GRAPHIC NOVELS (forse) E RAGAZZE PERDUTE A TORINO

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Tempo fa, scrivevo sulle pagine cartacee di Nòva (ricordo ai turisti per caso in queste pagine trattarsi del supplemento ipertecnologico del Sole 24 Ore, NdR) che chi lo scorso anno esplorava gli stand della Fiera del Libro Torino, constatava come un buon numero di case editrici avesse scoperto una parola d’ordine nuova, un “apriti sesamo” deputato a spalancare, al sol pronuziarlo, qualche meravigliosa grotta di Alì Babà. Oppure, più semplicemente, chissà quanti portafogli di visitatori.

La parola magica dello scorso anno era (e resta tale anche in questi giorni, ma un po’ meno) graphic novel. Che è traducibile come romanzo grafico, romanzo a fumetti.

Purtroppo, non abbiamo notizie di giornata su cosa succeda adesso a Torino, bandiere in fiamme a parte. L’overdose di fiere e rassegne ha consigliato a me e a un altro drappello di maneggioni/e una vista preferenziale alle spiagge tropicali, da una delle quali (anonima) digito queste righe, in attesa di tornare in pista.

Cronaca personale a parte, il lato più interessante della “faccenda graphic novel” sta nell’assodato superamento, da parte dei responsabili di alcune case editrici non di settore, del pregiudizio che in passato sconsigliava di accostare romanzi con vignette e nuvolette a quelli tradizionali in prosa.

Ormai, anche i formati delle due diverse tipologie di libro sono praticamente gli stessi. Non già cartonati “alla Asterix” con poche pagine secondo il costume francofono, né colorate strenne antologiche, impegnative da maneggiare. Invece, dominano il campo i pokettoni in brossura, magari con bandelle e sovraccoperta, stampa in bianco e nero con sei vignette di media a pagina, per consentire una buona decifrazione del disegno.

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Tralasciando l’amara constatazione che la scelta di pubblicare romanzi a fumetti, per alcuni avventati editori abbia assunto da sùbito i contorni del flop, resta agli atti l’intuizione non secondaria che sia nato anche da noi un consumatore di comics maturo; un lettore dalla mente aperta che, con un approccio adottabile per Bulgakov, Castaneda, Garcia Marquez o Pennac sia disposto a sperimentare opere a fumetti letterariamente significative, come Maus di Art Spiegelman, Persepolis di Marjane Satrapi (qui in una intervista video, in francese), Palestina di Joe Sacco, Blankets di Craig Thompson.

E via con una carrellata virtuosa di altri esempi.

Tra le cose che di sicuro da qualche stand torinese ammicca al passante c’è il secondo volume illustrato da Melinda Gebbie, autrice di un vero e proprio caso letterario degli ultimi tempi, appartenente alla trilogiaLost Girls (edito in Italia dalla Magic Press). Questa opera, che il nostro amico e contributor Stefano Priarone ha definito qualcosa come “sublime pornografia” in un suo scritto che mi ha inviato ma che, come le ragazze del titolo, è andato lost nella posta, è stata portata a termine in ben quindici anni di lavoro.

Scritta dal geniale sceneggiatore inglese Alan Moore (From Hell, V For Vendetta, Watchmen, Swamp Thing), compagno della Gebbie, questo romanzo erotico dalle grandi tavole dipinte, racconta le emozioni di Lady Alice Fairchild, Dorothy Gale e Wendy Darling, tre donne di passaggio da un lussuoso albergo austriaco, l’Hotel Himmelgarten di Monsieur Rougeur, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale.

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L’incontro casuale delle tre, di diversa età, estrazione sociale e cultura, le porta a confidarsi sempre più, fino a descrivere le loro intense fantasie sessuali.

