Oggi è una giornata micidiale.
Le pessime notizie giungono a raffica, e in questo misero blog cerco, comunque, di farle conoscere. La mia amica Monica mi ha informato su quanto accade da quelle parti e… parla meglio di chiunque altro, con un suo comunicato, l’editore Giuseppe Liverani, circa una nuova ferita inferta, oggi, alla cultura della Milano da scolare. Anzi, già scolata, temo.
ALLA RICERCA DELLA CULTURA A MILANO (Alfredo Jaar, 2008)
Non sarà un caso se la città che ospita la civilissima mostra di Alfredo Jaar organizzata dalla Provincia di Milano e ha battezzato un convegno con una delle domande con le quali l’artista ha tappezzato la città, ABBIAMO DIMENTICATO LA CULTURA?, elimina uno dei giacimenti più preziosi del suo patrimonio culturale stesso, vivo e attivo da trentatré anni.
Come in un blitz antimafia, la polizia, all’alba di oggi giovedì 22 gennaio 2009, ha sgomberato il centro sociale Cox 18 a Milano, comunemente detto Conchetta, che da tanti anni ospita la mitica Libreria Calusca.
Fondata nel 1971 da Primo Moroni (Milano 1936 – 1998, scrittore, libraio e intellettuale italiano, punto di riferimento della sinistra extraparlamentare, punk anarchici e sindacalismo di base fino a tutti gli anni ‘90 – fonte Wikipedia) la non omologata Calusca è sempre stata punto di incrocio di cultura, controcultura, informazione, controinformazione, per la città e a livello nazionale ed europeo.
Nella sua sede attuale di via Conchetta, tutti hanno sempre trovato spazio, idee, confronti, scambi, stimoli e chi più ne ha più ne metta.
Fino a oggi in quel centro c’è stato l’archivio sterminato di Primo Moroni, da oggi non più: ci entra manu militari il Comune di Milano senza neanche aspettare l’esito di un provvedimento giudiziario in corso.
L’anno passato è stato sbattuto fuori il circolo degli artisti di corso Garibaldi, oggi la Calusca. Cosa dobbiamo aspettarci domani dalla giunta di questa malridotta città?
Mentre ci domandiamo preoccupati con Alfredo Jaar se POSSIAMO FARE A MENO DELLA CULTURA? chiediamo al Sindaco Letizia Moratti che fermi lo sfratto e lasci nella sua casa questo pezzo insostituibile di conoscenza e storia.
Infine ci piacerebbe sapere dal nuovo assessore alla cultura del Comune Massimiliano Finazzer Flory se il suo innovativo progetto culturale si alimenta di tutto ciò. A lui estendiamo un’altra delle domande di Jaar: COS’ È LA CULTURA per lei e la sua giunta?
Giuseppe Liverani, Editore
Edizioni Charta, Milano / New York
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COS’E’ L’ARCHIVIO PRIMO MORONI?
I molti che l’hanno conosciuto possono dirlo: Primo Moroni ha sempre dialogato con chi andava in Calusca per libri e riviste, per portarvi le proprie edizioni, incontrarsi e discutere con altri compagni, o farsi “raccontare” da lui il “com’è andata”.
Nel corso fluido della narrazione, cercando tra la massa di materiali stipati dietro il bancone, forse caotica ma ben disegnata nella sua mappa mentale, Primo vi attingeva immancabilmente l’opuscolo, il foglio volante, il libro “giusto”, a sostegno del suo argomento o utile all’interlocutore.
Di quella mappa fa parte anche la grande quantità di materiale documentario che, raccolto nell’intero arco della sua lunga e densa “presenza alla storia”, è andata via via ad arricchire la sua biblioteca personale: una parte significativa delle culture espresse dai movimenti rivoluzionari e dalle esperienze corrosive dei sistemi di valori conservativi, monocentrici e patriarcali, negli anni Sessanta-Settanta, poi negli Ottanta e fino a oggi, in Italia e all’estero.
Per quanto frammentario, quel che oggi ne rimane dopo molteplici peregrinazioni e traversie (tra cui ingenti sequestri da parte degli organi repressivi dello Stato italiano), e cioè le varie migliaia di libri e riviste, poi i documenti, il fittissimo numero di opuscoli, i bollettini “ciclinprop.”, i testi o gli audiovisivi prodotti dall’ampia e variegata area dell'”editoria diffusa” e del “no copyright”, basta a delineare tanto una straordinaria visione d’insieme di quegli anni quanto uno spaccato minuto, fin nelle pieghe intime e strette, di collettivi sconosciuti ai più o di esperienze dimenticate.
