L’ Espresso in edicola questa settimana, pubblica a pag. 135 un piccolo pezzo su Vittorio Vighi con tanto di Lupa Capitolina, una specie di suo marchio di fabbrica, con il quale il bravo cartoonist e autore televisivo (nonché cine-
matografico) era divenuto noto in tutto il mondo.
Come promessooci, ci parla di Vittorio il suo amico fraterno Oreste Flamminii Minuto, che ci ha rintracciato nel blog dopo aver letto il breve ricordo di Vittorio all’inizio di que-
sto mese.
Gli lasciamo la parola.
Conobbi Vittorio Vighi verso la fine degli anni Cinquanta in quella specie di crogiuolo culturale, politico e sociale che era il Ristorante “Otello alla Concordia” di via della Croce, a Roma.
Lì si facevano le più incredibili conoscenze. Personaggi del mondo del cinema, della politica, della cultura frequentavano quel posto, dove si mangiava bene e a prezzi contenutissimi. C’ero capitato per caso e dopo poco tempo ebbi il privilegio di sedermi al “Tavolone” (una lunga tavola alla quale mangiavano gli “abitué”).
E così, tra i vari Monicelli, Germi, Antonioni, Ponte-
corvo, trovai un posticino dovuto al fatto che, da solo, occupavo un tavolo con quattro posti.
“A’ regazzì, che stai a fà da solo ? Viette a sedè ar tavolone, così me liberi quattro posti”, mi aveva detto Otello.
Seppi in seguito che era stata Nora, la moglie, a dirgli di invitarmi al tavolo comune perché “je facevo pena”.
E al tavolone, appunto, conobbi Vittorio e fu subito amicizia. Quella vera, durata un’intera vita.
Tra le tante avventure vissute insieme, mi piace ricordare la nascita della sua Lupa.
In una sera del dicembre 1969, eravamo a casa di uno degli Scola (non ricordo se di Ettore, il regista, o di Pietro, il medico) e in attesa della cena si facevano i “giochetti”. In quell’epoca ci si vedeva il giovedì a casa di qualche amico per “giocare” (due squadre contrapposte) a base di quiz sui più svariati argomenti.
Ettore Scola aveva preso spunto da queste abitudini per scrivere e girare il film con Sordi e Manfredi dal titolo Riusciranno i nostri eroi…, film che finisce con il famoso “Ciccì, nun ce lassà!”
Vittorio, seduto un po’ in disparte, non mostrava particolare interesse per i “contenuti” dei quiz (si parlava di segni zodiacali), tanto vero che a una sollecitazione a partecipare attivamente al gioco rispose: “Si! Stavo riflettendo: di che segno zodiacale sono le teste di cazzo?”
Aveva afferrato un pennarello che portava sempre con sé e su una fila di piatti pronti per la cena aveva cominciato a disegnare una specie di strip. Su una serie di piatti disegnava la sequenza di un frate con una enorme tonaca che, man mano che veniva sollevata, scopriva il reale motivo della sua dimensione: un enorme fallo eretto.
Tra le risate di molti che si avvicinavano per prendere i piatti per la cena, mi avvicinai a Vittorio e gli dissi: “Hai mai pensato a scrivere una storia di Roma a fumetti in chiave dissacratoria e satirica?”
Mi guardò con aria vaga e incuriosita e quando d’un fiato gli dissi: “Mi viene in mente… che so… una Lupa con uno dei gemelli che succhia e l’altro che sputa…”, prese il suo pennarello e disegnò seduta stante quel vero e proprio capolavoro che è la Lupa Capitolina.
Ci volle un po’ di tempo per mettere a punto la commercializzazione del disegno. Alla fine fu deciso di fare un poster (con il disegno che allego). Poi si passò alle magliette. Poi ai posa-
cenere e poi…
Il capolavoro di Vighi fu visto in un ristorante a Singapore all’interno di una bacheca illuminata, a Los Angeles in una birreria incorniciato in un quadro, in Norvegia in un Pub di Trondheim.
Fu un successo enorme e tutte le librerie e i negozi di souvenir smerciarono (e continuano a smerciare) sopra tutto i poster di Vittorio.
Gli amici cominciarono a rendergli omaggio prendendolo un po’ in giro: “Ecco il vero padre della Gioconda!”, dicevano, volendo intendere che era diventato più famoso di Leonardo.
Lui reagiva facendo spallucce e continuando nella pubblicazione di disegni di personaggi dell’antica Roma.
Da qualche parte ne dovrei aver qualcuno. Se li trovo, ve li mando.
Oreste Flamminii Minuto
Oreste ce ne ha mandati alcuni: quelli che si vedono in questo post.
Oltre alla Lupa, ecco un Catullo della serie carte da lettera, degli anni Settanta.
Poi, un Bruto e Cassio che faceva parte di alcune “prove” di decalcomanie che potevano essere applicate, previa immersione in acqua, su superfici lisce.
Infine, un quadro di Vittorio del cosiddetto periodo Re, Regine e Compagnia.
Aggiunge, in proposito, Oreste: Come potrai notare il quadro, che campeggia nel mio studio, è veramente originale. A mio modesto parere, molto più intrigante (come si dice a Roma) di quelli che hai pubblicato.
Ci fu anche una mostra nell’aprile del 2001, di cui ti invio il depliant.