Il post precedente, quello un po’ sottogamba su Walter Molino (1915-1997), arricchito da stupende immagine dell’autore, ha suscitato un intervento accurato e interessante da parte di Max (pseudonimo di un lettore e collezionista attento).
Lo riporto qui, accompagnato da altre immagini, quasi tutte ricavate da un sito web molinesco di consigliata consultazione: Liceo Berchet Storia, con redazionali a cura di Cesare Badini.
Il post si apre con un’autocaricatura di Molino, del quale diceva Marcello Marchesi, dall’artista più volte caricaturato:
«Molino trasforma la realtà in poesia, rispettandola».
E Oreste del Buono:
«Quadri di fatti e misfatti, di povera gente o somme autorità, colte in momenti significativi, senza adulazione, ma senza neppure denigrazione, con affettuosa comprensione e leale pietà».
Come tutti quelli della nostra generazione, anche Molino visse la professione di disegnatore di fumetti come una attività di cui vergognarsi. Oggi non é facile capirlo.
Molino in fondo al cuore era un pittore, l’illustratore lo faceva per faire bouillir la marmite. Dopo anni di illustrazioni veloci – e all’ultimo momento – si era affrancato, forte anche di una tranquillità economica raggiunta con l’enorme mole di lavoro.
Giusto o sbagliato, alla sua età decise di fare quello che più gli piaceva.
Simbolico il caso della collana I protagonisti. Quando nel settembre del 1974 Rino Albertarelli muore improvvisamente lasciando a metà il decimo volume della collana Herman Lehmann – L’indiano bianco, Sergio Bonelli per completare l’episodio chiama Walter Molino, sembra la soluzione più facile e giusta. Stessa generazione, stesso stile classico, probabilmente molti lettori nemmeno si accorgeranno del cambio di mano.
Ma Molino oppone un secco rifiuto, fumetti non ne vuol più fare. E Bonelli, uomo di carattere, decide su due piedi che, se non avrà uno stile contiguo, ne avrà uno totalmente opposto.
L’albo sarà finito da Sergio Toppi. Come al solito – tutto quello che Sergio tocca diventa oro – venne esaltata come una scelta ardita ma geniale.
A destra, un esempio lampante circa la continuità di stile fra Albertarelli e Molino alle prese con lo stesso personaggio in due episodi western diversi: Kit Carson.
Seguono illustrazioni e cimeli pubblicitari. La copertina per La scotennatrice è di Albertarelli, me nel post precedente c’è una versione moliniana dello stesso soggetto.
Chissà se nell’archivio della Rai giace ancora l’intervista televisiva condotta con Molino da Marco Hagge nel Palasport di Lucca…
Da domani riprendiamo il discorso sui “Premi nel Fumetto italiano” (titolo di lavoro) e parliamo anche di comics USA antichi degni di riscoperta (e in fase di…).
Tutte le immagini di Molino hanno il © Eredi Molino (e altri aventi diritto, eventualmente).