D’altro canto, la Libreria Calusca, fondata da Moroni nel 1971, è stata sin dai suoi inizi un crocevia di innumerevoli percorsi di elaborazione teorica, controinformazione, controculture, pratiche sociali non omologate. Così anche quando, nel 1992, la libreria ha preso il nome di Calusca City Lights: è allora che si è aperta alla convivenza con i giovani dello spazio occupato di Cox 18, che vi esprimevano nuove soggettività e forme di lotta, e con i ragazzi e le ragazze della Shake Edizioni Underground, che nel Centro portavano la propria esperienza punk, poi cyberpunk e cyberfemminista.
Qui in Conchetta, la Calusca di Primo ha proseguito la sua funzione di connettore tra costellazioni, traiettorie e modi d’essere financo divergenti, di sensore delle soggettività e dei cambiamenti sociali, facendosi spazio condiviso, tale da oltrepassare radicalmente la dimensione del “negozio di libri” e del “consumo culturale”.
Tutto questo, con lo spessore di incontri reali, di vite con-vissute, costituisce l’humus e dà respiro al molto che resta della biblioteca di Primo.
Lui avrebbe voluto farne un centro di documentazione: già l’aveva pensata così, nel concreto, accarezzando tra l’altro l’idea di un archivio in rete collegato con altri, prima di tutto con quello della Calusca-gemella, a Padova (si veda “Il Centro di documentazione Calusca City Lights”, in Primo Moroni, Calusca City Lights, Milano, s.d.).
Attorno all’idea di Primo, dopo la sua morte, ci siamo ritrovati, conoscendosi poco o nulla, in un gruppo di compagne e compagni sia esterni che interni a Cox 18. L’abbiamo fatta nostra, perché ne condividiamo il senso per l’oggi e la proiezione futura. Inoltre, glielo dobbiamo. Per alcuni di noi la cura di questo progetto è anche una forma minima di affettuosa, necessaria “restituzione”: sullo sfondo della prossimità, della conoscenza, dell’amicizia politica.
Non è sostituibile la capacità di orientamento nelle stratificazioni della storia, delle vite, delle lotte che ha rappresentato il segno distintivo della figura di Primo Moroni. E neppure la sua dote quasi sensitiva di ascolto e vibrazione a ogni segnale di cambiamento, né la propensione alla relazione teorico-politica, pregnante e vitale, tra quanto mai “archiviato” è depositato nei libri d’archivio e le trasformazioni dei soggetti, della città e dell’intorno globale. Ma, tuttora, creare connessioni è quanto ci aspetta: “Leggi e fai circolare!”.
Ineludibile premessa è la conservazione più rigorosa dei materiali e la realizzazione delle migliori condizioni per un’agile consultazione. Proponimenti, questi, che assumono un significato politico aggiuntivo se soltanto si considera quella parte di scritti che, realizzati dall'”umanità sofferente che pensa” e dall'”umanità pensante che viene oppressa” (Marx a Ruge, maggio 1843) nel corso degli sconvolgimenti sociali degli anni Sessanta e Settanta, sono poi stati dispersi, negati o travisati, seguendo la sorte di tanti tra i soggetti che li avevano prodotti. Vogliamo evitare che quelle o analoghe testimonianze restino preda del “grande freddo”. Oppure che si riducano a oggetto di ricerca per quell’umanità che pensa ma non soffre. Che, soprattutto, ignora il “rapporto immediato e sostanziale” esistente tra quei materiali e gli affrontamenti storici di allora.
La complessità del compito, dunque, non ci sfugge. E neppure la limitatezza dei mezzi. Ma rimane ferma l’intenzione di mantenere integro lo spirito che ha animato il progetto dell’archivio come ogni altra iniziativa di Primo Moroni: non solo quindi una “struttura di servizio” per ciò che una volta era chiamato “il movimento”, ma un ambito di sperimentazione dove il tempo scorra diversamente e le ore e i minuti non vengano misurati in termini di prestazioni o di tornaconto, non scandiscano flussi di danaro che altro non è se non l’equivalente generale del nulla.
Va da sé che l’archivio sarà autonomo e autogestito, avverso alle noiosissime, e sempre uguali, leggi del mercato.
il gruppo di lavoro dell’Archivio
Qui, la voce della figlia di Primo, Maysa Moroni, che spiega perché ha lanciato, attraverso il blog di Alessandro Gilioli, un appello affinchè lo sgombero del Conchetta non metta a rischio l’archivio che raccoglie libri, volantini, documenti e manifesti che raccontano la storia dei movimenti in Italia tra gli anni Settanta e Novanta.
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