Si avvicina “spaventosamente” la mostra mercato di Reggio Emilia (nel prossimo week-end, nei giorni 10 -11 novembre), nell’ambito della quale uscirà il nuovo numero della rivista “Fumetto”, il 64mo.
A informare sulle novità per i soci ANAFI in uscita imminente, fra cui l’atteso volume denominato confidenzialmente “Il Bottarone”, pensa il sito www.amicidelfumetto.it, che contiene anche il catalogo arretrati aggiornato, e in anteprima alcuni articoli tratti dalla rivista in uscita.
Sulle origini della rassegna, e sul clima che oltre quattro decenni fa ne ha favorito la nascita e ne ha accompagnato la crescita, facciamo quattro chiacchiere con uno fra i più attivi ricercatori e appassionati collezionisti del comicdom italiano: Luigi Marcianò.
LUCA BOSCHI: Caro Luigi, com’era il comicdom in Italia, a metà anni Sessanta, quando l’interesse per il fumetto si è sviluppato anche da noi? Chi c’era, fra i protagonisti di allora??
LUIGI MARCIANÒ: Vorrei innanzi tutto chiarire subito una cosa: ben altre persone sarebbero più degne di me, di rappresentare qui l’ANAF/ANAFI. Qualche nome? Gianni Brunoro, Giulio Cesare Cuccolini, Franco Grillo, Lorenzo Guerriero, Luciano Tamagnini, Vittorio Alessandrelli, Italo Pileri… Comunque, caro Luca, rispondo che di fumetti mi sono “alimentato” fin dalla più tenera età senza averli mai abbandonati, se non per brevi periodi e per motivi non dovuti alla mia volontà. Mi sono ritenuto sempre un fortunato perché, a dispetto della mia età (sono del 1939), sono cresciuto con i fumetti dell’anteguerra quelli che oggi chiamiamo “dell’età d’oro”.
Avrò avuto circa 6-7 anni, quando un mio zio paterno mi lasciò in eredità una favolosa collezione di giornali e albi, in particolare, della Nerbini di cui era un accanito collezionista. Collezione rimpinguata nel tempo, da molto materiale che acquistava mio zio stesso e da qualche albo comprato da me, con le poche lirette che riuscivo a racimolare. Una collezione che, purtroppo, fu dispersa da mia madre alcuni anni più tardi.
LUCA BOSCHI: È talmente un classico, che su situazioni del genere ironizza anche Spider-Man, in una scena del suo secondo lungometraggio!
LUIGI MARCIANÒ: Dopo qualche pausa, dovuta prima agli studi e poi alla ricerca di un lavoro, ricominciai ad occuparmi di fumetti, con uno spirito diverso (in maniera, direi, più consapevole) da quello del semplice fruitore quale ero fino a quel momento, all’inizio degli anni Sessanta. In quel periodo avevo potuto notare una forte euforia, un vero e proprio ribollire di idee e iniziative attorno al fumetto, tutte indirizzate a rivalutare culturalmente un mezzo espressivo fino ad allora ritenuto diseducativo.
Ricordo che rimasi basito, ma oltremodo contento, quando mi imbattei in libreria, era il 1961, con “I Fumetti” scritto da Carlo Della Corte, nome divenuto in seguito, come ben si sa, un vero e proprio punto di riferimento della critica fumettistica. Seguirono i vari Eco, Del Buono, Becciu, Faeti e altri ancora, che diedero il via ad una interminabile serie di saggi e articoli su quotidiani, riviste e albi a fumetti, quasi sempre caratterizzati da una profonda e consapevole volontà di fornire, finalmente, la giusta e meritata connotazione culturale ai comics.
E non era per niente facile in quegli anni, quando c’era ancora una buona parte della “intellighènzia” che sparava a zero sui fumetti; basti, per tutto, ricordare il putiferio che si scatenò, nel 1962, all’indomani dell’uscita nelle edicole del “nero Diabolik” e suoi epigoni a seguire. Certamente la nascita a metà degli anni Sessanta di mostre come quella di Bordighera, seguite da quelle patrocinate dall’Anaf e da altri club, contribuirono non poco a riversare sul fumetto un forte interesse e una maggiore consapevolezza critico-culturale. Ricordo con molta nostalgia le prime Lucca del “pallone” e le prime mostre-mercato organizzate dall’Anaf nel prestigioso Palazzo Re Enzo a Bologna, dove si respirava ancora l’atmosfera di un certo collezionismo un po’ ingenuo (certo, non era tutto all’insegna del “volemose bene”, come dicono a Roma, perché non mancavano i soliti furbi che già avevano captato la possibilità di turlupinare i collezionisti più sprovveduti).
