Quindi, non solo in Italia, in generale, si legge sempre meno, e di conseguenza ne risentono anche i fumetti… A quanto pare, l’incapacità di pensare e di articolare discorsi sensati si espande a macchia d’olio in tutto quello che fu il mondo civile. Quotidianamente ne cogliamo i corrotti frutti.
Riusciremo, con tanta buona volontà, a invertire la tendenza, o quantomeno a fermare la perniciosa deriva che conduce a una rarefazione preoccupante di esercizi neuronali per intere generazioni?
Ulteriore e più specifica domanda (giungendo a bomba): cosa accade ai fumetti Disney, nel mondo?
Ovviamente, noi che lavoriamo (anche) in questo settore e che abbiamo gli appartamenti e i dischi esterni traboccanti di albi, libri e immagini Disney, dobbiamo farci qualche domanda, con preoccupazione. Intanto ha detto “Stop!”, come il vecchio Big Ben di Enzo Tortora, la leggendaria Editora Abril, dal 1950 casa editrice e produttrice di fumetti Disney sotto la guida di Victor Civita (9 febbraio 1907 – 24 agosto 1990, ritratto sotto nella foto d’epoca), fratello di Cesare, già braccio destro di Arnoldo Mondadori.
Dopo un bel po’ di chiacchiere circolate nei mesi scorsi, venerdì 8 giugno sarebbe stato il giorno effettivo della chiusura ufficiale dei battenti per la produzione di albi con Topolino, Paperino e compagni.
I fascicoli con data di copertina di luglio 2018 saranno gli ultimi.
In particolare O Pato Donald (1844 numeri in 68 anni), Mickey (911 numeri in 66 anni), Zé Carioca (1331 numeri in 57 anni), Tio Patinhas (637 numeri in 55 anni) e tutto il resto, comprese le versioni locali delle splendide collezioni con le opere di Barks, Gottfredson e Don Rosa.
Per raccontare per intero l’origine della storia, bisogna risalire all’Editorial Abril di Buenos Aires, che pubblica, in data 18 luglio 1944, il primo numero della rivista settimanale El Pato Donald y Otras Historietas (“El Pato Donald” è, naturalmente, Paperino).
La pubblicazione viene ideata dal già citato intellettuale italiano Cesare Civita, di origine ebraica. Per questa sua connotazione era stato costretto a emigrare prima negli Stati Uniti e poi in Argentina dopo che in Italia, sotto il regime fascista, era iniziata la persecuzione antisemita.
Le 52 pagine della rivista El Pato Donald y Otras Historietas contengono storie made in USA (fra cui, nel primo numero, Bambi’s Children, del nostro amato Ken Hultgren), ma non solo di ambito disneyano.
Quando l’azienda di Burbank chiede di attenersi strettamente a fumetti Disney, si pone il problema di reperire materiale sufficiente a tenere in piedi un settimanale. Così, Civita si rivolge a un fumettista locale, Luis Destuet, che l’anno seguente sforna le sue prime storie.
Nel 1945, l’anno dei Tre Caballeros, esce la prima storia, a puntate, di produzione argentina. Si tratta di Donald el gran goleador, dove Destuet, con i Nipotini e Pietro Gambadilegno, lancia anche il primo personaggio disneyano creato in Sudamerica: il grosso atleta (calciatore, per il momento) Angelito Miraflores, tutto muscoli e niente cervello. Negli anni seguenti, usciranno altre storie (tradotte anche all’estero) di argomento sportivo, fra cui Donald y el “Cachascan”, Donald futbolista (sempre di calcio stiamo parlando).
Nel frattampo, la Abril pubblica altre testate disneyane, come La Gran Historieta (dal 1946) e Los Pequenos Grandes Libros (versione tradotta e adattata dei Big Little Books americani della Whitman.
Sempre grazie all’argentino Destuet, nel 1950 esce la storia a fumetti Donald fazendeiro, ambientata in Brasile; in questo caso, per la prima volta, viene messo in scena da un fumettista sudamericano il personaggio di Josè Carioca, che in seguito spopolerà sulle pagine degli albi della Abril. Alla fine dell’anno, Destuet si cimenta anche con tavole a fumetti di Ezechiele Lupo e Lupetto (“El Pequeno Lobo Feroz”).
E veniamo a Victor, che nel 1950 segue l’esempio dell’Editorial Abril e fonda in Brasile, a San Paolo, la quasi omonima Editora Abril, con la quale pubblica il periodico a fumetti O Pato Donald, al quale abbiamo accennato sin dall’inizio di questo breve e funesto pezzullo. Le 82.370 copie della tiratura del suo primo numero vanno esaurite in pochi giorni, segnando un record per l’editoria locale.
E oggi…
SIGH!