ALLA DIAZ, NOTORIAMENTE, LA POLIZIA HA TORTURATO UN BEL PO’

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Ma non è reato, nella bastarda Italia della barbarie.

Quindi solo un po’ di soldi da pagare, che non pagheremo noi, lo stato, ma i poliziotti che hanno torturato, vendendo i loro beni, quelli delle loro famiglie, eseguendo lavori forzati, qualsiasi cosa, pur che paghino.
Così ha deciso l’Europa.
Dal punto di vista formale, lo stato italiano (barbaro, come è facile constatare anche da altri punti di osservazione) ha violato l’articolo 3 della convenzione sui diritti dell’uomo dove recita:

“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.

Nella sentenza della Corte di Strasburgo i giudici hanno anche stabilito, correttamente, che se i responsabili delle infamie non sono mai stati puniti (e qualcuno è anzi stato di fatto promosso) è soprattutto per colpa dell’inadeguatezza assoluta delle leggi italiane, che quindi devono essere cambiate.

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Anche se un’affermazione come quella che segue potrebbe facilmente essere tacciata di superficiale populismo: i deputati e i senatori erano impegnati a rubacchiare, invece di fare il loro mestiere come in un Paese civile (quale l’Italia, com’è notorio, non è).

La mancata identificazione dei poliziotti autori materiali delle torture è dipesa, accusano poi i giudici, “in parte dalla difficoltà oggettiva della procura a procedere a identificazioni certe, ma al tempo stesso dalla mancanza di cooperazione da parte della polizia”.

… Che era impegnata, insieme al governo belusconian-scajolesco, a confondere le acque, esercitandosi in prove tecniche di dittatura.

Nella sentenza si sottolinea quindi che la mancata considerazione di determinati fatti come reati non permette, anche in prospettiva, allo stupido Stato di prevenire efficacemente il ripetersi di possibili torture e altri massacri assortiti da parte delle forze dell’ordine, spesso avvezze a svolfgere queste belle imprese, come la cronaca ha riportato in questi ultimi anni.

Pig“Un massacro ingiustificabile”, “una pura esplosione di violenza”, sentenzia giustamente la Corte di Cassazione nelle motivazioni, depositate a suo tempo, della sentenza che aveva condannato 25 poliziotti presenti al blitz sull’irruzione alla scuola Diaz, condotta dalla Polizia di Stato durante il G8 di Genova del 2001.

“La condotta violenta” della polizia ha “gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”, si legge.
La sentenza mette in evidenza “l’odiosità del comportamento” di chi, “in posizione di comando a diversi livelli come i funzionari, una volta preso atto che l’esito della perquisizione si era risolto nell’ingiustificabile massacro dei residenti nella scuola, invece di isolare ed emarginare i violenti denunciandoli, dissociandosi così da una condotta che aveva gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero e di rimettere in libertà gli arrestati, avevano scelto di persistere negli arresti creando una serie di false circostanze”.

”L’immagine della polizia doveva essere riscattata, essendo apparsa inerte di fronte ai gravissimi fatti di devastazione e saccheggio che avevano riguardato la città di Genova, e il riscatto sarebbe dovuto avvenire mediante l’effettuazione di arresti, ovviamente dove sussistenti i presupposti di legge”.

“L’assoluta gravità – si legge nella sentenza numero 38085 – sta nel fatto che le violenze, generalizzate in tutti gli ambienti della scuola, si sono scatenate contro persone all’evidenza inermi, alcune dormienti, altre già in atteggiamento di sottomissione con le mani alzate e, spesso, con la loro posizione seduta in manifesta attesa di disposizioni”. Per questo si può affermare che si è “trattato di violenza non giustificata e punitiva, vendicativa e diretta all’umiliazione e alla sofferenza fisica e mentale delle vittime”.

La ”gravità” dei reati commessi dai funzionari della polizia, scrive la Cassazione, come quello della violazione “dei doveri di fedeltà” delle calunnie e dei falsi, legittima il no “al riconoscimento delle attenuanti generiche” a favore degli imputati. Che hanno commesso una “consapevole preordinazione di un falso quadro accusatorio ai danni degli arrestati, realizzato in un lungo arco di tempo intercorso tra la cessazione delle operazioni ed il deposito degli atti in Procura”.

