Come già un po’ annunciato, rilancio l’intervento che Giorgio Messina ha impostato ieri nel blog/sito Fumetto d’Autore, restando in attesa, qui e altrove, di eventuali e anzi auspicate reazioni.
Qui c’è solo la parte essenziale del post, punteggiato con brani musicali graditi da Francesco Coniglio (sotto in una foto di Diavù di fronte a Riccardo Mannelli), collezionista e intenditore musicale, oltreché editore.
Francesco Coniglio alza bandiera bianca. Ora, io non conosco Francesco Coniglio. Almeno non lo conosco come vorrei e quindi non ho nessun aneddoto “anima e core” da raccontare sul Coniglio Nazionale, ma una cosa mi è abbastanza chiara in questa situazione: la chiusura di Coniglio Editore sarebbe una perdita per tutti. Sì, perché Coniglio è di diritto parte della storia del fumetto italiano, ma non solo. È di diritto parte anche della storia della musica italiana, è di diritto parte della storia della narrativa e della saggistica italiana ed è di diritto parte della storia di chissà quali altre mille diavolerie gli siano passate per la mente in questi trenta e passa anni di carriera editoriale in cui il suo unico limite penso sia stato solo il cielo.
Pochi ricordano come ha iniziato Coniglio. Insieme a Luca Boschi, Luca Raffaelli e altri peones (ma erano tutti dei “predistinati”), sul finire degli anni ’70 diedero vita e portarono avanti la fanzine “L’Urlo”. Ora, chi scrive, questa rubrica e tutto Fd’A, se paragonati all’Urlo ne usciamo fuori come una mandria di educande da collegio. L’Urlo faceva tremare davvero i polsi al mondo del fumetto dell’epoca. Un articolo dell’Urlo, che usciva ciclostilato o fotocopiato tenuto insieme da una spilletta, faceva saltare direttori di Topolino, faceva imbufalire Filippo Ciolfi dell’Eura che si vedeva i contratti degli autori pubblicati e sputtanati, impediva a Luciano Secchi, alias Max Bunker, di vincere premi a Lucca che sembravano ormai assegnati, nemmeno fossero stati fatti su misura.
Questa è storia e non avendo quindi altra aneddotica spiccia, mi tocca raccontarvi anche che gira una leggenda su Coniglio. La sussurrano ogni anno per i corridoi lucchesi. Si dice che Francesco Coniglio non butti via nulla di tutto quello che di cartaceo gli è passato per le mani in questi sei lustri e più di carriera editoriale.
Nada.
Coniglio non butta la corrispondenza, gli appunti, i progetti ricevuti e quelli abbortiti, gli omaggi.
Niente.
Nothing.
E sembra che questo immenso e prezioso archivio, una sorta di Enciclopedia Deifica formato fumettomondo, sia contenuto in più di mille casse che sono custodite chissà dove. Ora, proviamo solo minimamente ad immaginare quale tesoro possa essere sepolto in quelle scatole. E quei fogli di carta rischiano di perdersi come lacrime nella pioggia.
(…)
NON CI STO che Coniglio Editore chiuda.
Ma vi rendete conto, brutti corvi del malaugurio, che se scompare Coniglio Editore, sparisce un editore che ha sempre svolto la funzione più nobile di tutte dell’editoria, cioè il talent scounting, cioè la scoperta e la valorizzazione di nuovi talenti e nuove formule editoriali?
Se scompare Coniglio Editore ci sarà sempre meno possibilità che compaiano all’orizzonte nuovi Gipi, nuovi Makkox, nuovi Nick Guerra o che non vedremo più riviste come Animals, Scuola di Fumetto, Blue e Touch. Sì, perchè se non ve ne siete accorti Francesco Coniglio era praticamente l’ultimo baluardo delle riviste, non solo patinate, da edicola.
E allora lo ripeto. NON CI STO. E lo dico perchè ho un piano. Io ho sempre un piano. Ma da solo non ce la faccio. Sono solo una voce in mezzo al mare procelloso in cui sta affondando il vascello di Coniglio.
C’è bisogno di altre voci, quelle che smuovono. Insieme avremmo una voce più forte. E allora faccio adesso quello che non ho mai fatto: mi rivolgo a te, Moreno Burattini, a te, Luca Boschi, a te, Alfredo Castelli, a te, Luca Raffaelli, a te, Roberto Recchioni, a te, chiunque tu sia, che hai lavorato con Coniglio, e mi rivolgo anche a te lettore misterioso, maggioranza silenziosa, che hai letto le produzioni di Coniglio e che vorresti continuare a leggerle.
Facciamo un ultimo (forse disperato) tentativo. Una di quelle che cose in stile “arriva la cavalleria a cercare di dare una possibilità di salvezza al fortino”. Getto sul tappeto le mie idee: un’asta di beneficenza, un libro corale di inediti da vendere a 50, anche 100 euro (sulla scia delle iniziative del Manifesto quando stava per scomparire).
Di avere la paternità di questa operazione non me ne frega nulla. Non la voglio nemmeno. Metteteci il cappello voi. Io sono solo qui a dire che NON CI STO e solo perché sentivo di doverlo fare e sul piatto dell’iniziativa ci metto tutto quello che ho, cioè la mia collaborazione senza secondi fini nel tempo che ho a mia disposizione.
NON CI STO e adesso per Francesco Coniglio ci lavorerei volontariamente gratis, solo per il gusto di lavorarci insieme e di dare una mano, e mi dividerei pure la scrivania (caso mai ci fosse sennò mi metto a terra con un portatile e me lo porto pure da casa) anche con Laura Scarpa, perché nei confronti di Laura non ho nulla di personale, e ci sono momenti in cui le beghe di quartiere passate evaporano in favore di obiettivi comuni.
NON CI STO e voglio salire sulla nave che affonda. Non è eroismo. Non è autoreferenzialità. È solo lucida follia. Perché per fare l’editore ci vuole lucida follia, oggi più di trenta anni fa. Perché non è finita. E non è finita nemmeno cinque minuti dopo che è finita, come diceva il Daredevil di Frank Miller.
Seguite il Coniglio. Follow the Rabbit. Fate girare questa idea. Ancora si può fare, ancora c’è tempo. E non è assistenzialismo. È editoria. Quella di una volta. Quella del si stava meglio quando si stava peggio. Quella che ancora volgiamo perchè non è vero che è fuori tempo massimo.