Fermi tutti!
La più longeva rivista da edicola che parla di fumetti, disegni animati, illustrazione e arti annesse, Fumo di China, ha superato da poco il traguardo del 250° numero, con la copertina che riproduciamo sotto.
Quella in apertura di post è invece la copertina successiva, di imminente uscita in edicola, dedicata al critico e studiso di fumetti, “un libro dopo l’altro” Franco Fossati, al quale è intitolata la notissima fondazione milanese (FFF), che tra le altre cose gestisce lo Spazio WOW , sotto la direzione del comune amico Luigi F. Bona.
La copertina, che richiamare l’attenzione sullo stato non esattamente florido della critica fumettistica italiana, è disegnata dall’ottimo Bruno Cannucciari. Entrambi vi sono ritratti: Franco e Bruno, che già interpretarono una simpatica serie di fumetti pubblicati da Lupo Alberto.
Il momento è propizio per una intervista a Loris Cantarelli, dal 1995 collaboratore fisso della testata e dal 2012 direttore editoriale del mensile di cui parliamo, l’immaginifico quanto imprescindibile Fumo di China.
Quello che iniziamo con Loris è appena l’inizio di una conversazione, abbozzata di persona in svariate occasioni recenti anche con altri colleghi, studiosi di Fumetto, saggisti, lettori irriducibili, costanti frequentatori di edicole e di comics shop. Certamente lo riprenderemo in questo blog, ma anche nelle varie occasioni d’incontro offerte dalle manifestazioni specializzate dei prossimi mesi, mentre le edicole chiudono i blog vacillano, soppiantati dai più disinvolti (e superficiali) social network.
Dopodiché, dedichiamo il prossimo post a un altro capitolo della critica a fumetti italiana, oggi, con la premiazione di Andrea Sani per il suo saggio su Blake & Mortimer pubblicato da Alessandro Distribuzioni.
Cominciamo con le congratulazioni a te e a tutto lo staff vecchio e nuovo, dai direttori editoriali ai redattori che ti hanno preceduto. Fumo di China è ancora in edicola con il suo n. 250, ma nella sua storia editoriale vanno considerate anche le sue precedenti incarnazioni, che non sono state conteggiate nella numerazione, decorrente dal primo fascicolo distribuito nelle edicole.
Prima, che cosa c’era stato? Quali sono stati i prodromi del FdC “di grande formato”, al quale ci siamo abituati da quasi trent’anni?
In realtà nella pagina del sommario accanto all’editoriale è tuttora ben visibile un secondo numero fra parentesi, proprio per tenere presente tutto il lavoro che sta alle spalle, come si faceva già in copertina negli 8 brossurati in formato “libretto” editi da Alessandro Distribuzione nel 1987-89…
Ci è sempre sembrato giusto rendere non solo idealmente omaggio alle centinaia di contributors che si sono avvicendati nei decenni, a partire dalla “banda dei quattro” che partirono nel febbraio 1978 con l’allora Bollettino del Club Giovani Amici del Fumetto di Bologna: Andrea Magoni, Franco Spiritelli, Andrea Plazzi e Mauro Marcheselli!
Si sa chi ha inventato il nome della testata? E chi ne ha immaginato il formato, tutt’altro che tipico?
Per il Salone di Lucca di fine ottobre 1980 si decise di dare una veste ancora più professionale alla fanzine (che pure aveva dimostrato fin dal primissimo numero con un intervista a Magnus un approccio pur da appassionati ma non fine a se stesso) scegliendo anche un nome vero e proprio. Fu il buon Franco Busatta, che si firmava Bus (come Spiritelli fu subito Spiri), ad avere l’intuizione vincente… chissà, magari un giorno scopriremo che Plazzi ha conservato un fogliettino con le altre proposte, sarebbe divertente!
Il formato da edicola di dieci anni dopo fu invece una saggia decisione di Marcello Toninelli, che con alcuni soci come Paolo di Pietrantonio decise di costituire le edizioni NED 50 unendo le forze con la prozine FoxTrot! dove proponevano i propri fumetti inediti come vetrina insieme a Stefano Casini: con il suo formato (rimasto immutato fin dall’esordio nel novembre 1989) ha sempre “svettato” nel marasma di offerte editoriali giungendo fino a noi… suscitando anche qualche tentazione di emulazione da parte di testate affini!
In oltre un quarto di secolo (la qual cosa mi fa rabbrividire!) siete stati costantemente presenti in edicola, apportando migliorìe, rettificando il tiro più volte, introducendo l’illustrazione e il cinema di animazione, adeguandovi alla convivenza con il web, dai cui contraccolpi molte pubblicazioni non sono uscite vive o non sono addirittura mai nate, abortendo dopo la progettazione. Non è un caso che l’orizzonte delle riviste a fumetti (CON fumetti e SUI fumetti) sia attualmente deserto…
In effetti il discorso della durata è stupefacente, come direbbe un amante dell’Uomo Ragno o qualche drogato non solo di fumetti… è anche per questo che non ci siamo mai stancati di ricordare come il risultato vada convidiso con tutti quelli che negli anni hanno prestato un servizio impagabile – e rimasto per lo più impagato… ma almeno sapendolo prima!
