La sempre brava Marilena Nardi, che giusto ieri ha realizzato la vignetta sagace che apre questo post, ci mette al corrente di uno scempio compiuto nella città eterna.
Se Clint Eastwood è ridicolo (quantomeno lo è stato mentre interloquiva con le sedie tarlate) e ancor più lo sono i politici ai quali parla in questa vignetta, ridicolmente sinistri sono quelli che hanno permesso l’inaugurazione l’11 agosto scorso ad Affile (a poca distanza da Roma) del monumento dedicato al maresciallo Rodolfo Graziani, sepolto nel comune laziale del quale era originario il ramo paterno della sua famiglia.
Dopo una carriera militare costruita quasi interamente nelle criminali guerre coloniali imparial-fasciste, dove si macchiò di gravissimi e imperdonabili assassini al punto di guadagnarsi il titolo di “macellaio” d’Etiopia, il torturatore Graziani finì la sua “carriera” come ministro della Difesa della Repubblica sociale italiana, rendendosi responsabile della condanna a morte di renitenti alla leva e partigiani, crimini per i quali venne condannato nel 1948 a 19 anni di carcere (17 dei quali gli furono poi condonati, poverello, quanta tenerezza!).
A maggio era toccato al busto di Giorgio Almirante, scoperto alla presenza dell’immancabile Francesco Storace e (fra gli altri) del pluricondannato Giuseppe Ciarrapico.
Come nota nelle pagine de Linkiesta Antonio Maria Morone, non stupisce lo sdegno, misto a incredulità, degli articoli pubblicati da testate rispettabili come The New York Times, El Paìs e della BBC, che “hanno condannato un’operazione dal sapore revisionista con l’intento di riabilitare la memoria di uno dei personaggi più sanguinari del trascorso regime fascista e del colonialismo italiano.
“Stupisce e preoccupa invece lo scarso interesse dedicato alla vicenda dalla stampa nazionale, che ha relegato la notizia a una posizione marginale, soffermandosi più sul possibile sperpero di fondi pubblici in tempi di crisi economica per un manufatto che sarebbe costato 160 mila euro, piuttosto che interrogarsi seriamente sull’ineludibile portata politico-culturale di una simile iniziativa (…)”.
Siamo in Italia, la memoria è cortissima, il menefreghismo e la corruzione dilagano e gli incomprensibili seguaci del nazifascismo paramussoliniano pullulano ancora, in lotta contro il corso la Storia.
Il resto si può leggere qui: http://www.linkiesta.it/rodolfo-graziani-affile#ixzz25OmdkulU
Da sottolineare che il governo etiopico inserì (giustamente) il nome di Graziani nella lista dei dieci criminali di guerra italiani indirizzata alla War Crimes Commssion delle Nazioni Unite.
La nuova Italietta repubblicana processava Graziani per i crimini contro la resistenza italiana, ma evitava di farli per i crimini commessi in colonia dall’Italia colonialista nel suo complesso.
E adesso un bel monumento!
Anzi, onestamente è anche molto racchio.
Marilena, dopo una ricerca più accurata, ha visto che Il Fatto Quotidiano ha denunciato per primo il fatto.
Il video è qualcosa di pazzesco, e da sgomento sono le interviste in esso contenute.
Per ribadire questa necessità di ricordare, riprendo alcune immagini legate a un film documentario realizzato due anni fa e proiettato per tutta l’estate 2012, ogni domenica, a cura della Provincia di Pistoa, in varie sale di località dell’Appennino. Nella speranza che l’abbiano visionato anche dei turisti di passaggio, ampliando l’ambito della conoscenza.
Sotto, proprio un cocuzzolo dell’Appennino, mentre si rimira il paesaggio cercando di individuare, prima delle riprese, uno dei sentieri che da lì conduce, attraversando montagne e vallate, in direzione di Montefiorino, dove Minos Gori (foto sopra), insieme agli altri partigiani della Brigata Buozzi, si diresse con il gruppo di formazioni “Armando” alla difesa della Repubblica Partigiana di Montefiorino (17 giugno – 1° agosto 1944), partecipando ad altre operazioni di guerriglia al di là della cosiddetta Linea gotica, fino al crollo tedesco dell’aprile 1945.
Sopra, Valerio Puccianti, coetaneo di Minos, che partecipò alla prima azione di guerriglia contro i nazifascisti della Linea gotica, quella in cui perse la vita il partigiano Primo Filoni il giorno di Pasqua del 1944.
Anche Valerio, con alcuni altri partigiani e testimoni dell’epoca, è presente nel film: un prezioso materiale di appassionata memoria che serve a non dimenticare.
Sopra, ciò che resta della Linea gotica (ancora visibile), in un pezzo di strada nella località di Cireglio, scelta per divenire una postazione privilegiata delle SS e rasa al suolo durante la guerra a questo scopo.
Sopra, la regista Lucia Vannucchi durante una ricerca d’archivio su polverosi giornali d’epoca.
Sotto, un momento di lavoro della troupe (o meglio, di una parte di essa) dopo aver filmato alcuni documenti a casa del partigiano Pellegrino Bonacchi (il primo a destra, classe 1921).
La realizzazione del video è stata possibile grazie al contributo di:
Info: Assessorato alla Cultura, Provincia di Pistoia, tel. 0573 97461
e mail cultura@provincia.pistoia.it
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