Ieri, 17 giugno, l’agenzia ANSA ha battuto la notizia che il prefetto Gianni De Gennaro è stato condannato ad un anno e quattro mesi di reclusione dalla Corte d’appello del tribunale di Genova, che lo ritiene colpevole di istigazione alla falsa testimonianza.
Il commissario Montalbano, peraltro, lo aveva già detto., come si vede nell’estratto che segue dalla sua fiction televisiva. E aveva espresso la sua ferma indignazione.
Niente di nuovo.
Secondo il tribunale, De Gennaro convinse il vecchio questore del capoluogo ligure, Francesco Colucci, ad “aggiustare” la sua testimonianza durante il processo per il blitz nella scuola Diaz, ultimo capitolo del G8 del 2001.
Assieme a DE Gennaro è stato condannato a un anno e due mesi, per lo stesso reato, anche Spartaco Mortola, allora capo della Digos genovese e oggi (GULP!) questore vicario a Torino.
Il Governo Berlusconi, nonostante la condanna, invece di tacere si schiera al suo fianco. “Ha la mia piena e totale fiducia: fino alla sentenza definitiva non cambia nulla, attendiamo fiduciosi nell’esito del ricorso in Cassazione. Per De Gennaro, come per tutti, vale la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva” dice il ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
“La sua innocenza, fino a condanna definitiva è sancita dalla Costituzione” aggiunge il ministro della Giustizia Alfano.”
Il maggiordomo Gianni Letta, addirittura, lo ha invitato a non rassegnare le dimissioni.
Dei manifestanti pestati a sangue, della sospensione della democrazia, della violenza brutale (da macelleria messicana, appunto) dei giorni del maledetto G8, a Palazzo Chigi nessuno parla.
Atteggiamento curioso (per essere “aleatori” nella scelta di un aggettivo), del quale non abbiamo che da ringraziare il tio Maroni-Alfano-Letta, al quale si sarebbe forse unito anche lo statista Scajola, se qualcuno non avesse provveduto a tenerlo in disparte quando il pentolone della “Cricca” si stava scoperchiano, nel tentativo di ridurre le esalazioni venefiche.
Una presa di posizione che una volta di più delegittima l’operato della Magistratura e che si commenta da sola, chiarendo una volta di più ciò che è stato e ciò che è.
Sul tema è stato realizzato un libro a fumetti, del quale Cartoonist Globale ha già parlato in passato, e sul quale torna per i lettori nuovi.
Mancano i nuovi capitoli, fra i quali questo (del quale stiamo parlando), e che costituiranno, mi auguro, un’appendice nelle ristampe del graphic novel sulla “macelleria autorizzata” della Diaz.
Marco Schiavone e Tito Faraci, che ne parla in questo post del suo “blog fratello”, sono gli editor all’importante graphic novel di Christian Mirra Quella notte alla Diaz, per la collana Guanda Graphic.
Come ormai molti “transitanti” del web sanno, il libro, molto venduto, è la testimonianza a fumetti diretta dell’esperienza vissuta in prima persona dall’autore nel tragico, vergognoso luglio del 2001 a Genova; un momento di svolta, a mio avviso, nella gestione della “cosa pubblica” in Italia. Il modo in cui sono state gestite le manifestazioni del G8 lo dimostra. Di questo, per fortuna, si è parlato in Rai nel programma notturno (ben) condotto da Camila Raznovich Tatami, l’ormai lontana domenica 8 febbraio.
Sotto ve ne mostriamo la parte che è stata inserita su YouTube, non di qualità perfetta, qualche scena si disgrega un po’, ma vale la pena vederla se non lo si è fatto su RaiTre, dove comunque non sono andate in onda tutte le dichiaraziani dell’autore. Sono state censurate, infatti…
… quelle sulla strategia esplicitamente esposta di Francesco Cossiga in questa pagina della rassegna stampa del Governo Italiano, e che somiglia impressionantemente a quella adottata negli anni Settanta durante una manifestazione indetta dal Partito Radicale, dove fu uccisa la povera Giorgiana Masi.
Ne riporto uno stralcio, dove Cossiga offre alcuni suggerimenti di “strategia democratica” (definizione sua, non facile ironia) a Maroni in tema di ordine pubblico:
«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand`ero ministro dell`Interno».
Ossia?
«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito…».
Gli universitari, invece?
«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».
Dopo di che?
«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».
Nel senso che…
«Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».
Anche i docenti?
«Soprattutto i docenti».
Christian è stato uno dei “ragazzi della Diaz”: picchiato e arrestato dalla polizia, confinato in un ospedale e poi costretto a lungo calvario in tribunale. Nel fumetto racconta il suo punto di vista.
Christian Mirra (Benevento, 1977) è illustratore, scrittore e grafico pubblicitario.
Ha realizzato due libri per l’infanzia, Il vecchio e il bambino (2001), con testi di Paolo Ferrara, e Il compleanno dell’Infanta (2005), adattamento di un racconto di Oscar Wilde.
Come fumettista ha realizzato insieme a Sergio D’Argenio e Antonio Cella il racconto Monnezza (2009).
Sotto, un recensione recente al suo libro, raccolta da Massimo Calandri, pubblicata sull’edizione genovese del quotidiano La Repubblica.