Sono passati oltre quaranta giorni da quando, in uno dei vari ricettacoli dei commenti che giungono a questo blog, si è levata la voce di Oscar, un amico visitor che ci ha aperto il cuore raccontandoci quanto la sua vita sia stata influenzata da un settimanale a fumetti per ragazzi. E da uno, “proibito”, per adolescenti.
Attraverso le parole di Oscar emerge il ritratto di un mondo formidabilmente distante dal nostro.
Un’epoca nella quale i fumetti avevano un significato talvolta cruciale, nella formazione del gusto e forse anche della personalità di un giovane lettore.
Dalle sue letture di bambino, dai personaggi, dagli scenari ai quali accenna sono passati cinquanta anni, eppure alcune (onestamente non tutte) di quelle storie a fumetti sono an-
cora freschissime. I disegni, soprattutto, sono spesso eccelsi.
Me ne manda qualche esempio Felmang, che ringrazio. Sono il ritratto di Nizar di Suratnam e di Narciso Putiferio, pubblicati nella quarta di copertina di due numeri del Monello nel 1956, dipinti a tempera dal grande (spe-
cialmente per i colori) Ferdinando Corbella, e il ritratto di Golia con gli smaglianti colori di Mario Uggeri.
Felmang commenta, giustamente: “Chi ce li restituirà mai, artisti così bravi?”
E ADESSO, LA PAROLA A OSCAR
Mai avrei immaginato che una mia noticina buttata lì per caso trovasse subito autorevole risposta. Non puoi immaginare la mia emozione. Mi poni una domanda impegnativa: “Perché episodi di cinquanta anni fa si conservano nella memoria di un uomo oggi anziano”. Cercherò di spiegarlo, senza sconfinare in dati personali, ma cercando per quanto possibile di scrivere cose e sentimenti dove tanti lettori possano riconoscersi.
La storia prende avvio nel 1957. Avevo otto anni.
Di estrazione operaia, circolavano pochi libri e tanti fumetti. Nerssun giocattolo, se non alberi dove ar-
rampicarsi, fossi nei quali nuotare, prati incolti da incendiare, frutta selvatica da raccogliere, spazi im-
mensi a disposizione. Inverni lungji e nevosi.
Mi sono concentrato sul Monello, che usciva il gio-
vedì, prezzo di copertina trenta lire. Carta ruvida fino a metà 1958. Con foto di attore o cantante in ultima di copertina.
Per me, l’uscita settimanale del giornalino era tutto. E il fumetto, letto, riletto e strariletto mille volte non poteva che capitalizzarsi in modo indelebile, nella memoria di un bambino che amava l’avventura, Salgari, Sandokan, Yanez, Tremal-Naik, il Re del Mare. Suhjodana. Il corsaro Nero.
Ma a differenza dei fumetti di oggi, il Monello, come l’alter ego Intrepido, aveva i racconti con la formula del “continua”, che poteva farli durare anche per più di un anno. E questo ti obbligava a seguire con partecipazione lo sviluppo del racconto.
I racconti erano bellissimi.
Trame perfette, ben congegnate, i personaggi disegnati divinamente.
Niente sesso o volgarità. La censura non lo permetteva.
Gli orizzonti, evidenziati in modo stupendo. Non c’era nulla per me di più importante del Mo-
nello al giovedì.
Io cerco disperatamente non tanto il fumetto nella sua dimensione concreta (per questo c’è il mercato dei collezionisti), quanto la possibilità di rivivene le emozioni che si possono provare, facendo riemergere echi della propria lontana infanzia.
Io amo relativamente l’oggetto Monello del 1958, ma desidero immensamente, come un af-
flato, ricostruire la trama di quel certo racconto, per far riemergere il fanciullo che dorme sem-
pre in me, in un corpo di sessantenne che si avvia verso una (auspicabile) serena vecchiaia. In altre parole, io colleziono emozioni, non una carta ingiallita dal tempo.
Spero di aver risposto alla prima domanda.
