GIORNALI, COMICS, PUBBLICITA': MA COS'E' QUESTA NUOVA CRISI?

Racks

Impressionante lo scatto che riproduco qua sopra, vero?

Certo, mai quanto quello che segue.

Ritorno di Berlusconi la mummia

Cow Cow Boogie sung by Ella Mae Morse di vampy1

Il quotidiano progressista francese Liberation ha tempestivamente dedicato la sua copertina a tutta pagina di ieri al ritorno dell’amico di Dell’Utri sulla scena politica italiana e sceglie un suo primo piano fotografico agghiacciante e mussolinaro.

Berlusconi torna in politica e accelera l’uscita di Monti, a rischio di far precipitare l’Italia nel caos e poi la zona euro”, aggiunge l’occhiello. Silvio Berlusconi, “protagonista sempreverde” (…) “risorge dal regno dei morti”.

Il resto della stampa francese, ieri mattina, non è stato più morbido: “Aiuto, torna!”, titolava la Nouvelle République du Centre-Ouest e i commenti spiegavano: “Le notizie dall’Italia sono molto preoccupanti” poiché tutto il lavoro di risanamento finanziario, economico, morale viene rimesso in causa – scrive Guillaume Goubert – col rischio di far ripiombare la penisola e con essa il resto dell’Eurozona, in una nuova tempesta”.

Sul quotidiano economico Les Echos, Nicolas Barré ricordava che Mister B. “aveva lasciato uno Stato sull’orlo del baratro, uno stato che per le sue dimensioni minaccia di far precipitare l’intera zona euro nel caos”.

So it is.

Quella sopra è una mummia, mentre quello che apre il post è un cimitero dei cosiddetti racks, i contenitori impiegati negli Stati Uniti per la distribuzione dei giornali, quasi esclusivamente stampa quotidiana e free press; alla domenica ne contengono solo un pugno di copie perché i quotidiani di maggior prestigio escono con un numero cospicuo di supplementi, fra cui quello a colori con i fumetti.

Tra parentesi, anche la musica è in crisi, mica solo i comics.

Anche il filmato che segue è impressionante.
Miriam Linna e Billy Miller start over.

Così, lo spazio che occupano nei racks è maggiore. Per chi non è mai stato in USA, questi contenitori, posizionati sui marciapiedi e agli angoli delle strade; sono sigillati e la copia desiderata si ottiene inserendo il denaro, come per acquistare uno snack o una gazzosa.

To be continued

Non c’è da stupirsi se gli spazi dedicati alle strisce sono diminuiti già almeno da tre anni a vista d’occhio seguendo la rotta dei supporti cartacei che li ospitavano. Quella pubblicata immediatamente qua sopra (di E. C. Segar, precedente all’introduzione di Popeye) aveva ben sei (6) vignette. Come si vede, sul giornale da cui è tratta sono impaginate in blocchetti di due; altri giornali, con un diverso spazio a disposizione per questo genere di “ingredienti” (le strisce) avrebbero potuto scegliere di impaginare le vignette di Thimble Theater in tre coppie delle stesse, disposte verticalmente le une sulle altre, in un’area rettangolare.

Poi, la media si sarebbe ridotta a quattro, sino alle due o tre di oggi.

Sempre più sintetiche, sempre più prive di dettagli.
Sempre più vicine alle barzellette, per pure ragioni narrative e grafiche.
Tempi duretti.

Per tacere delle tavole domenicali, che una volta potevano ospitare anche autentici capolavori di grafica contemporanea, come la serie spesso infarcita di inquadrature e arredi visionari, Polly and Her Pals, di Cliff Sterret.
Sotto, un esempio clamoroso degli anni Trenta. CLIC sopra per ingrandire le vignette.

Polly 1
Polly 2

Anche lo spazio delle sunday pages si è andato comprimendo, causando tra l’altro un “braccio di ferro” di Bill Watterson con il suo syndicate; ciò è accaduto ben prima che la crisi affettasse (in entrambi i significati del verbo) la stampa quotidiana USA.
Nella foto sotto si possono vedere chiaramente le dimensioni ragguardevoli che a suo tempo una tavola poteva misurare. Nello specifico, vediamo Milton Caniff davanti a un suo originale di Steve Canyon.

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Lo ripeto ancora una volta: poiché i giornali cadono come mosche dentro le nuvolette di Raid, conseguentemente se ne vanno anche le rubriche che vi erano stampate. Così anche gli eroi dei comics, purtroppo, compresi alcuni considerati fino a poco tempo fa inossidabili.
E’ la fiera dell’ovvietà. Un po’ più complesso è scoprire perché i giornali (di ogni tipo) non si vendono più come accadeva fino a poco tempo fa?

Le risposte che ci possiamo dare sono varie:
a) Perché la gente legge sempre meno,
b) perché preferisce (chi sa e può) leggere le pagine on line, con il conseguente scampato pericolo di intere foreste amazzoniche,
c) perché i loro proventi derivanti dalle inserzioni e pagine pubblicitarie (come quella bellissima della Coca Cola realizzata alla fine degli anni Cinquanta da Bernie Fuchs, vedi sotto) diminuiscono, causa la crisi delle aziende che dovrebbero pagarle, e senza questi quattrini i giornali non riescono a far quagliare il bilancio.
d) Eventuali e varie.

Bernie Fuchs Ad

Secondo quanto riferiva giè nell’autunno 2009 in questi l’agenzia The Associated Press, la crisi della carta stampata negli States assumeva un funereo colorito nero-pece.

E oggi, pre-Natale 2012?

