediamo i due poster a confronto e sotto la prima uscita francese del film, a fianco di quella italiana.
Chi si fosse perso le origini del personaggio, della serie di episodi con questi animali antropomorfi e anche il suo significato, può proseguire nella lettura. Repetita iuvant.
Si sapeva da sempre che da bambino Walt Disney aveva molto amato leggere le storie scritte da Joel Chandler Harris con Brer Rabbit (che, appunto, è il nostro Fratel Coniglietto), Brer Bear (Compare Orso), Brer Fox (Compar Volpone, o Comare Volpe come nel poster, ma anche Sora Volpe) e gli altri interpreti di un’antologia di racconti a sfondo educativo, raccolte tra la fine dellOttocento e l’inizio del Novecento in sei volumi diversi.
Chi clikka sotto può vederne alcune.
Lo Zio Remo (Uncle Remus) a cui si allude è un anziano piantatore di cotone, di colore, che racconta a uno sparuto gruppo di ragazzini (bianchi) una sterminata serie di storie morali servendosi di interpreti dai connotati animaleschi, rifacendosi in qualche modo all’esempio di Fedro e di Esopo.
Il personaggio più frequentemente citato da Remo, deputato a provocare l’identificazione dei giovani ascoltatori, è appunto il coniglietto, figura di maggior spicco del lungometraggio che Disney ricaverà dai racconti.
Intitolato Song of the South (“La canzone del Sud”), verrà liberamente tradotto in italiano con titoli diversi, il più famoso dei quali è I racconti dello zio Tom (ma nel 1973 sarà nuovamente distribuito come Fratel Coniglietto, Compare Orso e Sora Volpe).
Per le platee italiane la scelta di chiamare il saggio narratore di colore Tom anziché Remo (nome che invece sopravvive nei fumetti) si deve al tentativo di trovare un collegamento con La capanna dello zio Tom (Uncle Tom’s Cabin or Life Among the Lowly), popolare romanzo anti-schiavista scritto dall’americana Harriet Beecher Stowe nel 1852.
Le tavole che propongo in questo post, pochissimo note (e praticamente mai citate dai testi disneyani, compresi i miei, che trattano questo argomento), sono state cesellate dall’illustratore J.A. Condé.
Sono apparse su un pugno di giornali statunitensi, prevalentemente del Sud, alla domenica, nel 1906, dal 24 giugno al 19 agosto.
Forse sono le ultime tavole del ciclo (chi ne sa di più, batta un colpo), senz’altro sono molto mature.
Anche se di fumetti veri e propri non si parla, è rispettata nelle vignette una certa sequenzialità. Mancano i trucchi e gli artifici smaliziati che il cinema avrebbe insegnato ai comics: primi piani, piani americani, altre inquadrature più sofisticate di quelle che vediamo nella collezioncella di tavole a seguire, e che con due poderosi CLIC sopra si possono godere al meglio.
Quando sono uscite sui giornali, Walt aveva cinque anni circa, probabilmente sapeva già leggere (o si faceva aiutare da qualcuno per comprendere appieno queste storielle morali), e in ogni caso queste immagini ne devono aver molto nutrito la fantasia, come scopriremo dalle creazioni della sua età adulta.
Poterle recuperare oggi e studiarle è, secondo me, piuttosto importante per i fans di Walt.
Per poter effettuare un qualche confronto, in chiusura riproduco due tavole domenicali disneyane del ciclo Uncle Remus, disegnate (con maestria) da Dick Moores, precedute dallo splash panel sullo stesso tema che introduce su Four Color Comics un analogo ciclo di storie, appositamente create per i comic books della Dell Publishing negli anni Quaranta.
Non dovrebbe essere un problema sussurrare che fra un mese circa una Storia Preziosa dei Grandi Classici Disney n. 303 avrà qualcosa a che vedere con questi personaggi, collegnadosi in contemporanea sia alla produzione per i quoridiani che a quella dei comic books, irristampata da oltre mezzo secolo.