UNA MORATORIA CONTRO GIULIANO FERRARA, con l’ennesimo piccolo (e facile, questa volta) QUIZ

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C’è chi dirà (lo so già) che in un blog come questo
ci si aspetta che si parli solo di fumetti. Anche se
da vari commenti, che sono piovuti sin dai primi tempi, all’inizio dell’estate 2007, molti hanno capito che questo luogo di conversazione e comunicazione si presta perfettamente anche a qualcosina d’altro, forse ricordando le varie iniziative editoriali alle quali ho partecipato, che partendo dai disegni andavano in tutt’altre direzioni, ampliando un tantino l’orizzonte.

A questo proposito, amplifico anche presso i miei sette visitors, per dirla col Manzoni, un post scritto qualche giorno fa dalla mia amica e collega novasolàre Cristina Sivieri Tagliabue, che faceva echeggiare nella blogcaverna di Nòva un documento rivolto a tutti i dirigenti del centro-sinistra, affinché prendessero/prendano una qualche posizione per cui li si possa ancora identificare come tali, rispetto alla repellente iniziativa di quel negativo personaggio collodiano che (chiamato), risponde al nome di Giuliano e al cognome di Ferrara, oltre che all’afrore del potere e degli zecchini.

A commento, ho messo due quadri di donne, dipinti a olio su tela, ritratte nella loro esaltante nudità.

Il piccolo quiz di oggi sarebbe: di quale famoso fumettista sono opera?
Chi si collega e vorrebbe sentir parlare solo di comics non sarà, così deluso, trovando comunque una ragione per scervellarsi un po’.

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Mi sembra che di fare il contropelo a cotesti dirigenti ci sia bisogno, quindi stravolentieri copio e incollo, confortato anche dal fatto che persino un buon numero di esponenti di centro-destra ha preso le distanze di recente dal neofondamentalista Ferrara, il quale, con questa sua iniziativa grottesca avrebbe il sicuro effetto di far perdere una fiumana di voti a Cavaliere e Vassalli. Persino una parte del mondo cattolico non ha gradito, non tanto il contenuto della predica quanto l’altare assai losco dal quale è piovuta.

L’espresso in edicola in questi giorni dedica l’articolo principale a tale tema.
Ne dedica uno secondario all’amico recentemente scomparso Vittorio Vighi, sul quale domani troverete un sentito approfondimento qui.

ECCO LA LETTERA!

Caro Veltroni, caro Bertinotti, cari dirigenti del centro-sinistra tutti, ora basta!

L’offensiva clericale contro le donne – spesso vera e propria crociata bigotta – ha raggiunto livelli intollerabili. Ma egualmente intollerabile appare la mancanza di reazione dello schieramento politico di centro-sinistra, che troppo spesso è addirittura condiscendenza.

Con l’oscena proposta di moratoria dell’aborto, che tratta le donne da assassine e boia, e la recente ingiunzione a rianimare i feti ultraprematuri anche contro la volontà della madre (malgrado la quasi certezza di menomazioni gravissime), i corpi delle donne sono tornati ad essere “cose”, terreno di scontro per il fanatismo religioso, oggetti sui quali esercitare potere.

Lo scorso 24 novembre centomila donne – completamente autorganizzate – hanno riempito le strade di Roma per denunciare la violenza sulle donne di una cultura patriarcale dura a morire. Queste aggressioni clericali e bigotte sono le ultime e più subdole forme della stessa violenza, mascherate dietro l’arroganza ipocrita di “difendere la vita”.

Perciò non basta più, cari dirigenti del centro-sinistra, limitarsi a dire che la legge 194 non si tocca: essa è già nei fatti messa in discussione. Pretendiamo da voi una presa di posizione chiara e inequivocabile, che condanni senza mezzi termini tutti i tentativi – da qualunque pulpito provengano – di mettere a rischio l’autodeterminazione delle donne, faticosamente conquistata: il nostro diritto a dire la prima e l’ultima parola sul nostro corpo e sulle nostre gravidanze.

Esigiamo perciò che i vostri programmi (per essere anche nostri) siano espliciti: se di una revisione ha bisogno la 194 è quella di eliminare l’obiezione di coscienza, che sempre più spesso impedisce nei fatti di esercitare il nostro diritto; va resa immediatamente disponibile in tutta Italia la pillola abortiva (RU 486), perché a un dramma non debba aggiungersi una ormai evitabile sofferenza; va reso semplice e veloce l’accesso alla pillola del giorno dopo, insieme a serie campagne di contraccezione fin dalle scuole medie; va introdotto l’insegnamento dell’educazione sessuale fin dalle elementari; vanno realizzati programmi culturali e sociali di sostegno alle donne immigrate, e rafforzate le norme e i servizi a tutela della maternità (nel quadro di una politica capace di sradicare la piaga della precarietà del lavoro).

