Il Salone del Libro di Torino deve delle scuse agli editori di fumetti per averli chiusi in un ghetto all’interno di un brutto zoo, per avergli inflitto la legge del lager.
Chi descrive in modo così netto, e senza peli sui polpastrelli, la condizione di alcuni espositori di Fumetto alla manifestazione libresa del Centocinquantennale?
Lo fa Daniele Brolli nel suo sempre interessante e curioso blog (non fumettocentrico) Proud Underdog.
A distanza di un mese dalla manifestazione, della quale si è già parlato diffusamente e con toni diversi in base alle singole (pur interessanti, se non significative) iniziative può aver senso riflettere di nuovo, a freddo, su cosa non ha funzionato, o meglio, non si è pensato proprio di far funzionare, a parte l’ottimo lavoro del sempre solerte e e a tratti provvidenziale Davide G. Caci, che del Comics Centre è stato l’anima.
Un discorso più articolato che avevo scritto sulle manifestazioni di comics e sul loro futuro in Italia, maledizione, stradannazione, mi è stato “mangiato vivo” dall’orribile TypePad. Dissolto nel nulla prima di essere messo on line.
Non lo leggerete mai.
Non lo rileggerò mai nemmeno io, per toglierne i refusi.
In questo post ci si limita, allora, a mostrare qualche immagine in più, come questa bella tavola di avventura patriottica disegnata da Giorgio Cavazzano.
Qualcuno, come il sottoscritto, coglie l’opportunità dell’afflusso di colleghi italiani (ma anche esteri) per documentarsi anche su progetti in divenire, come quello del cartoon che segue.
Questo un estrattino di My Little World, un lungometraggio cinematografico ottimamente disegnato e ben morbido, fatto a mano come certa pasta sfoglia. Un film work-in-progress, di produzione indipendente, previsto, possibilmente, per una uscita nell’estate 2013.
E’ un’opera dell’eccellente Mike Nguyen (Il gigante di ferro, 1999). In bocca al lupissimo!
Prosegue Daniele:
È paradossale che mentre tutti gli editori maggiori, medi o piccoli, snobbano il fumetto ma provano ad attrezzarsi con una loro collana di “graphic novel”, il Salone releghi chi ha interi cataloghi dedicati (e di qualità) in un recinto denominato “Comics Center”, confinato in un angolo chiuso da un’area dedicata alla musica in cui i visitatori provano tutto il tempo pianoforti e batterie e una piccola etichetta jazz mette a tutto volume a nastro continuo “Besame Mucho” (il tormento di “Besame Mucho” entra nella testa, accompagna gli standisti delle due aree all’uscita, penetra nei sogni e, in un loop inevitabile, sfuma al mattino sulle note che provengono nuovamente dallo stand dell’etichetta).
La zona degli incontri del fumetto è sprofondata in una specie di angolo della vergogna a cui, giustamente, nessuno si azzarda ad avvicinarsi (tranne quando si insegna a disegnare Geronimo Stilton, che con i fumetti c’entra come Fabrizio Corona con il noir). Invisibilità a pagamento, neanche i visitatori che ti buttano le noccioline… anzi, l’unico posto dove puoi procurarti da mangiare e da bere è la catena Autogrill, che evidenzia quanto cibo e acqua siano preziosi nel mondo visto che una bottiglietta d’acqua costa un euro e trenta e per mangiare al self service bisogna accendere un mutuo in banca.
Qui prosegue la disquisizione, che ha suscitato sinora due commenti, uno dei quali, di 7di9, merita attenzione:
Un lager, sì. Ma anche un museo di cadaveri ricoperti di vernice colorata e profumata. Siamo dalle parti di un discount con i lustrini. Non ci sono mai stato e non ci andrò mai.
Sopra, Stefano Priarone e il bidimensionale Grant Morrison. Sotto, Franco Ressa con il suo ponderoso tomo dalla copertina risorgimentale sulla Storia del Piemonte a Fumetti, disegnata da Nives Manara.
Tra le altre, ecco anche una foto che omaggia Giovanni Pascoli, nel padiglione privilegiato Oval. Nella scenografia si notino le due bambole artiogianali sul calesse del padre defunto del poesta, veicolo trainato, a quanto la memoria scolastica ci suggerisce, dalla ben nota Cavallina Storna.