In un paio di circostanze, in modo veloce, le mie stradelle si sono incrociate con quelle di Enzo Biagi. Una è stata una festa pubblica, a Forte dei Marmi tanti anni fa, insieme a Dino Verde e Antonio Amurri, che negli anni scorsi lo hanno preceduto là dove se n’è andato ieri.
Più di una volta ho ritratto Enzo Biagi in caricatura.
Ho ritrovato un foglio che si riferisce a una di quelle volte, una parte del quale posto, dividendolo in un paio di puntate, per non infierire troppo.
Penso che fosse il 1982, non molto prima e sicuramente non troppo dopo, quando per un’ipotetica partecipazione a una rivista di Luigi Bernardi improvvisai una specie di “dietro le quinte” nella giornata tipo di Enzo Biagi. Sin dalla mattina in cui si alzava si metteva incessantemente a scrivere, a produrre, a riempire quotidiani, settimanali, libri e palinsesti.
Per distinguere lo stile grafico di quella volta da quello più americano che adottavo per “Métal Hurlant”, prospettai una sorta di acerba (anzi, acre) “ligne claire” alla Joost Swarte, geniale olandese che stavo scoprendo in quegli anni, complice l’editor e creativo fiorentino Stefano Piselli (non ancora a capo della Glittering Images).
Era il periodo in cui la Mondadori possedeva ancora Retequattro, prima della vendita al Biscione (col nefasto episodio della località Lavanderie, che racconto in “Imperdibili”, giusto per citarlo ancora, ma non voglio uscire dal tema). E Biagi, come anche Enzo Tortora, non ancora ingiustamente incarcerato, vi lavorava, oltre che alla Rai.
Era anche il periodo in cui Biagi invadeva le librerie con le sue varie storie d’Italia a fumetti, che onestamente (col massimo rispetto per un giornalista così assennato e apprezzabile) a noi fumettari di professione non piacevano molto.
Questo per dare un’idea sui riferimenti presenti nella (pur affettuosissima) storiella.
Passarono diversi anni, e siccome la pubblicazione della storiella a fumetti non si fece sulla rivista di Bernardi, che ormai era stata battezzata da tempo “Orient Express”, riciclai l’episodio negli anni Ottanta avanzati in un tardo numero di “Totem”, vorace vortice che tutto assorbiva, dovendo garantirne l’uscita ogni quindici giorni. Lo facevamo in un numero esiguerrimo di persone, cumulando ruolo su ruolo per risparmiare sui costi editoriali. Ne ho postato una fettina.
Ieri, giustamente, tutti hanno parlato di Enzo Biagi.
Persino Berlusconi, che avrebbe fatto meglio, almeno in questa occasione, a rispettare un penitente silenzio, visto la ferita che è riuscito a infliggere al più amato giornalista della Penisola da uno dei suoi soliti palchetti rialzati, al pari delle suole che indossa e dell’arroganza che lo marchia a fuoco.