L’intervento di una nuova amica, che in arte si firma col bizzarro pseudonimo di Feminoska e già contribuisce a svariate pagine elettroniche, si riferisce a un’altra legge-scandalo varata dal Senato, contro la quale stanno prendendo posizione in queste ore 150 associazioni ambientaliste e, in generale, le persone che conservano un briciolo di buon senso.
Per chi non lo sapesse, la legge fa saltare le date di apertura (primo settembre) e chiusura (31 gennaio) della stagione venatoria. Si sa che nove italiani su dieci non vogliono che i cacciatori sparino in piena estate, quando i boschi e le campagne sono pieni di famiglie, di bambini, di turisti, né che si uccidano gli uccelli migratori che volano verso la riproduzione interrompendo il ciclo della vita.
Ma, al solito, la “maggioranza” che ha in mano le redini di questo sciagurato Paese obbedisce a interessi di ben altro tipo che quelli della collettività.
Fortunatamente (ma è ben poca cosa, come vittoria), sul testo votato a Palazzo Madama c’è stato qualche dissenso anche all’interno della maggioranza. Il senatore del Pdl Franco Orsi ha annunciato che non avrebbe partecipato al voto, il leghista Sandro Mazzatorta ha detto che avrebbe preferito mantenere il testo che rinviava a Regioni e Province la definizione dei termini temporali.
Tuttavia… per il momento ce l’hanno fatta.
La parola a Feminoska.
“La barriera umano/animale, che toglie a questi ultimi dignità e rispetto e li tratta alla stregua di “cose” è una forma di assoggettamento patriarcale”- che le donne conoscono molto bene peraltro, dal momento che per molto tempo sono state e purtroppo in certi casi sono ancora legate e osteggiate nel controllo della propria corporeità (come tuttora avviene, in maniera brutale, con gli animali).
“Per abbatterla, è necessario in primo luogo riconoscere questo suo carattere e, successivamente, adoperarsi per il superamento della società maschilista.”
E ancora: “L’identità maschile si è progressivamente costruita, nella nostra cultura, attraverso l’alimentazione carnea e il controllo su altri corpi, che si trattasse di donne o di animali.
“Uomo”, che generalmente nella cultura occidentale si traduce con “uomo bianco”, si costituisce come concetto e come identità sessuale solo attraverso la negazione. “Non donna”, “non animale”, “non di colore”… cioè, “non altro”.
Inoltre, la biologia maschilista ha spesso difeso la supremazia maschile facendo appello alle leggi di natura: il maschio domina la sua femmina perché è ciò che la natura impone (salvo poi infastidirsi quando lo si classifica come animale). “Essere uomo” è legato ad una identità, definita da cosa i “veri uomini” possono e non possono fare. I “veri uomini” non si vestono di rosa, i “veri uomini” vanno a caccia. È interessante notare quanti insulti omofobici vengono lanciati dai cacciatori agli attivisti anti caccia di sesso maschile.”
E’ innegabile che la caccia sia praticata prevalentemente da uomini: l’ecofemminismo a questo proposito ha sottolineato spesse volte la differenza tra il senso di interconnessione con il vivente e la capacità e il piacere di entrare in relazione (di vita) dell’etica femminile, e la supposta interconnessione dichiarata dai cacciatori quando affermano di cercare quella sorta di “ritorno alla natura” attraverso la caccia: un ritorno però, basato sull’infliggere morte ad un altro essere vivente… sicuramente non il miglior modo di “condividere il flusso della vita”!
La ricostruzione femminista della natura umana include l’esame del modo in cui, in quanto umani, interagiamo con il mondo non umano.
I diritti degli animali per questo motivo non sono antiumani: sono antipatriarcali. Se il modello di umanità fosse femminile e vegetariano piuttosto che maschile e carnivoro, allora la nostra idea di natura umana sarebbe profondamente rimessa in causa. Gli animali sarebbero considerati simili, a noi legati, e non prede, o modelli sperimentali, o macchine animate: noi stessi ci vedremmo come radicalmente legati a questi parenti e non come dei predatori, o sperimentatori, o padroni.
Viviamo in una cultura violenta, questo ne è l’ennesimo tragico esempio. La violenza e il divorante desiderio di potere e dominio sono in generale, prerogativa prevalente del sesso maschile – con purtroppo, sempre più numerose eccezioni – e vittime di questa smania distruttiva sono spesso le donne, gli animali e la natura.
Come primo atto utile ad uscirne, diamo un nome alla violenza alla quale assistiamo o della quale siamo vittime. L’assassinio di una donna non è un omicidio, ma un femminicidio.
E quello degli animali e dell’ambiente, che ad oggi non si è meritato nemmeno un nome? Forse un biocidio?
La caccia, come forma di potere assoluto di vita e di morte, volontà di dominio, sopraffazione, divertimento che nasce dalla sofferenza e dal dolore “altro”, è praticata dagli uomini in diverse forme: alcuni cacciano gli animali, molti considerano le donne prede.
E tutto ciò ci riguarda, perché il sessismo, il razzismo e lo specismo hanno una radice comune nella cultura in cui siamo immerse, in quella logica maschilista e patriarcale che vede le donne, così come gli animali e la natura, come oggetti da manipolare e tenere sotto il controllo di un unico, “virile” PADRONE.
APPENDICE
Ciao, un aggiornamento superimportante:
Repubblica ha pubblicato un bellissimo appello in cui chiunque può mandare mail e foto del rapporto che vorrebbe con la natura!
Scriviamo, mandiamo foto, anche due righe sono essenziali!
RIPRENDIAMOCI LA PAROLA!!!!
© degli aventi diritto per le immagini: John Kricfalusi per George Liquor e il tacchino del “giorno del Ringraziamento”; Warner Bros. per il bozzetto a matita di Ralph Wolf e Sheep Dog, buttato giù da Chuck Jones; gli uccelli sono schizzi dal vero, più o meno fedeli ai soggetti fatti dall’animatore Clair Weeks nel corso delle lezioni dal vero tenute a Los Angeles da Don Graham.
Belle cose, di cui forse riparleremo.