LIBERTA’ D’INFORMAZIONE IN RETE? NO, GRAZIE!!!

Vespa

A causa dei fatti sanguinosi e dolorosi in Afghanistan di cui oggi parlano tutti i giornali e i notiziari, è stata rimandata in data da destinarsi la manifestazione sulla libertà d’informazione prevista per sabato prossimo, resasi ormai ancora più necessaria dopo i fatti gravissimi di questa settimana, che hanno tra i loro protagonisti (involontari) Giovanni Floris, Michele Santoro, Marco Travaglio, Milena Gabanelli e molti altri. E tra i volontari (fra gli altri) Silvio Berlusconi, Vittorio Feltri, Mauro Masi e naturalmente Bruno Vespa, sin troppo benevolmente caricaturato, a destra, dal pennello del bravissimo Paolo Ongaro, forse il più degno erede contemporaneo e attivo di Walter Molino.

Inspiegabilmente, c’è ancora chi, anche tra colleghi, professionisti dell’informazione, opinionisti, lettori, non avverte ancora (o fa finta di non avvertire, perché schierato e quindi in malafede) l’allarme rosso sulla libertà di informare, di esprimere opinioni e manifestarle e diffonderle.Il web sembrava essere stato trascurato, negli ultimi tempi, dall’offensiva sferrata da alcuni esponenti della (cosiddetta) maggioranza e del Governo contro l’informazione. Ma era solo un’apparenza.
Infatti, grazie a un DDL Pecorella-Costa, tempestivamente sfornato per venire in soccorso del premier mettendo a tacere anche la Rete, l’ecosistema dell’informazione sul web, in Italia (e, notare: SOLO in Italia), cambierebbe radicalmente.

In proposito, vi invito a lottizzare altri cinque minuti di tempo per leggere l’analisi in merito fatta lucidamente da Guido Scorza, Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione, al cui sito vi rimando e che ringrazio.
La diffusione di questo post sarà gradita. Se volete, o visitors assidui, potete proficuamente girarlo ai vostri indirizzari; non mi sembra che TG o GR recenti abbiano fatto il minimo cenno, sinora, a questo ennesimo tentativo di bloccare la circolazione delle idee e, prima ancora, delle notizie.

giovedì 17 settembre 2009

C’era una volta la libertà di informazione in Rete
di Guido Scorza

Una proposta di legge per sottoporre alla disciplina sulla stampa tutti i siti Internet che abbiano natura editoriale. Qualsiasi cosa ciò significhi

Roma – Il 14 settembre scorso è stato assegnato alla Commissione Giustizia della Camera un disegno di legge a firma degli Onorevoli Pecorella e Costa attraverso il quale si manifesta l’intenzione di rendere integralmente applicabile a tutti i “siti internet aventi natura editoriale” l’attuale disciplina sulla stampa.

Sono bastati 101 caratteri, spazi inclusi, all’On. Pecorella per surclassare il Ministro Alfano che, prima dell’estate, aveva inserito nel DDL intercettazioni una disposizione volta ad estendere a tutti i “siti informatici” l’obbligo di rettifica previsto nella vecchia legge sulla stampa e salire, così, sulla cima più alta dell’Olimpo dei parlamentari italiani che minacciano – per scarsa conoscenza del fenomeno o tecnofobia – la libertà di comunicazione delle informazioni ed opinioni così come sancita all’art. 11 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino e all’art. 21 della Costituzione.

Con una previsione di straordinaria sintesi e, ad un tempo, destinata – se approvata – a modificare, per sempre, il livello di libertà di informazione in Rete, infatti, l’On. Pecorella intende aggiungere un comma all’art. 1 della Legge sulla stampa – la legge n. 47 dell’8 febbraio 1948, scritta dalla stessa Assemblea Costituente – attraverso il quale prevedere che l’intera disciplina sulla stampa debba trovare applicazione anche “ai siti internet aventi natura editoriale”.
Grazie, Insetto!
Si tratta di un autentico terremoto nella disciplina della materia che travolge d’un colpo questioni che impegnano da anni gli addetti ai lavori in relazione alle condizioni ed ai limiti ai quali considerare applicabile la preistorica legge sulla stampa anche alle nuove forme di diffusione delle informazioni in Rete.
Ma andiamo con ordine.