Poiché gli USA sono, come sempre, il barometro di quanto accadrà non troppo tempo dopo nel resto del mondo, prepariamoci alla prospettiva devastante che si profila imminentemente, con licenziamenti a tappeto, tagli, riduzioni di orario, prepensionamenti (magari in barba ad ogni regola o piattaforma sindacale).
Qualche dato (in lingua), riportato in un articolo di Michael Liedtke (AP): “Newspapers’ financial woes worsened in the second quarter as advertising sales shrank by 29 percent, leaving publishers with $2.8 billion less revenue than they had at the same time last year.”

Due grandi quotidiani nazionali, entro il prossimo San Silvestro pare che manderanno a casa qualche decina di colleghi.

Nel 2009 due miliardi e ottocento milioni di dollari in meno del 2008 (già anno di crisi). Mi sono spiegato?

Prosegue Liedtke: “It’s the deepest downturn yet during a three-year free fall in advertising revenue — newspapers’ main source of income. The magnitude of the industry’s advertising losses have intensified in each of the last 12 quarters.
The numbers released Thursday by the Newspaper Association of America weren’t a shock, given the dramatic erosion mirrored the advertising losses that the largest U.S. newspaper publishers already had reported for the April-June period.”

Senza approfondire più di tanto nel dettaglio le caratteristiche di questa autentica depressione giornalistica, mette conto sottolineare il dato della perdita derivante dalla diminuzione delle entrate pubblicitarie: “Through the first half of the year, newspaper ad revenue plunged 29 percent to $13.4 billion. Some newspaper industry executives are hoping the slide bottomed out in the second quarter. That optimism is largely grounded in the belief that recession will end soon — if it hasn’t already — and encourage advertisers to loosen their pursestrings, particularly toward the end of the year as they try to persuade consumers to spend more in the holiday shopping season.”

E ancora:
“Print advertising fell 30 percent to $6.16 billion, with the biggest trouble in the classified section. Classified ads dropped 40 percent in the second quarter, reflecting less demand because of the economy and competition from free or cheaper alternatives offered by Web sites like Craigslist.”

Secondo la Columbia Journalism Review, il cui splendido motto (inusitato per la situazione italiana) è “Strong Press Strong Democracy”, i profitti che i giornali attualmente ottengono dalla pubblicità sono piombati al livello del 1965!

“Overall daily newspaper-industry ad revenue just flat-out crashed last year, plunging 16.7 percent to $37.8 billion from $45.4 billion in 2007, which itself was a bad year with ads down 7.9 percent from $49.3 billion in 2006.

It gets worse. So far 2009 has been more dismal than 2008. Alan Mutter predicted in January that newspaper revenue would tumble 17.3 percent this year to $31.6 billion, or just below 1993 levels. If anything, his numbers may be optimistic. Several major newspaper companies have reported declines of about 30 percent so far this year.”

Approfondimenti assortiti, e le spiegazioni su come gestire il grafico che ricopio sotto, si trovano a questa pagina.
Il dibattito è aperto, sui temi dell’informazione, della stampa, delle difficoltà che solcano il nostro settore continueremo a parlare costantemente, e non solo in merito alla manifestazione di sabato prossimo organizzata dalla Federazione Nazionale della Stampa (FNSI), che adesso ha aperto anche un proprio BLOG.

Real-ad-revs
Chiudo con un bonus, ancora di Fuchs, da una rivista sportiva degli anni Sessanta per la General Motors
CLICCONE sopra per ingrandirla.
Che incredibile classe, eh?
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Bernie Car

  • Willi |

    Concordo con te, o Luca: di cabaret si tratta (e infatti gli escrementi e gli organi genitali sono pressoché gli unici argomenti della Littizzetto). Preferisco la coerenza di Saviano e di Don Gallo.

  • Luca Boschi |

    Ma in questa Mondadori post-De Benedetti c’è da mettere in conto la censura a Saramago, è un precedente la presa di posizione di vari autori che ne sono usciti (Saviano etc.) e di altri come Don Gallo che si sono rifiutati di andarvi (ma i suoi libri ne hanno purtroppo sofferto, vi trovo refusi e – appunto – mancanza di editing).
    Non ho risposte se non la mia individuale, direi che invece di farla troppo generale si possa spostare l’occhio di bue sui singoli autori.
    Se critichi Berlusconi e pubblichi con lui (con Marina, ma vabbe’), sapendo anche come sono andate le cose sul Lodo Mondadori, di fatto fai parte del suo gruppo, e le tue esternazioni sono solo cabaret più o meno applaudito.
    Credo che si debba cominciare a sentire, con le narici, il “frazio” del denaro.
    Oltre alla tracciabilità dello stesso, consideriamo che esista una legge non scritta sulla “fraziabilità”, alla quale chi critica si dovrebbe attenere.
    Sennò, troppo comodo. Rizzoli ti garantisce una visibilità pari a quella di Mondadori, Feltrinelli pure (ma… paga? Fa un buon editing?). Le possibilità di scegliere ci sono.
    Il dibattito resta aperto.

  • Luca Boschi |

    Alla Mondadori lavorano bene, mi dicono tutti che sono puntuali con i pagamenti (era così anche alla fine degli anni Settanta quando ci ho lavorato, ma era un’altra Mondadori, pur piena di problemi anch’essa, non dimentico il trattamento ingiusto che riservò al mio direttore, Bepi Zancan) e che ci sono editor e direttori (anche) illuminati e di ampie vedute.

  • Luca Boschi |

    Bravo Willi!
    Questo è un problema che mi pongo sempre anch’io, circa la coerenza (dove ne cominciano e dove finiscono i limiti). Non so darmi una risposta univoca, lasciano la soluzione alle coscienze individuali.

  • Willi |

    La Littizzetto, che è così schifata da Berlusconi, se ne andrà da Mondadori oppure pecunia non olet?

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