BRACCIO DI FERRO: AUGURONI A VITERCOMIX!

Popeye Vitercomix

Benché Popeye sia presente sulla carta stampata italiana forse sin dalla sua stessa creazione negli States, anche prima di essere ribattezzato con l’azzeccato nome di Braccio di Ferro, creato probabilmente dai responsabili della torinese Società Anonima Stefano Pittaluga, non si è parlato molto di lui nella pubblicistica.

E’ una vera fortuna che adesso Vitercomix, con l’occasione del novantesimo compleanno del personaggio, offra l’opportunità per approfondire chi è stato, chi è e chi sarà, con due dei suoi massimi realizzatori di storie: Pier Luigi Sangalli e Sandro Dossi.

Mentre su Topolino, Paperino, Biancaneve e sulla figura dello stesso Walt Disney si sono accesi i riflettori sin dalla fine degli anni Venti, per un lungo periodo non è nemmeno stato chiarito, da noi, chi fosse il papà effettivo di Popeye.

Va detto che in quei lontani anni, fra una guerra mondiale e l’altra, la paternità degli autori di creazioni per la “lettura amena” (come si usava dire all’epoca) non era di grande interesse per i suoi pur voraci consumatori. Erano notissimi e apprezzatissimi in Italia i romanzieri per ragazzi, dal creatore di Pinocchio, Carlo Lorenzini, detto Collodi, a Vamba (al secolo Luigi Bertelli, autore di Ciondolino e de Il giornalino di Gian Burrasca), per tacere di Yambo (all’anagrafe Enrico Novelli, autore di Ciuffettino), che vantava anche una rispettabile carriera di autore di fumetti.

Nell’abito dei giornalini destinati all’infanzia, soprattutto i disegnatori del Corriere dei Piccoli, settimanale per ragazzi legato al Corriere della Sera, erano noti e amati. Primi fra tutti, Sto, ovvero il distinto e colto attore di teatro e commediografo Sergio Tofano, creatore del Signor Bonaventura; forse a pari merito con lui è il poliedrico illustratore e verseggiatore Antonio Rubino, che del Corriere dei Piccoli è anche designer del logo della testata.

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La vera fama di Braccio, lontano dalla sublime produzione di Elzie Crisler Segar, nella nostra Penisola germoglia e cresce attraverso i film animati, ciascuno di quali è abbinato, nei nostri cinema come in quelli di Oltreoceano, nei lontani momenti del loro debutto, a un lungometraggio importante.

Sostituendo gli shorts comici con attori ben noti quali Laurel & Hardy, Charlie Chaplin, Harry Lagdon o Buster Keaton, per citarne solo alcuni, i cortometraggi di Popeye, quelli di Mickey Mouse, del gatto Felix o le favole del regista Paul Terry, precedono o seguono il film di azione, di genere western, fantastico, romantico (e così via).

Sono un complemento importante della serata fuori casa da trascorrere al cinema. Nel caso di Braccio di Ferro si abbinano prevalentemente a dei lungometraggi distribuiti dalla Paramount, dei quali costituiscono il divertente antipasto oppure il congedo dal composito spettacolo compreso nel prezzo del biglietto. La sua collocazione nel palinsesto pubblicizzato dai cartelloni, fra un pezzo sexy-comico di avanspettacolo (quando c’è), un cinegiornale e i trailer dei film futuri, dipende talvolta dalle decisioni arbitrarie dei proiezionisti locali o dai gestori delle sale.

Ma la popolare accezione di “comica finale” non lascia dubbi su quale sia la scelta preferenziale suggerita dalla distribuzione. Popeye, con i suoi colleghi disegnati, si trova a sostituire in modo egregio le commedie slapstick piene di randellate, torte in faccia e botte da orbi che avevano appassionato gli spettatori negli anni pionieristici del muto. Più che per altri personaggi, l’indole manesca e sbrigativa del marinaio guercio si candida a rimpiazzare senza rimpianti le frenetiche rincorse, le zuffe con i pizzardoni e il lancio delle indispensabili torte in faccia prodotte nei film con attori soprattutto dal vivace Mack Sennet.

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In Italia, capita così che quando di Popeye si comincia a scrivere qualcosa sulla stampa generalista, lo si faccia perché ha destato interesse con i suoi cartoons. Ci risulta che avvenga molto tardi, solo agli sgoccioli degli anni Cinquanta, anche perché le proibizioni del regime fascista hanno un po’ bloccato la circolazione in tempo reale della enorme library di divertentissimi cortometraggi varati negli anni Trenta dai fratelli Fleischer, responsabili della trasposizione delle vignette di Popeye in fotogrammi. Nei cinema fanno capolino, ma con difficoltà, alla fine degli anni Trenta, prima che la proibizione tassativa di importare prodotti di intrattenimento dagli Stati Uniti divenga legge e venga rispettata.