Ebbi modo, in quegli anni, di conoscere molti addetti ai lavori come Alfonso Pichierri che portava avanti il programma Nerbini, Silvano Scotto e Ernesto Traverso con i loro “Club Anni ’30”, Rinaldo Traini con la sua “Comic Art”, Capriotti con la sua omonima Casa Editrice, e vari piccoli editori, più o meno improvvisati, che si lanciavano in ristampe anastatiche o filologiche di personaggi o serie degli anni ruggenti del fumetto.
Ma ricordo anche di aver conosciuto tanti autori e tantissimi appassionati che molto hanno fatto per il recupero del fumetto come Grillo, Brunoro, De Giacomo, Cuccolini, Tamagnini, Fossati, Conti, Zanotto, Bernardini, Bono, Guerriero, Pileri, Bona, Ciscato, Moscati e tanti altri di cui al momento mi sfugge il nome, con molti dei quali, col passare del tempo, si è instaurata una forte e sincera amicizia. Quando l’Anaf, nel lontano 1969, animata da un indimenticabile Alberto Lenzi e pochissimi altri “pionieri”, sentì la necessità di consorziarsi in Associazione (io ancora non c’ero, arrivai qualche anno più tardi e solo come socio), lo fece solo con uno scopo ben preciso: la necessità e il piacere di raggruppare sotto un unico organismo appassionati, studiosi, collezionisti, ecc. del fumetto.
Per avere un mezzo che facesse da trait d’union fra tutti gli associati, diede vita alla rivista “Il Fumetto”, che da quel momento, divenne l’organo ufficiale dell’Associazione.
LUCA BOSCHI: C’è un episodio significativo che faccia comprendere il sapore di quei momenti pionieristici?
LUIGI MARCIANÒ: Potrei ricordare i tanti curiosi che si meravigliavano nel vedere i collezionisti, molti non più ragazzini, affannarsi nella ricerca degli amati giornaletti oppure gli ingenui che, certi di fare grossi affari, “consegnavano” per somme sicuramente molto più basse del valore reale, materiale pregiato ai mercanti più scaltri.
O ancora, le lunghe serate trascorse nei ristoranti con gli amici, mangiando e bevendo allegramente, ma sempre parlando di fumetti. Ma più che un episodio, ricordo una situazione particolare che si era venuta a creare all’indomani delle prime Lucca e Bologna, e cioè il proliferare di mostre mercato in ogni angolo del Paese. “Mostre e mostriciattole” come qualcuno ha detto. Ma in fondo, avevano uno scopo comune: il piacere di incontrarsi con gli amici e parlare degli amati giornalini, affannarsi alla ricerca del pezzo mancante alla propria collezione e, tutto ciò, magari, sopportando viaggi e soggiorni faticosi, senza contare spesso l’onere economico che ne derivava.
Erano momenti veramente “pionieristici”, ma l’amore per i fumetti faceva superare qualsiasi ostacolo.
LUCA BOSCHI: “Linus” è stata molto amata, per aver aperto la strada a delle nuove riviste rivolte a un pubblico più adulto, e anche per aver offerto una palestra espressiva ad autori italiani come Guido Crepax, Sergio Toppi, Dino Battaglia, e poi Sergio Staino, Andrea Pazienza e tanti altri, che altrimenti sarebbero stati relegati nei settimanali per ragazzi, o non avrebbero fatto fumetti per niente.
LUIGI MARCIANÒ: Credo che tu abbia ragione, almeno per quanto mi riguarda.
Pur riconoscendo a “Linus” un grande merito e cioè quello di aver contribuito, facendo da spartiacque, in maniera decisiva alla diffusione del fumetto, inizialmente ebbi con la rivista un approccio molto tiepido. E questo comportamento, per me che avevo letto fino a quel momento solo fumetti tradizionali e classici, credo fosse comprensibile. Inoltre, trovavo la rivista un po’ elitaria, sentivo che trasudava un falso intellettualismo, quasi da compiacimento.
Col tempo, però, cominciai ad apprezzare i fumetti che presentava e, in particolar modo, i tanti articoli di critica che pubblicava.
“Linus”, comunque, aveva aperto una breccia enorme nell’editoria del fumetto e sulla sua scia nacquero riviste consimili come “Eureka”, “Sgt. Kirk”, “Il Mago”, “IF”, che pur avendo impostazioni diverse giocarono un ruolo non meno importante di “Linus” nella rivalutazione del fumetto.
LUCA BOSCHI: Quando è nata la prima rivista a cui avete contribuito, voi del gruppo che adesso organizza la Mostra di Reggio Emilia, nel Centro Fiere di Mancasale??