Prendendo a prestito personaggi di tre intramontabili classici della letteratura, Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, Il Meraviglioso Mago di Oz di L. Frank Baum e Peter Pan di J.M. Barrie, i due autori concretizzano una visione provocatoria, per nulla idealizzata e sconvolgente dell’immaginario legato alla sessualità. Confermando che dentro i romanzi letterari, a fumetti o meno, sonnecchiano comunque nelle loro evolute trasfigurazione gli eroi della letteratura della nostra infanzia collettiva.

Il seguito alla prossima puntata.

Qualcuno è stato o sta andando a Torino? Se ce ne butta giù le impressioni, potremmo forse essergliene grati, mentre nel contempo lo sciabordamento della risacca ci culla l’amigdala.
Qui, se non tolgono di mezzo il filmato, è possibile vedere e ascoltare un reportage amatoriale sul boicottaggio della edizione 2008 della Fiera.

POST SCRIPTUM: Qualche notizia ancora su Napoli COMICON (che, come ha detto qualcuno “dura tutto l’anno”), si trova qui, seguendo con pazienza il percorso dei vari link annessi.
Mentre qui, nel sito Comicsblog.it, c’è un illuminante video sullo stra-affollato Napoli COMICON 2008. Opera dello studio di produzione The Jackal (che ringraziamo de còre), comprende anche interviste con Claudio Curcio e Lorenzo Mattotti. Chi non c’è stato potrebbe essere invogliato a non ripetere l’errore (pur conscio che quanto si vede qui è circa un decimillesimo della manifestazione, delle sue iniziative e dei suoi ospiti)…

  • MicGin |

    Direi che questa volta sono d’accordo con Gianfranco. Vittorio Pavesio ha fatto bene a mantenere lo spazio all’interno della fiera del libro e a dargli la connotazione che abbiamo visto. Questo può essere un nuovo punto di partenza.

  • Monica Galbani |

    Ciao, a proposito della Fiera del Libro di torino, manifestazione alquanto mediocre, ecco l’intervento di Marco Travaglio:
    1°parte: http://it.youtube.com/watch?v=mYWJ9A8aLdY
    2°parte: http://it.youtube.com/watch?v=ZTY53tsh4KI
    3°parte: http://it.youtube.com/watch?v=jfhVv0F9cOs
    4°parte: http://it.youtube.com/watch?v=6Fzewkb3fIM
    Intervento del magistrato Luigi De magistris :
    1°parte: http://it.youtube.com/watch?v=dl27BX3J3EI
    2°parte: http://it.youtube.com/watch?v=5W56ZCN5PG4
    Intervento dell’epurato e epurando Santoro :
    1°parte: http://it.youtube.com/watch?v=n5m2x9ml08k
    2°parte: http://it.youtube.com/watch?v=f_VLV61OtCQ
    Intervento del giornalista Peter Gomez :
    1°parte: http://it.youtube.com/watch?v=rtik5PFa7kM
    2°parte: http://it.youtube.com/watch?v=S_Yull6P82
    3°parte: http://it.youtube.com/watch?v=meBPAIKrNO8
    Per la visione migliore, e l’audizione migliore, copiate gli indirizzi nella finestra e date il via!
    Ciao e grazie.
    Monica

