Il termine cartoonist(s) potrà apparire poco azzeccato per definire l’arte di Hugo Pratt, ma ne serviva uno che potesse riunire creativi di varia natura, dai “realistico-avventurosi” ai “pupazzettistico-comici”, come Luis Destuet, in forza presso L’Editorial Abril di Cesare Civita (foto sotto, nel suo essenziale ufficio), già braccio destro di Arnoldo Mondadori, costretto ad abbandonare l’Italia al tempo delle persecuzioni nazifascite contro gli ebrei.
Di questo, e di quel che altro potrà entrarci (in quell’angusto, seppur esteso, spazio di tempo), parleremo venerdì prossimo all’ormai famoso seminario sulla Storia dell’Immagine (definiamolo così) presso la Scuola Internazionale di Comics di Firenze. In una giornata piena… “di tutto”, mentre a Milano s’inaugura Cartoomics e nella stessa Firenze giunge l’editore Gallucci per una presentazione con Massimo Becattini della nuova versione in volume de La Rosa di Bagdad.
Ma mica si può essere ubiqui!
Eppure, sarebbe simpatico.
Solo San Gaspare del Bufalo e una élite di altri privilegiati vi riuscì, a suo tempo, e non accade ormai più da taaaaanto tempo.
Anche quando l’improvvido Scilipoti tentò di darcela a bere, settimane fa, prima di essere sminuzzato da una colonia di insetti di bocca buona, scoprimmo che aveva sguinzagliato dei sosia, come la famosa Tartaruga della favola di Fedro, quando rivaleggiava con la Lepre.
Non era ubiquo. Meno male.
Una moltiplicazione dei già incommensurabili danni scilipotiani sarebbe stata insopportabile.
Sotto, un documento con firma autografa di Cesare Civita quando era ancora in Mondadori, e presente nel sito della Fondazione Franco Fossati, che possiede un’ampia raccolta di documenti dell’epoca, grazie alla lungimiranza raccoglitrice (e salvatrice) di Franco Fossati.
Parleremo, dunque, della scuola fumettistica latina, ma anche dei rapporti grafico-narrativi intercorrenti fra la lezione di alcuni autori nordamericani (Milton Caniff, Alex Toth, Noel Sickles…) e gli italiani, Paul Campani in testa, quindi alcuni argentini in forza anche sino a qualche anno fa, se non ancora adesso.
Attraverso le generazioni, quello stile sopravvive e muta parzialmente pelle.
E’ un discorso lungo e complesso.
Forse un punto privilegiato di contatto fra questi mondi si può rintracciare appunto immediatamente dopo il 1938 (fuga di Civita dall’Italia, minacciato con la famiglia dai nazifascisti predatori), quando in America Latina giunsero alcuni elementi grafico-narrativi di origine occidentale, più o meno quando anche Walt Disney, caricaturato in apertura di post dal cartoonist di Buenos Aires Ramon Columba, giunse da quelle parti con una rappresentanza attiva del suo staff: Mary Blair, Ward Kimball e svariati altri.
Sotto, un eccezionale documento ritrovato assai recentemente dallo storico Didier Ghez (un amico domiciliato appunto a Buenos Aires che non vedo da circa tre lustri, ma ci leggiamo vicendevolmente).
Sono documenti da cinegiornali d’epoca, che testimoniano l’entusiasmo col quale Walt fu accolto in America Latina, prima di regalare al mondo film come Saludos Amigos o The Three Caballeros.
Il discorso su Civita sarebbe, in sé, già complesso.
Imprenditore di talento e fortunato (come ribadisce il sito della FFF), amante del cinema, premiato per la realizzazione di un documentario al Festival di Venezia, in Argentina dà inizio a un impero editoriale – la Editorial Abril – con riviste a fumetti di grande successo.
Per questo ha bisogno di nuovi talenti, e nel 1950 chiama da Venezia il gruppo legato al mitico Asso di Picche: Hugo Pratt (sotto, in un toccante portrait di Nino Bizzarri nel quale parla la figlia Silvina), Mario Faustinelli, Alberto Ongaro e poco dopo Ivo Pavone.
Hector Oesterheld fu uno degli autori argentini che lavoró per lui, come Alberto Breccia, Dino Battaglia, Paul Campani e tanti altri eccellenti artisti.
Sotto, dopo una foto esotica, due tavole di Pratt, ma più tarde di quelle del suo periodo argentino.
Prosegue raccontando, la FFF, che, negli anni Settanta, dopo una sparatoria davanti alla sua casa da parte di ignoti, Civita si vede costretto a rifugiarsi in Brasile, dove ha un fratello proprietario di un’importante casa editrice.
Cosa sia successo veramente non si sa ancora con certezza. C’è chi ha ipotizzato un’ulteriore colpo della P2 (già, proprio la famosa loggia massonica del Venerabile Licio Gelli, con tandi adepti in gangli cardinali dello Stato italico, ancor oggi). Ma non ci sono prove.
Il giornale argentino Clarin ricostruisce qualche passaggio, che ha come teatro la dittatura dell’impresentabile e perfido Jorge Rafael Videla.
Insomma, attentato a parte, questo tycoon de la industria periodística, debió vender el 27 de diciembre de 1973 su paquete accionario clase A.
Las razones las hilvanó en una carta pública Eduardo Barreira Delfino, uno de los jóvenes abogados de Civita y su pujante Editorial Abril: el entonces ministro de Economía José Ber Gelbard forzó el apartamiento del italiano en cuyas empresas trabajaron Gino Germani, Grete Stern, Hugo Pratt, Rodolfo Walsh, Francisco Urondo, Juan Gelman, Miguel Angel Bustos.
“En Abril –solía decir– no somos anti nada. Excepto antinazis y antifascistas”. Con el pretexto del “compre nacional”, Gelbard obligó a Civita a requerir de las cámaras nucleadas en la Confederación General Empresaria (de estrechos lazos con Gelbard) la “autorización para importar cada pieza diferenciada de los equipos, máquinas, repuestos e implementos”.
El permiso llegaría después de que el último de los integrantes de la CGE “certificara que la industria nacional no estaba en condiciones de fabricar ni proveer” esos insumos.
El juego del Gran Bonete puso al borde de la extinción los plazos para la compra de la maquinaria finlandesa y la validez de las garantías para los créditos.
Acorralado, Civita vendió.
Recibió tres cheques del banco de David Graiver y la sugerencia de que los depositara allí mismo porque estaban al cierre del balance y una salida de dinero semejante perjudicaba los estados contables de la entidad. En 1975, el departamento que los Civita tenían en Belgrano fue ametrallado.
Veramente una brutta storia, ancora avvolta nel mistero. Se c’entra qualche italiano, come le coincidenze cronologiche possono far supporre, la speranza è si faccia prima o poi giustizia in questa terra, oltre che luce su questi avvenimenti.
Intanto, una “puntata” del Seminario, dedicata anche a Moebius, alle riviste, agli animatori “autori” un po’ o un po’ tanto sperimentali.
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