LEO BAXENDALE R.I.P. (un genio del Fumetto Inglese)

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I am an artist.

Every child, man child and woman child, is born with the capacities of learning and synthesis, that together make creativity possible.

Whether those inborn capacities are translated into professional capability is dependent on circumstance. Circumstance, more of than not, will be determined by the controlling system in which we live.

As an artist, I have had a companion, Comedy, to nudge my elbow and point out the dangers of the straight and narrow.

This exhibition is a staging point in the struggle between Comedy and Anti-Comedy.

The antithesis of Comedy, Anti-Comedy is the domain of the one-eyed brothers Capitalism and Patriarchy, who walk hand in hand.

I do not believe that it is possible to carry through a lifelong struggle against almighty power by intellect alone: I believe it is necessary to walk through the valley of fire (in my own case, as it turned out, repeatedly.)

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Questo diceva Leo Baxendale, genio del Fumetto Inglese quasi del tutto ignoto in Italia, dove ci trastulliamo spesso con delle schiappe costruendo loro dei piedistalli in polistirolo espanso sotto le suole.

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Invece, Baxendale è stato un Grande, potrei apparentarlo a John Stanley, mentre il nostro amico critico e storico del Fumetto Paul Gravett lo accomuna a Carl Barks quanto a influenza che avrebbe esercitato con i suoi fumetti sul pubblico inglese dei suoi lettori. Un pubblico che, appunto, era purtroppo abbastanza circoscritto a quella zona del mondo. Pur essendo scritti appunto nella lingua della perfida Albione, le sue storie non possono vantare una trasposizione in comic book (per esempio) e rare sono le loro traduzioni in altre lingue. Personalmente ricordo a malapena di averne viste in America Latina, mentre una fonte non del tutto verificata afferma che qualcosa di suo sia apparso in Italia su una remota versione del Corriere dei Piccoli, in particolare la serie di Buster.

Il quale Buster è il figlio dell’Andy Capp di Reg Smythe. In una scheda per una delle tante enciclopedie dei fumetti che npoi non vedono la luce (e per le quali si lavora a vuoto) anni fa scrivevo quanto segue. Pochi sanno che la coppia Andy Capp – Flo ha anche un figlio, immagine speculare del padre, con tanto di berretto a quadri che nasconde gli occhi. Il suo nome è Buster, e nasce su autorizzazione (e design) di Reg Smythe per trasformarlo nel titolare di un longevo albo della Fleetway Publications, che debutta il 28 maggio 1960 (cesserà le pubblicazioni alla fine del 1999).

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I disegni della serie sono affidati sulle prime a Leo Baxendale, che raffigura il terribile monello Buster in una serie di brevi storielle destinate ai bambini, dove il padre non compare mai platealmente, mentre Flo è una presenza fissa. In Italia lo pubblica nel 1961 il Corriere dei Piccoli, raccogliendo una serie di lamentele da parte dei lettori tradizionalisti, abituati alle classiche storielle con strofe rimate.

Nel 1971, con la sigla editoriale S.B.G., Renato Bianconi ne raccoglie alcune storie (sono però quelle disegnate da Reg Parlett) e, facendole adattare da Mario Sbattella (autore che in vita sua ha ricevuto una sola intervista, a cura del solerte Paolo Telloli), dedica a Buster un pocket autonomo, ribattezzandolo Poldino.

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Infine, l’editore Piero Dami pubblica nel 1976 il volume Buster con le tavole originali di Baxendale.

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Nato nel 1930, Baxendale, aveva inizia la collaborazione con il popolare giornalino a fumetti The Beano nel 1952, creando varie serie come (segue elenchino) Little Plum (1953), Minnie the Minx (1953), The Bash Street Kids (1954) e The Three Bears (1959). Quest’ultima non ha niente a che vedere con quella analogo che può vantare poche partecipazioni nei fumetti, ma una folgorante carriera nei disegni animati dovuti all’estro creativo di Chuck Jones.

Un esempio?
Eccolo.

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