  • Giovanni Capoccia |

    La saga continua, e i lavori della “nuova maggioranza” (che è la stessa dei primi anni Novanta, risorverata dal sarcofago, con un po’ di trucco – e trucchi – e fondotinta) cominciano malissimo.
    Notizie di oggi, che si commentano da sole.
    Io sono sostenitore di Casini, uomo di Centro, e appoggio quello che dice. Si veda articolo di seguito.
    Complimenti per questo blog che non parla solo di cose “leggere”.
    Antonio Di Pietro interviene nell’aula della Camera subitro dopo Berlusconi e viene interrotto più volte dai deputati del Pdl che evidentemente non apprezzano i toni del suo discorso. Per il leader dell’Italia dei Valori le parole distensive del Cavaliere verso il Pd sono «furbe». Quando ricorda che gli aveva offerto il posto di ministro dell’Interno. È il premier a intervenire: «no, non glielo ho mai offerto», facendo di no con le mani. Da lì in poi quasi impossibile proseguire per Di Pietro che si rivolge al presidente della Camera, Gianfranco Fini. Fini invita i parlamentari a lasciar parlare Di Pietro. Ma le interruzioni proseguono, dalle file dell’Idv i deputati urlano «Ma è iniziata la dittatura che non si può più parlare?» e Di Pietro torna a sollecitare Fini.
    Il presidente della Camera si stizzisce: «Onorevole Di Pietro, lei sa bene che è abbastanza naturale, che ci siano delle interruzioni» e quindi si lascia sfuggire: «Poi dipende anche da ciò che si dice». Di Pietro, quasi a disagio contro replica: «Ha ragione, dipende proprio da ciò che si dice. Non bisogna disturbare il manovratore…».
    Ma la battuta al vetriolo di (quell’ex fascista di) Fini – «dipende da ciò che si dice» -quasi fosse ancora il vice capo dell’opposizione, non piace affatto all’ex presidente della camera Pierferdinando Casini che inizia il suo intervento stigmatizzando il comportamento del presidente neoeletto. «In Parlamento non si può decidere di far parlare le persone solo in base a quello che dicono…».

  • Piero Urru |

    La vicenda Travaglio-Schifani, che implica il tentativo di avviare una nuova epurazione di persone che in Rai non sono in linea con l’immobilizzazione dell’informazione gestita dal neogoverno, mi appassiona. Oggi leggo sul mio giornale, l'”Unione Sarda”, che il leader Walter Veltroni assicura che la Rai sarà “uno dei grandi temi delle regole del gioco”, ma chiede di cambiare i criteri di nomina del cda, perché applicare la legge Gasparri sarebbe “una scelta non all’altezza dei problemi dell’azienda”.
    Anche Federazione della Stampa e Usigrai insistono per una legge bipartisan “di pochi articoli” che modifichi i meccanismi di nomina del vertice e dicono no a scorciatoie per “invocare un rapido ricambio” alla guida della tv pubblica. Ma l’ex ministro Maurizio Gasparri insiste: rinviare il rinnovo del cda sarebbe “paralizzare l’azienda”.
    Intanto l’appoggio di Antonio Di Pietro a Travaglio (unica voce fuori dal coro, se si esclude Rifondazione) potrebbe far fallire l’ipotesi di una presidenza dell’Italia dei valori per la commissione di Vigilanza (che in base alla Gasparri nomina sette consiglieri Rai su nove e dà il gradimento a maggioranza di due terzi sul presidente): niente presidenza, dice Cicchitto, “a chi incarna la punta di diamante degli sconvolgimenti della Rai”.
    Travaglio si difende (“Aspetto solo che qualcuno mi smentisca”) e “paradossalmente” si augura che la querela di Schifani – ricevuto ieri pomeriggio al Quirinale dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – serva a fare chiarezza: “A differenza dei politici, i giudici stanno ai fatti, e in tribunale le chiacchiere stanno a zero”. Fatti che, ripete il giornalista, sono stati già raccontati nel suo libro “Se li conosci li eviti”, scritto a quattro mani con Peter Gomez, e dal cronista dell’Ansa Lirio Abbate.
    Curioso che il libro sia lì da tempo, ma ai politici della maggioranza non interessa: l’Italia è un Paese di ignoranti e quelli che leggono sono per loro irrecuperabili, dato che hanno apposggiato il loro consenso e il voto sull’ignoranza della gente. Che invece questa gente, ignorante i fatti, una volta che diventa spettatrice della TV li sappia comunque, è cosa grave, E quindi, il via alle azioni in tribunale.
    Voglio vedere come va a finire, Io appoggio Travaglio e plaudo Di Pietro, capo dell’unico partito non compromesso, fra quanti ancora ve ne sono in Parlamento.