Quali sono i “siti internet aventi natura editoriale” cui l’On. Pecorella vorrebbe circoscrivere l’applicabilità della disciplina sulla stampa?
Il DDL non risponde a questa domanda, creando così una situazione di pericolosa ed inaccettabile ambiguità.
Nell’Ordinamento, d’altro canto, l’unica definizione che appare utile al fine di cercare di riempire di significato l’espressione “sito internet avente natura editoriale” è quella di cui al comma 1 dell’art. 1 della Legge n. 62 del 7 marzo 2001 – l’ultima riforma della disciplina sull’editoria – secondo la quale “Per «prodotto editoriale» (…) si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici”.

Si tratta, tuttavia, di una definizione troppo generica perché essa possa limitare effettivamente ed in modo puntuale il novero dei siti internet definibili come “aventi natura editoriale”.

Tutti i siti internet attraverso i quali vengono diffuse al pubblico notizie, informazioni o opinioni, dunque, appaiono suscettibili, in caso di approvazione del DDL Pecorella-Costa, di dover soggiacere alla vecchia disciplina sulla stampa.
Ce n’è già abbastanza per pensare – ritengo a ragione – che nulla nel mondo dell’informazione in Rete, all’indomani, sarebbe uguale a prima.
Ma c’è di più.
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Il DDL Pecorella-Costa, infatti, si limita a stabilire con affermazione tanto lapidaria nella formulazione quanto dirompente negli effetti che “le disposizioni della presente legge (n.d.r. quella sulla stampa) si applicano altresì ai siti internet aventi natura editoriale”.
La vecchia legge sulla stampa, scritta nel 1948 dall’Assemblea Costituente, naturalmente utilizza un vocabolario e categorie concettuali vecchie di 50 anni rispetto alle dinamiche dell’informazione in Rete. Quali sono dunque le conseguenze dell’equiparazione tra stampa e web che i firmatari del DDL sembrano intenzionati a sancire?
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Se tale equiparazione – come suggerirebbe l’interpretazione letterale dell’articolato del DDL – significa che attraverso la nuova iniziativa legislativa si intende rendere applicabili ai siti internet tutte le disposizioni contenute nella legge sulla stampa, occorre prepararsi al peggio ovvero ad assistere ad un fenomeno di progressivo esodo di coloro che animano la blogosfera e, più in generale, l’informazione online dalla Rete.
Basta passare in rassegna le disposizioni dettate dalla vecchia legge sulla stampa per convincersene.

I gestori di tutti i siti internet dovranno, infatti, pubblicare le informazioni obbligatorie di cui all’art. 2 della Legge sulla stampa, procedere alla nomina di un direttore responsabile (giornalista) in conformità a quanto previsto all’art. 3, provvedere alla registrazione della propria “testata” nel registro sulla stampa presso il tribunale del luogo ove “è edito” il sito internet così come previsto all’art. 5, aver cura di comunicare tempestivamente (entro 15 giorni) ogni mutamento delle informazioni obbligatorie pubblicate e/o richieste in sede di registrazione (art. 6), incorrere nella “sanzione” della decadenza della registrazione qualora non si pubblichi il sito entro sei mesi dalla registrazione medesima o non lo si aggiorni per un anno (art. 7), soggiacere alle norme in tema di obbligo di rettifica così come disposto dall’art. 8 che il DDL Pecorella intende modificare negli stessi termini già previsti nel DDL Alfano e, soprattutto, farsi carico dello speciale regime di responsabilità aggravata per la diffusione di contenuti illeciti che, allo stato, riguarda solo chi fa informazione professionale.

Sono proprio le disposizioni in materia di responsabilità a costituire il cuore del DDL Pecorella e converrà, pertanto, dedicargli particolare attenzione.

Cominciamo dalla responsabilità civile.
L’art. 11 della Legge 47/1948 prevede che “Per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l’editore”.

Non è chiaro come il DDL Pecorella incida su tale previsione ma qualora – come appare nelle intenzioni del legislatore – con l’espressione “a mezzo della stampa”, domani, si dovrà intendere “o a mezzo sito internet”, ciò significherebbe che i proprietari di qualsivoglia genere di piattaforma rientrante nella definizione di “sito internet avente natura editoriale” sarebbero sempre civilmente responsabili, in solido con l’autore del contenuto pubblicato, per eventuali illeciti commessi a mezzo internet.