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Di questo orrendo massacro voluto da (compilare lo spazio lasciato in bianco con gli epiteti personalizzati: ……………….) Cartoonist Globale si è occupato ripetutamente in passato e lo fa di nuovo, ora che un minimo di giustizia viene fatta con le condanne dei villains (o di alcuni di essi) che hamnno trascinato parte della povera Italia nella macelleria messicana che sappiamo.

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Naturalmente, tali villains manganellavano e facevano manganellare a loro insaputa (sa va sàns dìr).

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Donald SoffrittiCi vuole Sky News 24 per trasmettere un’intervista decente a un testimone diretto, il giornalista (tra l’altro di un giornale di centrodesta: Il Resto del Carlino) rimasto coinvolto suo malgrado nella furia infame dei massacratori.

Il TG Uno, per dire, prosegue paro paro la sua deriva, inguardato, come se il Pipistrello cacciato dall’Ordine dei Pipistrelli fosse ancora in servizio.

Il capo della polizia Antonio Manganelli aveva proposto al ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, che aveva condiviso, la nomina del prefetto Gaetano Chiusolo a direttore della Direzione centrale Anticrimine e della Dr.ssa Mstrong>Maria Luisa Pellizzari a dirigente del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato. Chiusolo sostituisce Francesco Gratteri condannato, tra l’altro, all’interdizione dai pubblici uffici dalla Cassazione per il massacro compiuto strabarbaramente all’interno della Diaz.

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Questo è «il momento delle scuse. Scuse dovute». Soprattutto ai cittadini «che hanno subito danni, ma anche a quelli che, avendo fiducia nell’Istituzione-Polizia, l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza».

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Più che vista in difficoltà, l’hanno vista come un ferocissimo e folle nemico, al servizio di un potere politico insensato, all’interno del quale torreggiavano (e torreggiano, magari rialzandosi i tacchi) figuri loschissimi, indegni di essere accattabili (non dico “accettati”, data la loro manifesta impresentabilità) in un Paese civile. Quale l’Italia, a quanto pare, e come questa sentenza di terzo grado conferma, non è stato e non è (in quanto costoro sono ancora in circolazione, e sprizzano arroganza da tutti i pori).

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“La catena di comando è stata condannata e questo è un grande risultato”, afferma sensatamente l’avvocato Francesco Romeo, difensore di alcune vittime nel processo di Cassazione.

“Rimane però il dato di fatto che quella notte alla scuola Diaz è stata una pagina nera per la democrazia italiana e il Parlamento non ha nemmeno fatto una Commissione di inchiesta per individuare le responsabilità politiche”.

Ovvio, la “maggioranza” (si fa per dire) indecente che ha governato l’Italia fino a qualche tempo fa si era da sempre autoassolta, tutto era avvenuto a insaputa della sua insaputa. Delle ferite, delle tumefazioni, delle ossa rotte e de “morto” che (purtroppo) c’è scappato, il povero Carlo Giuliani, se n’è fregata da subito, con pochissime, eccellenti eccezioni.
L’importante era voler dare una lezione: “Adesso abbiamo preso il potere, cone nel ’22, non ce n’è più per nessuno, dopo il massacro cre prepariamo adesso nessuno se la sentirà più di manifestare e potremo proseguire alla grande il nostro porco saccheggio”.

“Saccheggio” di democrazia, ovvio. Non sia mai che si equivochi e si pensi che ci sia stato un tornaconto economico per qualcuno, tzè!
Giammai, non sia mai, lungi da noi 45 il pensiero!

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Con una commissione d’inchiesta due senatori del Pd, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, avevano chiesto di “fare luce sulle responsabilità politiche”.

Di chi sono state lo sappiamo. Lo dice chiaramente Ellekappa, approssimando per difetto.

Il © delle varie immagini è dei vari aventi diritto, da Donald Soffritti agli altri artisti.