Mentre non è affatto chiara la paternità di questo disegno satirico che, tramite Li’l Abner, punta il dito contro l’intolleranza verso i pacifisti e i progressisti in genere del suo papà creativo, Al Capp, è certo che Jack Davis sia autore di queste altre due fantastiche vignettone ricavate da numeri di Playboy degli anni d’oro.
Come anche l’illustrazione con Li’l Abner.
Le due illustrazioni sono firmate (naturalmente), ma anche se la firma non ci fosse avrebbero scritto comunque col sangue la loro inconfondibile provenienza.
Menando (fuori tema) il can per l’aia, su ‘sti vecchi magazines di Hugh Hefner si trovavano anche pubblicità creative come quella del Campari che posto sotto.
Ma concentriamoci di nuovo sull’autore che offre (generosamente) il titolo a questo post. Bisogna ribadire il merito alle torinesi Edizioni 001 di essere riuscite nell’intento, arduo e da molti inutilmente accarezzato, di presentare anche ai lettori italiani la meravigliosa produzione dell’etichetta EC Comics, che dagli anni Cinquanta (quando si presentò sulle scene) cominciò a influenzare positivamente il Fumetto internazionale, con disegnatori di straordinaria abilità e (alcuni) ironia: da Wallace Wood a Al Feldstein, da Bill Elder a Jack Kamen, da Graham Ingels a Jack Davis (appunto: l’oggetto/soggetto di questo post). La casa editrice ha (a quanto pare) in animo di pubblicare l’intera Biblioteca degli EC Comics, a esclusione (forse) di Mad, i cui diritti sono posseduti dalla DC Comics-Warner Bros., e quindi dovrebbero essere automaticamente “girabili” alla Planeta-De Agostini.
Sotto il salto alcune copertine delle testate 001 e svariate altre immagini che accrescono la salivazione.
Ma i grandi autori degli EC Comics, una volta chiusa questa esperienza, hanno continuato a produrre in modo indefesso. Poco alla volta passeremo in rassegna i più rappresentativi, con la consueta incostanza che questo blog adotta come ragione della sua esistenza.
Cominciamo con quello indicato nel titolo, poi sarà la vota di Wallace Wood, Bernie Krigstein e via a seguire.
Mi era sfuggita questa rara intervista all’ormai anziano Jack Davis, pioniere dei comics folli con Harvey Kurtzman a Mad e autore di mille locandine di film e copertine di dischi.
Come questa sopra, con Lena Horne, Abbe Lane, The Belafonte Singers e tanti altri, fra cui Julie Andrews (che però non assomiglia all’originale, se è quella che penso io).
Nel video sotto, che dura esattamente quanto sta scritto nel titolo di questo post, lo si vede anche disegnare, in formato grande, con la ripresa velocizzata, il vecchio Jack. Ed è un vero spettacolo vederlo ancora dominare quella magnifica pennellata che in tanti gli abbiamo ammirato e invidiato, anche già studiando i suoi ineffabili lavori di mezzo secolo fa.
Me ne parlava Ferruccio Alessandri svariati anni fa, di quanti fumettisti italiani hanno appreso la lezione di Davis semplicemente osservandone i lavori che giungevano in Italia quasi alla chetichella, per esempio nei pocket di Mad mal stampati dalla casa editrice Ballantine. Pagine ingiallite con gli inchiostri un po’ impastati che facevano soffrire il lettore (anche perché la costola di quei pocket incollati si spaccava regolarmente lasciando svolazzare le pagine con allegria, come cavolaie sulle siepi) ma che, essendo in bianco e nero, lasciavano comunque scoprire il dominio di chine e peli di martora che poneva Jack nei vertici più alti dell’arte fumettistica di Oltreoceano.
Nella tavola sopra, appena abbozzata, i lettori più scafati non faticheranno a riconoscere il personaggio di Bang! (già: proprio quello disegnato in Italia da Massimo Liorni per l’Editrice Adriana di Roma), ricavato dalla marionetta televisiva americana Howdy Doody!
Cose strane… Impensabili fili di collegamento fra autori e post.
Poiché lo spazio lo consente, questo post stroboscopico preferragostano (consultabile con profitto anche per Sant’Eustachio) goes on, dopo la locandina di Bananas, con tre copertine d’epoca, sempre di Jack Davis, per la rivista di politica e informazione Time, che aveva ispirato a suo tempo anche il look del nostro L’Espresso.
Con Richard Nixon e altri celebri malfattori di Oltreoceano è ben in vista anche il famoso Tigre (quello che una nota campagna pubblicitaria della Esso consigliava agli automobilisti italani di ficcare nel motore). Le sue storie a fumetti erano disegnate per il giornalino promozionale Il Tigre da Leo Cimpellin.
Una festa per gli occhi e uno stimolo (satirico) per il cervello.