Fuor di giuridichese questo vuol dire aprire la porta ad azioni risarcitorie a sei zeri contro i proprietari delle grandi piattaforme di condivisione dei contenuti che si ritrovino ad ospitare informazioni o notizie “scomode” pubblicate dai propri utenti. Il titolare della piattaforma potrebbe non essere più in grado di invocare la propria neutralità rispetto al contenuto così come vorrebbe la disciplina europea, giacché la nuova legge fa discendere la sua responsabilità dalla sola proprietà della piattaforma.

Si tratta di una previsione destinata inesorabilmente a cambiare per sempre il volto dell’informazione online: all’indomani dell’approvazione del DDL, infatti, aggiornare una voce su Wikipedia, postare un video servizio su un canale YouTube o pubblicare un pezzo di informazione su una piattaforma di blogging potrebbe essere molto più difficile perché, naturalmente, la propensione del proprietario della piattaforma a correre un rischio per consentire all’utente di manifestare liberamente il proprio pensiero sarà piuttosto modesta.

Non va meglio, d’altro canto, sul versante della responsabilità penale.
Blogger e gestori di siti internet, infatti, da domani, appaiono destinati ad esser chiamati a soggiacere allo speciale regime aggravato di responsabilità previsto per le ipotesi di diffamazione a mezzo stampa o radiotelevisione.

A nulla, sotto questo profilo, sembrano essere valsi gli sforzi di quanti, negli ultimi anni, hanno tentato di evidenziare come non tutti i prodotti informativi online meritino di essere equiparati a giornali o telegiornale.
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Si tratta di un approccio inammissibile che non tiene in nessun conto della multiforme ed eterogenea realtà telematica e che mescola in un unico grande calderone liberticida blog, piattaforme di UGC, siti internet di dimensione amatoriale e decine di altri contenitori telematici che hanno, sin qui, rappresentato una preziosa forma di attuazione della libertà di informazione del pensiero.
Ci sarebbe molto altro da dire ma, per ora, mi sembra importante iniziare a discutere di questa nuova iniziativa legislativa per non dover, in un futuro prossimo, ritrovarci a raccontare che c’era una volta la libertà di informazione in Rete.

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Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it
Grazie a Marco Barlotti, matematico, per la segnalazione degli strafalcinoni matematici della coppia Vespa-Berlusconi durante la puntata di Porta a Porta di martedì, che naturalmente non ho guardato, aderendo all’invito a boicottarla.
Se ci fossero ancora dei dubbi sul fatto che il nostro premier spara a caso i numeri…

  • Luca Boschi |

    Grazie, Paolo!
    Condivisibili o meno, mi sembra che le tue siano parole di un vero liberale, e meritano una riflessione attenta.
    Per quanto mi riguarda, dici delle grosse verità, sia sul punto “i rimedi a volte sono peggio di quanto si vuol modificare” (ma bisognerà pur provarci), sia quando stigmatizzi le grossissime, enormi responsabilità di una sinistra italiana (assai vetero) che, una volta al potere, non ha nemmeno provato a spazzare via ” le fascistissime ed ipocrite norme sulla diffamazione, sul vilipendio, sull’ingiuria”, perché a quanto pare non pensava e agiva nell’interesse generale ma solo per quello della propria parte.
    Vorrei che questo atteggiamento fosse, una volta per tutte, sepolto con alcuni leader della sinistra avvolti nelle ragnatele, ma ancora (in parte) sulla breccia e appostati per riconquistare il potere.
    Un caro saluto,
    Luca
    PS: “Vorrei”, ma non ho fiducia che accada, specifico…