La maggioranza di questi shorts sarà visionabile, non tradotta e quasi mai sottotitolata, solo in era televisiva. Questi cortometraggi, come quelli con Mickey Mouse, come le Looney Tunes con Bugs Bunny o Porky Pig, risulteranno perfetti per il bianco e nero delle emissioni della Rai, i cui tardivi esperimenti per il colore saranno messi in ponte solo nell’estate del 1972, per essere poi accantonati di nuovo sino alla fine del decennio.

Il primo testo a parlare diffusamente di Popeye, di Segar e della trasposizione in film animati delle gesta del marinaio dal cazzotto granitico è redatto dal giornalista caricaturista e storico delle arti visive Enrico Gianeri (1900-1984), che si firma Gec. Lo fa nell’anno di grazia 1959, come attesta la data della sua illustrazione sistemata sulla sovraccoperta del libro, con la testa di un Braccio di Ferro incastonato fra Topolino e altri personaggi. La copertina è invece riservata a Fantoche, il pupazzetto stilizzato del pioniere francese dell’animazione Émile Cohl (1857-1938).

Pubblicato da Omnia, il fondamentale quanto sottovalutato saggio di Gec si intitola Storia del cartone animato ed è il primo tentativo italiano di addentrarsi in questo tema magico, poco considerato e alquanto ignoto. Di Popeye, Gec propone una intera tavola autoconclusiva disegnata da Doc Winner e un excursus abbastanza articolato, ma pieno di approssimazioni e di ingenuità, che all’epoca sono del tutto giustificabili. Gec si barcamena su Braccio di Ferro, Olivia, sulla presunta committenza di film animati pubblicitari da parte dei coltivatori di spinaci di Cristal City, sulle origini del coinvolgimento nei cartoons di Popeye del produttore Max Fleischer e dei suoi tre fratelli.
Sono tutti argomenti che prima di allora nessuno aveva considerato seriamente in modo esteso, e che Gec affronta con un linguaggio un po’ beffardo venato di cripticità: quella tipica del suo stile satirico con il quale gli studiosi di questi mondi fantastici entrano in confidenza anche per gli altri due saggi importantissimi da lui redatti più o meno nello stesso periodo: Storia della Caricatura europea(1967) e la monumentale Enciclopedia dell’umorismo (1964), alla quale contribuisce sotto la guida del curatore Guasta (Guglielmo Guastaveglia).

Della trasposizione di Popeye nella celluloide, delle vicendi rocambolesche dei Fratelli Fleischer e quindi della parabola televisiva del mangiatore compulsivo di spinaci tratteremo anche noi nel corso della presente collana, alla luce degli approfondimenti compiuti nel settore in questi ultimi decenni. Ma intanto, di questo primo saggio su Braccio di Ferro stupisce un certo modo, oggi abbastanza anacronistico, di romanzare gli avvenimenti semplificandoli, riducendoli a una cronaca umoristica dei fatti, senza nemmeno citare una entità coinvolta profondamente, in tempi diversi, nella trasposizione di Popeye dalla carta stampata ai film animati: l’agenzia di distribuzione King Features Syndicate (K.F.S.), che sulla serie Thimble Theatre ha la giurisdizione piena sin dalla sua creazione.

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Dal passaggio in base al quale nel testo di Gec si dichiara l’arcaico nome francese di Popeye, Mathurin, deduciamo che il ricercatore fiorentino, avvocato, giornalista, caricaturista e vignettista satirico, sta attingendo a una fonte di Oltralpe, evidentemente influenzata dallo stile suggestivo del feuilleton.

Popeye

Sorprendenti le interpretazioni riportate da Gec, semplice traduttore oppure elzevirista dalla briglia sciolta, sul tipo di quella che segue:
«In chiave politica, Popeye impersonerebbe l’USA, mentre la filiforme e sballottata “fidanzata” Olive raffigurerebbe l’Europa e il pauroso gigante che si precipita demolitore contro Popeye rappresenterebbe il Blocco Orientale. È noto come in ogni suo film, Popeye finisce col perdere la “fidanzata”, col ricevere un fracco di pugni dall’avversario,sinché non ricorre al miracoloso barattolo di spinaci. Gli spinaci sono il simbolo dell’ottimismo degli Stati Uniti, ottimismo che decuplica le loro forze e procura loro enormi bicipiti. Atomici. Recentemente sono apparse sui muri di New York imperiose scritte: “È giunta per noi l’ora degli spinaci!”. Slogan che incitava anche Mac Arthur ai tempi del conflitto coreano.»

VITERCOMIX

Location delle mostre di Vitercomix:
-Ex Mattatoio in via Faul, 22 (mercato, artist alley, area self, games, burattini, evento Popeye90)
-Spazio Attivo Lazio Innova in via Faul, 24 (lectio magistralis, modellazione 3D, food trucks)

La presenza di una fiera del fumetto rappresenta per molti un grandissimo “bonus aggiuntivo” per la città medievale di Viterbo, un’ulteriore offerta turistica che alla sua prima edizione è riuscita a coinvolgere migliaia di persone persone. Ora, non ci resta che fare un grandissimo in bocca al lupo a Diego Lazzari, Marco Cannavò e Sergio Insogna, la mente dietro al progetto, per il proseguimento dei loro lavori.

Zorro Miorelli