Sviluppando poi i protagoniosti del Monello, oltre che Fiordistella, amavo moltissimo Ro-
cky Rider, lo sceriffo di Torville, che aveva per fidanzata Velda. Lo affiancavano nelle av-
venture il ragazzo Golia, che aveva le piume indiane in testa, e il ciccione Mosè, che inter-
calava sempre con uno “stop” i suoi discorsi.
Titoli di racconti? I condannati di Kottesburg, Il bandito Wendel, Il cadetto Taylor, Komanche Kevanah, il traditore Lester Torrianis (ma non ricordo come va a finire la storia) eccetera.
Poi, Forza John. La saga di una famiglia americana, dove il protagonista è un tenente pilota, John appunto. Personaggi di contorno sono il medico Sam Harper, il capitan Con-
terios, con la moglie Rosaria e il pappagallo ubriacone Geremia, il giornalista Palis-
sandro Giacinto Livingstone, caratte-
rizzato da un enorme ciuffone biondo, con la fidanzata Moira.
Poi, i personaggi comici. Superbone con zia Fritzi, sempre armata di scopa. I fratelli monellini, la banda di Piccola Eva (con zia Guendalina), con Athos (furbo), Aramis (ingenuo), Ciccio Tom (tontolone).
Più tardi, appare Cuoricino (nel 1959). Ecco la sua banda: Accio, diminutivo di cattivaccio (il cattivo), Grufolino (con il naso sempre sporco), Fusetta (perché fa le fusa, gli occhi dolci, con il papà pescatore), Bullina (la sbrufoncella), Crapa (lo stupidotto).
Su tutti svetta Cuoricino, figlio di uno spazzacamino, che rappresenta l’anima buona, dolce e strappala-
crime della serie.
La maestra è austera. Buona, dolce, tutta vestita di nero con i capelli bianchi immacolati, che amministra una perfetta giustizia nella turbo-
lenta classe.
Dimenticavo i personaggi e la serie di Narciso Putiferio. Un’armata brancaleone, diremmo oggi, di tontoloni che vivono mille avven-
ture con la loro goletta. Solo Nar-
ciso il capitano è a posto e normale. Gli altri sono Uncino (senza una mano), Occhio (senza un occhio), Gambadilegno. Acerrimo loro nemico, Capitan Squalo. Insomma, una serie di avventure demenziali, ben diverse da quelle serie evidenziate in Rocky Rider, Forza John o Fiordistella…
Un rapido excursus sull’Intrepido. Era giornalino proibito (all’indice) e aveva i personaggi quasi speculari a quelli del Monello. Al posto di Fiordistella troviamo Chiomadoro, il “principe del sogno” (altri personaggi Mayr e Kamboh, con la tigre il cui nome mi sfugge).
Al posto di Rocky Rider, Bufalo Bill con Toby. E ancora, Liberty Kid e altri.
Insomma, un’epoca irripetibile. Io cerco qualcuno o qualcosa che mi aiuti a mettere insieme i tasselli che mancano nella mia memoria per ricostruire questi personaggi. Ma tornando al Monello, darei non so cosa per avere visione di un’intera annata consecutiva del Monello, dal 1957 al 1961. Ripeto: non il possesso materiale dei fumetti, solo la presa visione per l’emozione che mi potrebbe suscitare il rileggere le antiche storie di allora con l’ottica, il cuore e la cultura di oggi, 6 gennaio 2008, mio cinquantanovesimo anno di vita.
L’episodio del 1958 di Fiordistella Lo strale dell’immortalità mi è parzialemnte noto.
L’episodio che lo precedette (nel 1957, citato in precedenza) La diga nel regno di Surat-
nam, il principe Nizar dal perfetto turbante e lo sguardo fiero, e la malvagia dottoressa Jula Brandon che relega Nizar nell’isola delle genti perdute: una specie di fortezza per malati terminali di cancro.
Mi fermo qui, per non abusare della pazienza di chi vorrà gentilmente leggermi.
Con la speranza di poter dialogare con qualcuno su analoghe tematiche.