  • Paolo |

    Inveterata abitudine della sinistra è quella di fare tutto un guazzabuglio, in modo che non si capisca più niente. Confondere gli attacchi personali a questo o quel politico o giornalista antipatici, con problemi teorici di scelte legislative, da valere per sempre ed erga omnes, ha più il sapore di uno sfogo rancoroso e senza futuro, tranne i supposti tornaconti immediati, che la valenza di contributo serio e ponderato alla creazione di norme razionali, improntate da una visione etica della società in trasformazione. Notoriamente, fare leggi è complicatissimo e si cercano delle scorciatoie; rivedere la legge sulla stampa e su tutte le altre forme di manifestazione del pensiero, in relazione alla tutela degli altri diritti costituzionalemte garantiti e sovraordinati (non esiste solo l’art. 21), richiederebbe un anno di attività delle Camere. Succede in tutti i settori dell’ordinamento e, spesso, le novelle sono state peggiori delle norme sostituite; questo perché si finisce per fare norme generiche, piene di deleghe al potere esecutivo per integrarne il contenuto e, infine, di ancora maggiori deleghe al potere giudiziario (che, oggi, non meritano le maiuscole), così che si cada nell’incertezza assoluta di ciò che sia lecito e di ciò che non lo sia, cioè nell’arbitrio di questo o quel satrapo. Detto questo, la proposta emergenziale dell’on. Pecorella non può essere condivisa, ma deve essere modificata, limitando il richiamo alle singole norme della legge sulla stampa per ogni singola e differente situazione. Altra norma sarebbe invece urgente, tanto da giustificare un decreto legge: basta nomignoli e pseudonimi, basta decine e centinaia di indirizzi di posta elettronica, con dati falsi; creare un account su internet con dati falsi sia reato ed allo pseudonimo debba sempre essere accoppiato il vero nome. Chi sia contrario, non difende la libertà di manifestazione del pensiero, ma la libertà di ingiuria anonima, come il sicario che colpisca dall’ombra e nell’ombra della sua indegnità morale voglia tornare. Avrei bisogno di tutta la memoria del pc per scrivere tutte le cose notoriamente vere, ma che non si possono dire per le fascistissime ed ipocrite norme sulla diffamazione, sul vilipendio, sull’ingiuria, che, guardacaso, la sinistra, più volte al potere, non ha mai pensato di modificare. La libertà dei vili non mi interessa, quella dei coraggiosi, che vogliano manifestare a viso aperto fatti veri e pensieri costruttivi, sì e la difenderò sempre con tutte le mie forze.

  • G. Carlo |

    Bru-Neo Vespa è nervoso. ‘Porta a Porta’ non tira più, ed uno che di scosse se ne intende come il mago Dalemix dice testualmente: “Ha perso quella capacità di essere sopra le parti che per uno come lui che pretende di essere il Presidente della terza Camera dovrebbe essere una condizione importante”.
    Bene. Ecco cosa si legge su Dagospia: Vespa, avido com’è, vuole solo soldi.
    Ma cosa turba i sonni di Bru-Neo che dalle interviste a Noemi o al mega spot sull’Abruzzo fino alla puntata-“talebana” sull’omicido di Sanaa violentemente contestata dalla deputata marocchina Suad Sbai sembra non avere più il vento in poppa ?
    La colpa sarebbe del suo agente che non riesce a chiudere, nonostante mille riunioni, il rinnovo del contratto con la Rai. Ogni giorno che passa il clima si fa più pesante in consiglio d’amministrazione ed il tentativo di Sado Masi e Mauro Mazza di rinnovare in anticipo, come era stato cortesemente fatto nel 2003, un contratto che in realtà scade nell’agosto del 2010, non andrà in porto vista anche la disastrosa situazione finanziaria dell’azienda impegnata in una drastica riduzione dei costi.
    Eppure prima dell’estate sembrava che filasse tutto liscio. Si tentava di chiudere, ora per allora, un contratto datato settembre 2010 per soli tre anni contro i sette anni di quelli precedenti, un mandato che per durata era pari a quello del Presidente della Repubblica.
    L’escamotage trovato, che vede contrari i consiglieri dell’opposizione ma anche qualcuno della maggioranza era quello di ridurre le puntate di “Porta a Porta” ed andare in onda in diretta dopo il Tguno delle 20 per una decina di minuti.

