Dopo che da un un paio di giorni, per ragioni tecniche, non mi è stato possibile accedere alla posta elettronica (e ai post) ho trovato una vera valanga di messaggi anche personali a proposito di questo blog, anche a proposito delle “ultime imprese” a Roma e nel settore cartaceo-editoriale (compresi il librone sul Fumetto Italiano in fase di uscita per Coniglio Editore, l’altro su Pinocchio & Jacovitti per le Edizioni DI, vari progetti futuri e parzialmente in corso d’opera non rivelabili, ma parzialmente trapelati).
Intanto, nel convegno romano, chiusosi oggi all’ora di pranzo, e sul quale Andrea Leggeri ha parzialmente detto la sua, il nome di Magnus (insieme a quelli di Attilio Micheluzzi, di Hugo Pratt, di Franco Saudelli, di Massimo Rotundo, di Cesare Civita, di Dino Battaglia e di Tristano Torelli) è ricorso assai spesso, soprattutto nelle parole di Luigi Bernardi, che ne ha ricordato il rapporto felicemente instaurato con l’autore nel momento in cui fu contattato per proseguire le avventure de “Lo Sconosciuto”, che campeggia sulla copertina del primo della rivista “Orient Express” (primavera 1982).
Se ne parla in “Irripetibili”. Forse era quello l’inizio vero della seconda vita di Magnus: il momento in cui il Maestro veniva consacrato nel Gotha dei più grandi, almeno a livello europeo. Più grandi come “resa”, testimoniata dal prodotto finale (tavole, illustrazioni, storie), ma anche come rapporto con la propria attività creativa: un atteggiamento che lo accomuna per certi aspetti a Jean Giraud, forse con un punto di contatto con Andrea Pazienza.
Vediamo come Davide Toffolo interpreterà la quotidianità e l’opera di questo grande per-
sonaggio in un romanzo a fumetti nel quale lo ha reso protagonista, e al quale lavora da tempo.
Per il momento, chiudiamo l’appassionato ricordo che di Magnus ci ha inviato Gabriele Bernabei, corredato con le due belle immagini che ci ha spedito.
Ecco come Gabriele prosegue il suo discorso, accennando al rapporto di Magnus con la sua ultima opera, realizzata per conto di Sergio Bonelli Editore.
«Il “Texone”, uscito postumo nel giugno 1996, costituisce il testamento artistico del Maestro.
«In tale opera vengono rappresentati i luoghi e i personaggi della vallata. Se la valle del terrore e quella del Santerno sono lo stesso luogo, Wong è impersonato dall’amico Romeo, mentre May Ling viene interpretata dall’amica Silvana (nella immagine in alto, all’inizio di questo post, NdR). E, tra i mi-
natori dello Yuba River, sono facilmente riconoscibili “Scavcià”, “Modugno”, Franco, Emilio, Francesco, Vincenzo, Rino e Bruno, tutti amici dello stesso Magnus che, alla fine della storia, si è autoritratto assieme a Oria-
no, il “Rosso di Montefune”, mentre saluta l’eroe che si allontana a cavallo.
«Una delle domande più ricorrenti degli ammiratori del Maestro è la seguente: Magnus, dopo il Texone, sarebbe rimasto a Castel del Rio?
«Ad uno di coloro che a suo tempo me l’ha domandato ho risposto con la seguente lettera:
«Per farti capire quanto Magnus amasse le terre di Castel del Rio devi sapere che, non guidando l’automobile, spesso egli si faceva accompagnare da alcuni amici alidosiani nei luoghi più disparati della valle in cui desiderava recarsi.
«Mi raccontava Gaetano, il barbiere, che un giorno, dopo la solita barba integrale, come egli amava definire la rasatura di barba e capelli con saponata e rasoio, gli chiese di condurlo a Valmaggiore.
«Durante la pausa di mezzogiorno, anziché fermarsi a pranzo, i due presero l’automobile e risalirono i sei-sette chilometri di strada bianca che separano quella località disabitata più a monte, dal capoluogo alidosiano.
«Giuntivi, scesero per osservare dall’alto il panorama sottostante. E Magnus, che si soffermava principalmente sulla vallata del Santerno, si lasciò fuggire la seguente frase: “Questi luoghi sono meravigliosi! Io voglio morirci su queste terre!”
«Fu quasi una premonizione, e quando Gaetano lo racconta, ancora oggi, non riesce a nascondere un briciolo di commozione.
«Il sentimento che l’artista nutriva per queste terre è noto anche per quanto egli stesso ha dichiarato in una nota intervista ad Andrea Plazzi e Edoardo Rosati: “Io amo svisceratamente Castel del Rio, che ritengo femmina. Un luogo femmina. Per la sua bellezza. Un luogo dolce, lussureggiante. Io la conosco in tutte le stagioni, col caldo e col freddo. E non desidero lasciarla, a meno che non nascano circostanze particolari”.
«D’altra parte, qualcuno che Magnus l’ha conosciuto molto bene mi confidava: “Roberto era come Lo Sconosciuto! Dopo Tex avrebbe probabilmente lasciato Castel del Rio e chissà dove sarebbe andato a parare, spinto da chissà quali nuovi progetti!!”
«Ancora oggi, io stesso, mi domando: quale sarebbe stata la scelta del nostro grande Maestro?»
Gabriele Bernabei