LUIGI MARCIANÒ: Nel maggio del 1970, ed era appunto “Il Fumetto” dell’Anaf, rivista, inizialmente, molto artigianale, spillata e aveva un formato, più o meno, uguale a quello attuale cioè circa 24×35 cm.
Ne diventai socio solo qualche anno più tardi, nel 1973 o 1974 non ricordo bene, in quanto distratto da problemi familiari e di lavoro che mi assillavano non poco.
A collaborare, in maniera fattiva, a “Il Fumetto” fui parecchi anni dopo spronato a farlo da Giulio Cesare Cuccolini, in quanto fino ad allora non pensavo di esserne capace.
I primi numeri de “Il Fumetto” risentivano ancora di una simpatica semplicità; era poco più che un “notiziario” e si interessava principalmente della vita organizzativa dell’associazione, ma non mancava di interessarsi dei rapporti con l’editoria professionale, di salvaguardare i collezionisti (non dimentichiamo che è stata l’Anaf a pubblicare il primo prezziario dei fumetti), di presentare varie rubriche come “Archivio”, la posta, “La Bancarella”, interviste, saggi, o anche “Comics Notizie”, che riportava una panoramica del fumetto italiano e non.
Insomma, nella sua “primordiale ingenuità” possiamo dire che questa rivista era già nata adulta.
LUCA BOSCHI: I tuoi primi articoli di cosa parlavano? E i più importanti, fra questi della prima ora?
LUIGI MARCIANÒ: Trattavano il fumetto, la satira, l’umorismo e l’illustrazione made in URSS che, assieme a “La lingua friulana nel fumetto” ritengo siano i più importanti, tra i primi da me scritti, perché fornivano al lettore delle conoscenze fino ad allora per nulla note. E questo credo debba essere il principio che deve animare chi scrive, di qualsiasi argomento si tratti: il piacere di fornire agli altri qualcosa di nuovo alle proprie conoscenze.
LUCA BOSCHI: Puoi delinearmi in sintesi le tappe più impor-
tanti nella vita dell’associazione?
LUIGI MARCIANÒ: Una delle tappe più importanti, credo sia la creazione dei Premi ANAF, a partire dal 1974 con “Il Nettuno di bronzo”, seguiti, a partire dal 1976, dal “Premio Albertarelli”.
Questi premi hanno contribuito a dare alla nostra Associazione un aspetto più importante e, perché no, una rilevanza culturale maggiore nell’ambito del comicdom.
Un altro momento significativo si può collegarlo con gli anni Ottanta, quando una crisi profonda scosse l’Associazione portandola molto vicina alla chiusura.
La perdita della sede storica del palazzo di Re Enzo, con il conseguente peregrinare da una sede all’altra di città in città, il calo degli iscritti, l’abbandono momentaneo di Franco Grillo, una situazione economica non certo brillante, crearono un profondo disagio in seno all’associazione. Come dicevo, c’è stato realmente il pericolo dello sfascio definitivo, ma grazie alla voglia di alcuni come Grillo, Guerriero e, in particolare, Tamagnini, le cose poterono riprendersi e consolidarsi all’inizio degli anni Novanta con la creazione dell’ANAFI.
LUCA BOSCHI: Grazie per il momento, ci rileggiamo fra poco per la seconda parte dell’intervista! Gli interessati possono rivolgersi per informazioni a:
Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell’Illustrazione – ANAFI
Via Emilia Ospizio, 102
42100 Reggio Emilia
Tel. 0522 332336 Fax 0522 553432
http://www.amicidelfumetto.it
info@amicidelfumetto.it
Senza dimenticare, per tutti gli interessati, la fondamentale newsletter “Mano libera” redatta con inusitata frequenza dal solerte Presidente dell’associazione Paolo Gallinari!
Le illustrazioni di questo post sono le più varie. Notevoli sono quella in cui Oreste del Buono, nella redazione di “Linus”, nella vignetta di Guido Crepx spinge Valentina in un supplemento. Con lui confabulano il direttore Giovanni Gandini e il traduttore dei “Peanuts” e fiancheggiatore Franco Cavallone. Si tratt di una delle illustrazioni presenti anche nel mio libro “Irripetibili”, fnalmente uscito, e in distribuzione nelle librerie più argute dal 10 novembre circa.
© Eredi Crepax
E interessante è anche quella in cui Barbarella, a seno nudo, è mostrata priva di capezzoli, grattati via da un solerte redattore della Milano Libri, quando le avventure dell’eroina di Jean-Claude Forest era pubblicata da “Linus”.
© Eredi Forest/Terrain Vague