  • Francisco Gonzalo |

    El Pais, 29/04/2008:
    Renato Schifani, candidato del Pueblo de la Libertad, ha sido elegido hoy presidente del Senado italiano por 178 votos a favor, 117 abstenciones y tres nulos. Colaborador estrecho de Silvio Berlusconi, ha logrado cuatro votos más de los partidos que oficialmente le apoyan.
    El candidato conservador ha obtenido la presidencia del Senado en la primera votación de la Cámara Alta, tras la apertura esta mañana de la XVI legislatura italiana. Por su parte, Emma Bonino ha logrado trece votos y una decena se han repartido entre varios senadores.
    Los parlamentarios de la derecha italiana, representada por el Pueblo de la Libertad (PDL), la Liga Norte y el Movimiento para la Autonomía, vencedores de las elecciones generales, han aplaudido la designación de Schifani cuando éste ha alcanzado los 162 votos que necesitaba para obtener la presidencia de la Cámara.
    Después de la elección del presidente del Senado, deberá nombrarse el de la Cámara de los Diputados, cargo para el que el PDL presenta a Gianfranco Fini, de 56 años y presidente de la derechista Alianza Nacional, que concurrió a las elecciones dentro de la lista del partido de Berlusconi. La elección, según se prevee, no se logrará hasta mañana ya que será probablemente en cuarta votación, pues la ley establece que en las tres primeras se necesita una mayoría de tres cuartos y en la sucesiva sólo la mitad más uno de los sufragios.
    Renato Schifani llega a la Presidencia del Senado italiano tras más de catorce años en política y con una carrera marcada por su apoyo incondicional al futuro presidente del país, Silvio Berlusconi, lo que le ha convertido en uno de sus hombres de confianza.
    Nacido en Palermo, la capital siciliana, el 11 de mayo de 1950 y abogado de profesión, entró a formar parte del proyecto de Forza Italia en 1995 y fue elegido senador un año después por su región natal, cargo que ha mantenido en las tres últimas legislauras y al que, a partir de 2001, sumó el de jefe del grupo parlamenario de Forza Italia en esa cámara.
    Schifani se convirtió en el rostro de Forza Italia por sus repetidas muestras de apoyo y declaraciones públicas a favor de Silvio Berlusconi, al que llegó a comparar con el conde Cavour, uno de los principales impulsores de la unificación italiana en el siglo XIX, para rebatir las acusaciones de conflicto de intereses que pesaban sobre ‘Il Cavaliere’. El nuevo presidente del Senado recordó en aquella ocasión que Cavour ocupó diversos cargos políticos y que, a la vez, fue un importante terrateniente y propietario de un periódico, una comparación que originó diversas críticas y que el propio Berlusconi le pidió que evitara.
    A pesar de su posición dentro del partido, reconvertido en los últimos comicios en El Pueblo de la Libertad (PdL), junto a Alianza Nacional, La Liga Norte y el siciliano Movimiento por la Autonomía, no ha ocupado ningún cargo ministerial, un objetivo por el que, según ha asegurado, que nunca “pataleará”.
    En el plano político, Schifani fue uno de los protagonistas de la estabiización del régimen carcelario especial para mafiosos y terroristas, conocido como artículo 41 bis. Esta medida prevé que los condenados por esos delitos no puedan acogerse a los beneficios penitenciarios previstos en la ley, como el régimen abierto, a menos que se conviertan en arrepentidos y colaboren con la Justicia. Asimismo, fue el autor del laudo Schifani, mediante el que se concede la inmunidad a los presidentes de la República, del Gobierno, de las dos Cámaras parlamentarias y del Tribunal Constituional mientras ejerzan sus cargos. Ese laudo fue declarado posteriormente ilegítimo por el Tribunal Constitucional.
    Su nombre, en cambio, ha sido relacionado por la prensa italiana con la criminalidad organizada siciliana, ya que en los años ochenta fue socio de una compañía en la que también figuraban Nino Mandalà, jefe del clan mafioso de Villabate, y de Benny d’Agostino, empresario ligado al histórico dirigente de la Cosa Nostra, Michele Greco.

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