Questi sono per noi valori non negoziabili, sui quali non siamo più disposte a compromessi.

PRIME FIRMATARIE: Simona Argentieri, Natalia Aspesi, Adriana Cavarero, Cristina Comencini, Isabella Ferrari, Sabina Guzzanti, Margherita Hack, Fiorella Mannoia, Dacia Maraini, Valeria Parrella, Lidia Ravera, Rossana Rossanda, Elisabetta Visalberghi

La lettera continua qui. Per chi volesse aggiungere firme, Cristina ipotizza che anche gli uomini siano ben accetti…

  • Simona Premoli |

    Scusa Joao Romanelli, hai scritto in giro su di noi, ma potevi pero’ tenere segreto Marco Brotto di Centrosim,
    Iamm beeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeell

  • Associazione mondiale |

    Scriveva oggi abogado Joao Romanelli
    Fortaleza Ceara´
    Muitissimo obrigado a Rupert Murdoch per i suoi dos milliones de dollares Usa de financiamento.

  • Helena |

    Ho mandato questo reportage a un gruppo di amici, perché mi sembra illuminante, e quindi voglio spedirlo anche a voi, se qualcuno lo legge può farsi un’idea di cosa si contesti a Giuliano Ferrara (e non solo a lui).
    Il problema non è erto “aborto s^” o “aborto no”.
    Naturalmente, la risposta è sempre “NO”, come no all’infanticidio, alla selezione razziale (ma scherziamo???).
    Il problema è “per quale ragione, non certo cristallina, Ferrara solleva la questione adesso”, E io rispondo: prima, per far spaccare il governo mettendo contro le componenti laica e cattolica. Una vigliaccata non da poco. Un tema come quello dell’aborto non si strumentalizza per vieta politichetta.
    Seconda ragione: visto che il governo è caduto già grazie alla compravendita di un paio di individui: un senatore e un ministro, sfruttiamo questa questione lacerante per far vincere la destra e il solito cavaliere alla competizione elettorale.
    Così la vedo. Ora, chi vuole, legga qua sotto. Non è una questione di schieramento politico; ce n’è per tutti, compresi gli ex diessini…
    “Nel 1990 … ci si commosse all’idea di estendere l’aiutino (con la legge n. 250) agli organi di «movimenti politici» minoritari, dotati però di almeno due parlamentari italiani o uno italiano e uno europeo: …bastava la semplice, spensierata e disimpegnata firma di due parlamentari sotto la formale costituzione di un “movimento politico” per assicurarsi il diritto ai contributi per l’editoria.
    In base alla “legge 250” e successive modificazioni e integrazioni, furono 30 testate ad assicurarsi i contributi relativi al 2001: fino al 40% dei costi medi dichiarati nei due esercizi precedenti per gli organi di partito (e fino al 30% per le cooperative giornalistiche e per le società la cui maggioranza fosse detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali) più il contributo sulla tiratura. … Una leggina successiva alla 250 stabilì che la somma di queste due voci – rimborsi sui costi e contributi sulla tiratura – doveva venire raddoppiata sino al tetto del 70% dei costi per gli organi di partito (e del 60% per le cooperative).
    Alle testate di “movimento”, per accedere a questi finanziamenti, bastava convincere due amici parlamentari a firmare una carta dove dichiaravano, pur eletti in altre liste e permanendo in altri gruppi, di appartenere al “movimento” di cui la singola testata si pretendeva organo. Naturalmente, non fu previsto alcun controllo sull’effettiva esistenza di un “movimento” o anche solo di una sede operativa, magari costituita da una camera con o senza wc. Naturalmente, era di pubblico dominio che la vita e l’attività di quei “movimenti” rimanevano circoscritte a quella dichiarazione di comodo.
    Naturalmente, non c’era la necessità che i parlamentari si dimettessero dai partiti nelle cui liste erano stati eletti e nei cui gruppi alla Camera o al Senato o a Bruxelles continuavano notoriamente a militare. Non c’era nemmeno l’obbligo formale di uscirne anche solo temporaneamente, anche solo per dieci minuti. Bastava la firma sotto la dichiarazione (fasulla) di appartenere a un movimento (fasullo). Tutti sapevano e tutti partecipavano alla farsa.
    Così quelle 30 testate, nel 2003, avevano incamerato più di 46 milioni di euro. Da solo Libero, grazie alla mascherata del “Movimento Monarchico Italiano”, portava a casa 5 milioni.
    In virtù delle firme graziosamente concesse dagli amici Marcello Pera (senatore di Forza Italia, centrodestra) e Marco Boato (deputato dei Verdi, centrosinistra), per la sedicente “Convenzione per la Giustizia”, Giuliano Ferrara riusciva ad accaparrarsi per Il Foglio 3,4 milioni di euro.
    Ancora più goffa risultava la messinscena passando dai giornali veri, che arraffavano ma arrivavano in edicola e vendevano o vendicchiavano, a giornali individuali come l’Opinione delle Libertà, totalmente sconosciuto all’opinione pubblica, se non per una sporadica presenza nelle rassegne-stampa che circolavano nel Palazzo (e una sistematica presenza nella rassegna-stampa di Radio Radicale, significativamente intitolata “Stampa e Regime”).
    Quella testata e il “Movimento delle Libertà per le garanzie e i diritti civili” si identificavano di fatto in una nota figura del giornalismo di destra capitolino, Arturo Diaconale, che grazie alle sue amicizie di Palazzo riuscì anche nel 2003 a farsi finanziare dagli italiani per 1,7 milioni, tre miliardi e mezzo delle vecchie lire!
    E che dire dei sei (sei!) miliardi delle vecchie lire strappati dal giovanissimo e rampante parlamentare napoletano Italo Bocchino, improvvisatosi editore, grazie all’antica testata e marginalissimo giornale Roma, e all’invenzione (sulla carta) del “Movimento Mediterraneo”?
    Altri sei miliardi di lire se li pappò, mettendo la dicitura «Movimento Pensionati» in gerenza, il decadutissimo Giornale d’Italia. Scorrendo ancora quella lista, a parte i giornali di partito, a parte il solito milione di euro per un improbabile quotidiano napoletano, Il Denaro (movimento “Europa Mediterranea”), a parte i quasi 2 milioni per Linea del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, si scoprivano anche più modesti esborsi: 49 mila euro per Angeli, Angeli Editrice (movimento politico?); 126 mila per Aprile dei Comunisti Unitari; 28 mila per Le città che vogliamo del movimento “Andria che vogliamo”, 221 mila per Il Patto del “Patto Segni”, 92 mila per Le Ragioni del Socialismo di Emanuele Macaluso (“Movimento per le Ragioni del Socialismo”), ecc…
    Governando l’ex PSI Giuliano Amato, la Finanziaria del 2000 si provò a cancellare la buffonata della firma dei due parlamentari. Dal primo gennaio del 2001, «per poter considerare una testata giornale di partito» – annunciava con soddisfazione il sottosegretario diessino alla Presidenza del Consiglio, Vannino Chiti – «bisogna che il partito cui si riferisce abbia un gruppo o nella Camera o nel Senato, superiore ai dieci parlamentari. Una volta che un gruppo è costituito, quel partito ha diritto ad un solo sostegno per il suo giornale: può fare anche quindicimila sottogruppi, ma rimane sempre un solo sostegno. Su questo la legge è precisa».
    Per la verità, chiarivano subito dagli uffici del Dipartimento, «quelli che avevano già i contributi, possono continuare a percepirli ai sensi del comma 4 dell’art. 153 se si trasformano in cooperativa con quei requisiti» (Virgilio Povia, dirigente del Dipartimento, a Radio Capital, luglio 2002).
    Si trattava, insomma, di una “sanatoria”: quei giornali, che avevano sino ad allora ottenuto i contributi come organi di “movimenti politici” grazie alla firma senza alcun impegno di due amici parlamentari, potevano continuare tranquillamente a incassarli – e avrebbero continuato beatamente a farlo sino ad oggi – trasformandosi in cooperative fasulle, vale a dire con soci azionisti e non lavoratori.”
    Beppe Lopez, La Casta dei giornali, ed. Nuovi Equilibri/Stampa Alternativa

