La tristissima notizia della scomparsa di Dario Fo coglie tutti di sorpresa, mentre non ci stupisce lo scoperchiamento dei tombini fognari che la notizia ha suscitato. Riecco, quindi, la consueta mandria di imbecilli e sciacalli che, nello stantìo delle camerette, sfogano le loro nevrosi a insultare chi ha un’idea di società, di umanità, meno gretta della loro.
Le più sincere condoglianze di Cartoonist Globale a Jacopo.
Personalmente, a Dario Fo, e a Franca Rame, devo molto.
Ho delle interviste audio registrate con loro, di un umptilione di anni fa (una ritrovata di recente, trasmessa in una radio libera dove lavoravo, nel 1977). Con la loro casa editrice, La Comune, uscì il mio primo libello a fumetti, varato alla non veneranda età di 16 anni, distribuito durante gli spettacoli di Fo e Rame insieme all’Arcibraccio (che traduceva storie di Wolinski, Reiser, Cabu, Willem… e quelli fatti appositamente da Claus, vale a dire Claudia Cossio, figlia del notissimo fumettista Carlo e di Luciana Pensuti.
C’erano dentro fumetti di ambiente scolastico, più o meno quando in radio nasceva il Professor Aristogitone, ma anche caricature di Golda Meir, di un Andreotti che all’epoca pareva immortale e invulnerabile.
Prima di farlo come si deve in altra sede, con parole e opere, per il momento penso a Dario Fo come lo vidi la prima volta (non di persona, quello sarebbe accaduto molto più tardi, con Luca Raffaelli e altri amici dell’Urlo ce lo ricordiamo a cavallo – fisicamente – di Indro Montanelli, nei primi anni Ottanta, tutti e due giocosi lodatori di Mino Maccari, ne parliamo un’altra volta).
La prima volta era da spettatore a Canzonissima, un’edizione durante la quale, come sappiamo tutti, la loro partecipazione fu interrotta per tematiche troppo disdicevoli (secondo la Rai) per uno show leggero del sabato sera. Quell’edizione di Canzonissima fu poi proseguita da Walter Chiari.
A quell’epoca si riferiscono la foto di apertura e la caricatura, con un ringraziamento per il lavoro svolto, inviato alla coppia da Gaetano Vitelli. Proprio lui, il disegnatore di Topolino, degli albi a striscia del Trio dell’Astuzia, delle avventure con anoimali antropomorfi dei primissimi numeri di Lupettino (1949): una figura sulla quale non si è mai indagato a sufficienza.