Poiché l’articolo sui graphic novel di Benedetta Tobagi è adesso on line, vi rimando chi si fosse perso l’inserto Cultura di Repubblica di ieri.
Il pezzo, Scrivere disegnando, molto utile per la divulgazione di un “canale” come i graphic novel che non è detto sia balzato sotto gli occhi dei più, si apre con una domanda alla quele segue subito una risposta:
IL NUOVO romanzo? Forse c’ è già. Ma è disegnato. La scrittura è stilizzata, vincono le immagini. Si chiama “graphic novel” e ora ha l’ ambizione di raccontare il mondo. Non solo storie, ma la storia. Dall’ Olocausto a Gaza, dalle stragi italiane alla crisi dei supereroi. Il nome l’ ha coniato Will Eisner nel 1978, ma l’ oggetto esisteva da tempo, almeno in Italia: nel 1969 Buzzati pubblica il provocatorio Poema a fumetti che porta Orfeo ed Euridice nell’ inferno della società dello spettacolo.
Qui il pezzo per intero.
Sopra, un paio di tavole dal libro a fumetti La Stella di Esther, graphic novel (o romanzo, o semplicemente “storia”) del rinomato fumettista olandese Eric Heuvel che spiega l’Olocausto ai ragazzi. In Italia, il volume è edito da De Agostini.
Heuvel è immortalato qui a destra nel 2003, in questa foto scattata insieme a Kees Kousemaker, che lo saluta quando l’artista, dallo spiccato stile ligne claire francobelga, giunge in visita alla nota libreria di fumetti Lambiek di Amsterdam (andateci!) per firmare il suo volume De Ontdekking, che esalta in favore di camera.
© Lambiek (thanks!)
Segue, una recensione di Bruno Modica (è in francese) sul romanzo, che in Francia s’intitola La quête d’Esther.
Dans cet album on retrouve la jeune Esther qui a pu partir aux États-Unis. Grand-mère, elle a pu retrouver son amie d’enfance et cherche des réponses à ses questions : Que sont devenus les paysans qui l’ont cachée et sauvée des nazis pendant la guerre? Qu’est devenu Bob, son ancien amoureux? Comment ses parent, déportés dans le camp d’Auschwitz, ont-ils disparus?
Ici aussi, rien n’est oublié, pas plus la shoah par balles que la conférence de Wansee, le tri dans les camps, et les tentatives de révoltes des déportés, mais aussi les violences entre détenus. Le seul aspect qui est omis est celui des expérimentations “médicales” dans les camps et celui de l’esclavage sexuel. Mais cela s’explique par l’âge du public auquel ces albums sont destinés. On trouve également une évocation très précise du silence des alliés à propos de la solution finale mais pas de celui de Pie XII.
On ne peut qu’apprécier ce type de réalisation des éditions Belin qui ne choisissent jamais la facilité et qui ont déjà fait des choix éditoriaux très courageux. Utiliser le support de la bande dessinée pour faire découvrir une histoire importante est évidemment une bonne idée, mais le faire avec un travail de cette qualité documentaire l’est encore plus. On ne peut qu’espérer trouver ces deux albums dans tous les CDI des collèges de France et de Navarre, et même, n’hésitons pas, des lycées tant la qualité du dessin et la précision documentaire les rendent aptes à être découverts par tous les publics.
Sopra, caricatura di Heuvel sul meraviglioso “giornalino” per ragazzi Eppo (averne, in Italia, di albi del genere!).
Sotto, una copertina “intera” di Eppo, illustrata da Kim Duchateau. La caricatura nel riquadro è di Mars Gremmen.
Questi olandesi vanno tenuti d’occhio, non è da ora che lo vado scrivendo…
Come si vede, Heuvel è un disegnatore “generalista”, benché dalla linea molto ben definita. Con disinvoltura passa dal fumetto divertente, umoristico, a quello educationale. Qui sta la sua forza.
I lettori italiani, specie se giovani, non sono abituati al segno intelligente e sintetico di origine francofona (e anche olandese, si pensi a Joost Swarte o a Ever Meulen) e forse non apprezzano in modo automatico le tavole di Heuvel; cosa diversa sarebbe se fossero realizzate con stili (parlo all’ingrosso, scusate le approssimazioni) bonelliani o disneyani.
Invece, per i lettori di Francia, Belgio, Olanda e Scandinavia, questo stile ligne claire è del tutto familiare. E’ con il suo tramite che ha senso veicolare contenuti e valori, un po’ meno con figurazioni “espressioniste” o comunque molto personali, che sono già ostiche di per sé e difficili da decodificare e digerire per la massa dei lettori, compresi quelli di buona volontà.
Si ottengono graphic novel che magari sfiorano il capolavoro, ma che restano per queste caratteristiche “tecniche” irrimediabilmente di élite.