  • Moerandia |

    Ha fatto una parodia ma ha anche espresso una posizione (non dissimile dalla mia peraltro); ho dato una occhiata alla petizione ed alle firme, e tra le motivazioni mi ha spaventato un “adesso odio i figli”.

  • luca Boschi |

    Lele è un satirico, e pur di fare una battuta (è notorio) uno della nostra razza si lancerebbe in un cratere eruttante…
    Seriamente, invece, dovrebbe essere chiaro a tutti che quello dell’interruzione di gravidanza è un dramma comunque lo si voglia prendere, e che va lasciato alla coscienza del singolo individuo. Lo stato deve fornire il massimo appoggio a chi lo vive, ma non impicciarsene in prima persona. Ergo: le leggi che regolano la materia devono esistere (e la 194 è una buona legge, che tutela anche il medico obiettore), spetterà poi alla coscienza individuale la scelta di coscienza. E i veri credenti, magari dilaniati da una situazione ultradifficile, facendo i conti con la propria coscienza decideranno di non fare “uso individuale” della legge, di non applicarla al proprio caso.
    Mi sembra talmente chiaro… Non capisco, invece, come gli argomenti fondamentalisti di Ferrara abbiano la pretesa di far subìre una propria ristretta e astratta visione del mondo alla collettività.
    Ma vabbe’, è chiaro che le ragioni per cui ha fondato questo movimento sono altre.
    L.

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