Si è chiusa ieri, a Bologna, la principale fra le mostre dedicate nella pre-primavera di quest’anno agli autori di fumetti selezionati dall’Associazione Hamelin, superando la Fiera del Libro per Ragazzi, la santa Pasqua, l’ascesa di Papa Francesco e la discea di papà Bersani.
E siamo ancora qua, in quest’acquaquà.
Sempre mostre di gradissima qualità, lontano dalla banalità delle scelte di altre (consunte) manifestazioni, sono quelle di BilBOlbul che ha scelto in questo 2013 Vittorio Giardino, un artista che ha percorso trent’anni di fumetto europeo seguendo una via personale e indipendente dalle mode.
Plauso.
Attualmente, come giustamente sottolinea l’organizzazione di BilBOlbul, Vittorio è uno dei Maestri della letteratura disegnata, quantomeno europeo, ma di portata planetaria, pluritradotto. Un autore “completo” (come si diceva il secolo scorso, e “unico”, come alcuni dicono oggi) amato per l’ordinata complessità dell’intreccio romanzesco come per la trasparenza espressiva del segno.
Autodidatta, alla continua ricerca di una sempre più compiuta misura classica che gli consenta di districare il groviglio delle passioni e della Storia, Vittorio lavora sui generi per acquisirne le regole e sovvertirne dall’interno il significato, prosciugarne gli automatismi e sostituirli con la vita vera.
I suoi romanzi grafici raccontano la collisione dell’individuo contro il potere, la corruzione degli ideali, la dignità di chi, vedendosi sconfitto, continua a testimoniare la propria resistenza.
I fragili eroi di Giardino sono in parte alter ego del loro creatore, portatori del suo interrogarsi sull’ingiustizia e sul reale, sulla difficoltà del vivere. Da Sam Pezzo – antieroe hard boiled che si muove in una città che sovrappone le metropoli del noir americano alla sua Bologna dei primi anni 80 – a Max Fridman – spia riluttante che attraversa l’Europa sull’orlo del secondo conflitto mondiale – fino al romanzo di formazione di Jonas Fink – giovane ebreo nella Cecoslovacchia comunista del dopoguerra.
Tra le sue influenze ci sono il cinema classico hollywoodiano, tanto per l’esattezza dell’ingranaggio narrativo quanto per la potenza iconica dell’inquadratura, e la linea chiara franco-belga di Hergé e di Jacobs, che Giardino declina verso un maggiore naturalismo.
La mostra bilBOlbulliana ha posto l’accento su Giardino narratore, sulla sua capacità di tessere intrecci che – nelle forme del mistero e dell’avventura – sappiano rendere la complessità del reale, sull’eleganza e l’esattezza di un segno che interroga e seduce.
Anche se la mostra non c’è più, almeno a Bologna, resta come testimonianza per ricordarne i contenuti e il “passaggio” il libro Vittorio Giardino. La quinta verità (edito da Comma 22 di Daniele Brolli), a cura di Hamelin anch’esso. Trattasi di una raccolta di interventi illustri sull’opera del grande maestro del fumetto. Francesco Guccini, Loriano Macchiavelli, Luca Raffaelli, Della Casa, Luigi Bernardi, solo per citarne alcuni, raccontano, riflettono analizzano l’opera di Giardino e ne svelano la ricchezza.
Il volume hameliniano si completa di un ricco apparato iconografico e di un sedicesimo di tavole a colori tra le quali figurano tavole e copertine inedite.
Vittorio, nell’immagine sopra, è intervistato per Rai 5 (per una nuova puntata della celebrata trasmissione Fumettology? Forse).
E questo è Leonardo Gori che fotografa a sua volta le pareti zeppe di copertine che costellano la mostra.
Ed ecco un altro libro su Giardino, uscito a fine febbraio, curato da Oscar Cosulich per la cfasa editrice Exorma.