  • Zebedeo Osiride |

    Sarà il caso di farla questa manifestazione, il 3 ottobre o quando si vuole, ma a cominciare da ora, in tutti gli spazi possibili, per le strade, là dove non arriveranno mai questi squallidi agitatori di popolo con i nervi saltati, questi teleduci con i tacchi interni e questi ducettini isterici a cui i tacchi interni non servirebbero nemmeno.
    La loro pochezza è sustanziata dalla loro statura, con tutti i doppisensi che si vogliono.
    Mi fa davvero piacere che milioni di italiani abbiamo cambiato canale davanti al muso neoso (pieno di nei) e a quello coperto da una maschera di cerone da clown. Facciamolo sempre.
    Come dice Conchita, un’altra Italia più giusta e non corrotta esiste, cresce e comincia a farsi sentire. Ce n’è davvero bisogno in questo paese che via mare importa prostitute ed esporta veleni. Quei veleni su cui indagava Ilaria Alpi. Ricordiamocene!
    Ci sono Ilaria Alpi e Bruno Vespa: due facce del giornalismo italiano, per ora ha vinto purtroppo la seconda faccia. Forse perché protetta.

  • Luca |

    Ricevo regolarmente la Newsletter di don Paolo Farinella, che contiene quasi sempre pensieri a mio avviso condivisibili e fuor di retorica.
    A proposito del rinvio della manifestazione sulla libertà di stampa ha qualcosa da dire oggi stesso, così lo copio per sottoporlo all’attenzione dei visitatori, dato che si tratta, decisamente, di una voce fuori dal coro.
    °°°°°°°°°
    Sulla strage di Kabul, fuori di retorica
    di Paolo Farinella, prete
    Genova sabato 19 settembre 2009.
    Oggi è giorno di lutto per la democrazia: la manifestazione per la libertà di stampa è stata rinviata per non turbare la sceneggiata del cordoglio nazionale per la morte dei sei militari italiani uccisi insieme a 20 innocenti afghani.
    Il governo e il suo impresentabile presidente vi sta inzuppando il biscotto a piene mani perché rallenta la pressione dell’opinione pubblica e distrae dalla drammatica situazione in cui versiamo.
    Per il secondo giorno consecutivo ho conati di rigetto di fronte alla millanteria nazionale-diaticopoliticopatriottarda di esaltazione di sei poveri sventurati che sono andati a morire inutilmente per rimediare un disgraziato lavoro negato da quel governo che li ha usati come carne da macello per la gloria del capo svergognato che ora li usa come “eroi” per tacitare un dissenso che si allarga sempre più.
    Ieri, esasperato da tanta improntitudine e falsità ho spedito a MicroMega il seguente pensiero che ora spedisco a voi. I toni e i contenuti sono volutamente contenuti per rispetto a tutti i morti e perché in questa retorica senza senso trovo un atteggiamento diabolico e disumano.
    La guerra non crea eroi, ma solo vittime e se qualche eroe è necessario, bisogna scegliere i 20 afghani “innocenti” che erano lì per caso e sono stati falcidiati, mentre i soldati italiani era lì armati per fare “il loro dovere”, cioè occupare un Paese straniero che essi hanno consegnato nelle mani di un dittatore corrotto come Karzai.
    Se sono eroi questi figli della fame e dell’ignominia, cosa devono essere le migliaia di persone innocenti bombardate senza discriminazione di sesso, di età, di colpa o di ragione? Chi piange questi morti inutili è complice della guerra ed è nemico della democrazia.
    Il governo ha stabilito il lutto nazionale per lunedì e un minuto di silenzio: io non farò lutto e non faro silenzio perché rifiuto questa mistificazione nazionale.
    La moglie di uno dei morti ha detto di essere orgogliosa del lavoro di suo marito: ebbene, sono parole sue, non mie. Sia dunque orgogliosa anche della sua morte e domani, se ha figli, lo racconti loro e dica chi erano i “nemici” che hanno ucciso il padre e spieghi loro chi lo ha mandato e per quale motivo.
    Aggiunga che la presenza del padre armato ha contribuito ad estendere il potere dei talebani e di quelli che essi chiamano “terroristi”.
    Quale democrazia hanno difeso questi soldati, quella del corrotto Karzai o quella del corruttore e corrotto Berlusconi?
    In questi giorni di lutto nazionale, sospendo moralmente la mia appartenenza all’Italia e mi tiro fuori da ogni complicità da queste nefandezze, travestite da eroismo. Forse le mie parole che precedono e quelle che seguono susciteranno stupore e scandalo in qualcuno: ebbene, passi oltre e non se la prenda: sono infatti certo di essere nel giusto, in buona coscienza.
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    Nella prossima e-mail, l’articolo di MicroMega, rivista acquistabile in libreria e nelle edicole meglio rifornute.
    L.

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