Nel primo incontro del seminario della Scuola Internazionale di Comics abbiamo parlato di Chuck Jones, correva il giorno 15 febbraio (una vita o due fa!).
Ma non è certo su questo che torniamo.
In questo discorso frammentato e frammentario, rispolveriamo invece la quasi omonimia fra un coyote della Warner Bros. (quello che tutti immaginate) e uno della M.G.M. (Charlie Coyote, alias Meo Mazurca).
Jones ha voluto raffigurare il primo anche alla Van Gogh, come si vede, in una serie di tarde opere d’arte, realizzate quando la sua carriera splendente di animatore e regista sva per forza di cose recalcitrando.
Ecco qua Meo Mazurka (o Mazurca).
Secondo gli adattatori italiani, però, non è affato un coyote, bensì una “volpe del deserto”.
Possibile?
In questa oblunga vignetta, realizzata come (quasi) di consueto per le avventure di Charlie Coyote da Vive Risto, che è anche creatore del personaggio, costui ha un grosso nido d’api sulla testa, esibito a mo’ di turbante.
La storia in questione, pubblicata sul libretto Tom & Jerry della Editrice Cenisio, fa parte del ciclo dedicato a Flic e Floc: un cane della prateria e uno scoiattolo, personaggi ideati da Carl Buettner ispirandosi parzialmente a dei non meglio identificati cartoons di Hugh Harman e Rudy Ising per la Metro Goldwyn Mayer, ma sostanzialmente creazioni originali dei fumetti. Lo scoiattolo lo è senza dubbio ma probabilmente anche Wuff the Prairie Dog.
Wuff è presente nelle copertine dei tre comic book mostrati sopra.
Nella prima (Our Gang) è l’ultimo in basso nei fotogrammi della pellicola.
Nella seconda, versione scandinava di un leggendario Giant della Dell, è il primo in basso a destra, disegnato da Harvey Eisenberg. Il suo amico (Floc in italiano) è lo scoiattolo che gli sta di fronte.
Nella terza pattina, a destra.
Lo stravagante nome italiano di Meo Mazurka si deve a Vincenzo Baggioli, fantasioso traduttore di tutto un po’ per la casa editrice a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta.
La storia ha per titolo Le api giustiziere!
Baggioli, che per un certo periodo firma anche come direttore responsabile, era stato nei decenni precedenti un provetto e prolifico sceneggiatore, oltre che giornalista sportivo.
Scrittore e co-ideatore del mascelluto Dick Fulmine, Baggioli aveva anche proseguito per conto dell’editore Lotario Vecchi, delle storie a fumetti con Superman, che alla fine degli anni Trenta era chiamato “Ciclone”.
I nostri fedeli lettor-collaboratori, come Antonio Cadoni, Tomaso Turchi, Giancarlo Malagutti o Roy Mann (tra gli altri) potrebbero raccontare molto di più su questa versione del personaggio.
A partire dal n. 299 del 21 settembre 1939, quando Ciclone appare sul giornale edito da Lotario Vecchi, il materiale americano delle strisce di Superman usato per la ristampa in Italia è agli sgoccioli. Per questa ragione si realizzano delle avventure completamente nuove da pubblicare su Gli Albi Dell’Audacia, scritte appunto da Vincenzo Baggioli, mentre le strisce originali che rimangono sono destinate al giornale.
Nessuna possibilità di accesso, all’epoca, al materiale che compare in contemporanea nei comic books.
I disegni, per inciso, erano del fratello di Vincenzo, il celebre Zenobio Baggioli, altrimenti noto con lo pseudonimo di Bizen.
A parte questo, per il Baggioli che adesso ci interessa, il quale negli anni Cinquanta-Sessanta traduce non dall’inglese, bensì dal francese (lingua che probabilmente non conosceva nemmeno troppo), il rivale di Flic e Floc, battezzato Meo Mazurka, è una volpe.
Sulla ragione di tutto ciò, per il momento soprassediamo, limitandoci a notare che la parola “coyote”, incredibilmente, in Italia non era stata affatto sdoganata negli anni Cinquanta e primi Sessanta!
Baggioli si era ritrovato per puro caso a lavorare per la Cenisio con i personaggi della Warner e della Metro, proseguendo direttamente dai tempi dell’Audace la collaborazione con l’azienda di Vecchi e del suo braccio destro Tullio Arcaini, già fotografo del Servizio Segreto nell’an-
teguerra, e abile a sviluppare lastre e fare pellicole per la stampa (bravo fotolitista, all’opera anche per Bonelli).
A lui si deve, tra le altre cose, la grande fotografia del Duce sistemata negli anni Trenta davanti alla facciata del Duomo di Milano…
Qua sotto, ecco la già ricordata presentazione al pubblico italiano del Road Runner in qualità di struzzo, e di Wile E. Coyote che diviene il Vilcoyote, o come si legge nell’articoletto, presumibilmente di Baggioli, il “Vil coiote” (ma il qualche caso si trasforma anch’esso a sua volta in… volpone)! Stranezze dei traduttori di allora.
Sopra l’ennesimo Coyote alla Van Gogh, riprendo l’articoletto, uscito sul n. 1 del tascabile Bunny, della Cenisio, uscito nel 1960.
Come bonus transitorio, ecco evidenziate le due espressioni di Daffy Duck ricalcate dal misterioso disegnatore del quale discettavamo alcuni fa (e che potrebbe essere Fred Abranz), il quale le riprendeva da vignette già pubblicate e dovute alla mano di Vivie Risto…
Volendo, possiamo riprendere il discorso.
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