Anche di domenica, in questo blog si parla di cose serie, mentre i varietà televisivi si affannano per tener concentrata l’attenzione dei telespettatori beoti (considerati e voluti tali, ma che così non sarebbero in natura) sui delitti di Avetrana, Perugia e Brembate.
Quante ore di televisione impiegate per sollecitare i più bassi istinti della gente e sprecate ai fini di accrescere, anche di un minimo, le loro conoscenze culturali, o anche solo la “consapevolezza del sé”!!!
Meglio tenere adeguatamente spento l’elettrodomestico eversivo e gettarsi nella rete. Facendo le scelte giuste, naturalmente.
Fine del pistolotto. Parliamo di collezioni, di scelte artistico-narrative e di una collana di volumi allestita di fresco (in USA) che varrebbe la pena di leggere.
Dunque, la settimana scorsa, alla Mostra Mercato di Reggio Emilia è comparsa un’intera collezione di albi piuttosto rari. Non particolarmente di valore, ma non così “visibili” nemmeno nelle fiere o nei negozi di antiquariato-modernariato editoriale, pur nel tripudio di pubblicazioni comiche d’epoca (e ristampe e riproposizioni delle stesse) che ultimamente circolano nelle mostre mercato più specificamente frequentate dai collezionisti.
Questa collana è Gian Tempesta (sopra una copertina), nome inventato probabilmente da Massimo Liorni ispirandosi al quasi omonimo Gian Burrasca, del “giornalino” da lui fintamente scritto: un ragazzino terribile inventato da Vamba (pseudonimo di Luigi Bertelli) nel 1907 e portato sullo schermo a metà anni Sessanta da Rita Pavone e, adesso, senza le Storie Tese, da Elio (foto a destra) in teatro.
Dopo aver firmato a suo tempo il celeberrimo sceneggiato televisivo con la Rita nei panni del “terribile” Giannino Stoppani (vero nome di Gian Burrasca), è di nuovo Lina Wertmuller ad affrontare l’esperienza di questa nuova riscrittura, non a caso ora affidata al più istrionico e irrecuperabile tra i “divi” di oggi. Tutta da gustare la colonna sonora basata sulle musiche di Nino Rota. Così recita la “velina” ufficiale dello spettacolo, più o meno.
Sotto, la copertina originale di Vamba e un’altra, più tarda, del concittadino Vinicio Berti, autore di Chiodino e di Atomino per Il Pioniere (come sappiamo).
Chi ha letto il Corriere dei Piccoli a metà anni Sessanta, proprio l’epoca del Gian Burrasca televisivo, ha trovato nuovamente (fra i piedi) il biondo ragazzino chiamato in precedenza Gian Tempesta, con il nome di Totò Tritolo. Può essere stato Carlo Triberti a compiere quella traduziione (dall’originale Dennis The Menace)? O perlomeno ad autorizzarla? Può essere. Forse è la stessa persona che che ha tradotto e diffuso il nome di Puffi al posto del precedente Strunfi per tradurre gli Schtroumpfs di Peyo.
In questo post, che è una chiacchierata in libertà, non un’analisi scientifica del personaggio e dei suoi addentellati, si mostrano un po’ di vignette originali di Totò, con un profilo del suo creatore Hank Ketcham e del suo successore alla guida della serie, Ron Ferdinand.
Chi pensa che il buon Ketcham abbia fatto tutto,. però, si sbaglia.
Le storie “lunghe” per i comic book di Totò Tritolo-Gian Tempesta che in massima parte abbiamo letto in Italia non sono state opera sua.
Nell’articoletto più sotto, viene spiegato quali siano stati i loro veri autori, con tanto di foto.
Si tratta del soggettista Fred Toole e il disegnatore Al Wiseman.
Si racconta anche che il primo comic book del biondo ragazzino, che portava il nome del vero figlio, assai scapestrato, di Ketcham (scomparso da adulto, dopo una vita poco equilibrata), abbia venduto il totale del distribuito, mentre la media si aggirava negli anni cinquanta intorno alla metà, o al massimo al 60%.
Un record.
Nella foto sopra, l’anziano Ketcham e il suo “erede” Ferdinand.
A seguire, il figlio Dennis Ketcham, poi combattente in Vietnam e reduce “scioccato” dopo tale impresa, dalle conseguenze della quale non si sarebbe ripreso, intento da bambino nella lettura delle gesta del suo alter ego Totò Tritolo.
Isomma, la “commessa” fu rilevata da un’agenzia pubblicitaria, nel 1953 (la Fred Toole Advertising Agency), che accettò il profitto tutto sommato piuttosto basso proveniente dalla realizzazione di storie a fumetti. Meglio così, per noi.
Almeno nello schizzo che segue, Totò Tritolo incontra Paperino!
La casa editrice Fantagraphics ha pubblicato una deliziosa collezione delle storie del terribile biondino.
Sotto, la cover di uno dei volumi e una foto che riguarda uno dei cofanetti.
Nella prefazione all’opera, Brian Walker descrive al volo anche le tristezze della vita dell’artista, scomparso nel giugno 2001:
Although he tried to convey a positive outlook in his cartoons, Ketcham was not immune to tragedy in his own life.
In 1959, after his first wife died of a drug overdose, he relocated with his son Dennis, who was twelve years old at the time, to Geneva, Switzerland, where he remained for seventeen years.
Dennis was eventually sent to boarding school in Connecticut and later served a ten-month tour of duty in Vietnam.
After the war he suffered post-traumatic stress disorder and became estranged from his father.
Ketcham always regretted the burden he created for his son when he named his famous character after him. “He was brought in unwillingly and unknowingly,” he told an interviewer, “and it confused him.”
Qui, questa storia con Ruff, segnalata da Corrierino!