In realtà, a ben guardare, colpisce anche quanti articoli, riletti oggi perfino con il senno di poi, siano ancora godibili e abbiano un valore non soltanto storico e documentale. Perfino ai tempi in cui si parlava soprattutto di fumetto cosidetto “d’autore” e un giovane redattore http://marcolupoi.nova100.ilsole24ore.com/2007/08/30/in-the-beginn-7 di nome Marco M. Lupoi si era inventato la rubrica “Cuore di China” sugli amori dei supereroi, pur di poter parlare di fumetto seriale “made in USA”, si pubblicavano approfondimenti in gran parte ancora validi…
Confesso di aver appreso da quella rubrica l’esistenza di uno dei miei fumetti preferiti: Love & Rockets.
Tra l’altro, credo che la splendida copertina di Bill Sienkiewicz con cui FdC nel 1987 iniziò il breve cammino da brossurato con Alessandro Distribuzioni sia stata la prima copertina supereroistica nella storia della rivista! Oggi per fortuna la diatriba fra “popolare“ e “d’autore” fa sorridere, grazie anche a serie bonelliane come Mister No, Ken Parker, Martin Mystère, Dylan Dog… però all’epoca fra amanti del fumetto ci si accapigliava appassionatamente.
Sulle riviste, mi colpisce sempre che – come per i “neri” dopo Diabolik – è rimasta solo la capostipite linus, anche se con caratteristiche molto diverse… in compenso ci sono state tante contaminazioni su riviste cinematografiche come Ciak, Best Movie, Film TV dove, pur a partire dalle controparti su grande e piccolo schermo, non sempre riuscite ma con moduli narrativi molto similari, il nuovo millennio e le nuove generazioni nelle redazioni hanno portato una maggior apertura al mondo dei fumetti, non soltanto con recensioni ma anche con qualche intervista e tavole inedite.
Poi c’è il fulgido esempio di Internazionale, che ha portato l’attenzione in recenti iniziative come gli articoli di Ferruccio Giromini su Pagina 99, le produzioni e gli articoli su La Lettura con il Corriere della Sera, nonché le storie sull’ottimo Origami www.origamisettimanale.it, nato da La Stampa su ispirazione dell’analogo le1 http://le1hebdo.fr (ideato già due anni fa da ex giornalisti di Le Monde), oltre alla recente Flag Press di Ratigher http://ratigher.blogspot.it/2016/06/flag-press.html… insomma, per chi ha tempo e pazienza di approfondire, non c’è tutto questo deserto.
Semmai il vero problema è l’overdose di informazioni, per cui una rivista è quanto mai necessaria… e anche più di una! Ecco perché non vedo una reale concorrenza fra carta e web: con tutto quel che c’è in giro, c’è spazio per tutti!
L’altra rivista che in questo ampio arco di tempo ha proseguito il suo percorso (Scuola di Fumetto è più recente e specifica, dal 2002) è Fumetto dell’ANAFI, che nasce nel 1992 facendo sèguito a Il Fumetto dell’ANAF dal 1970. Quali sono, secondo te, le principali diversità nella sua funzione, rispetto a “Fumo”?
Be’, anche per ragioni storiche loro sono sempre stati un po’ il nostro modello (ci hanno pure dato il Premio Rino Albertarelli 1983, “per aver seguito con giovanile entusiasmo, sincera passione, garibaldino e disinteressato spirito critico le più recenti vicende del fumetto soprattutto nostrano ed aver così rinverdito la più genuina tradizione del fanzinismo”), anche se con la distribuzione nelle fumetterie e poi lo sbarco in edicola le differenze si sono giustamente accentuate: noi non arriviamo soltanto agli abbonati e al pubblico delle fiere, ma anche a chi segue il fumetto più distrattamente o attirato da sue declinazioni particolari, magari addirittura un unico autore o personaggio.
Il loro lavoro resta sempre ammirevole, compresi i recuperi e i meravigliosi scavi archeologico-filologici grazie ai quali ogni mese si riescono a riempire vuoti clamorosi che tuttora rimangono nella storiografia del fumetto… tu stesso, non stai preparando da anni un volume sul fumetto comico non disneyano in Italia che ormai sarà diventato monumentale?
Ehm, veramente qui le domande le faccio io…
Cogliamo l’occasione per allargare il discorso al tema più generale della pubblicistica e dell’approfondimento sul Fumetto al giorno d’oggi.
Abbiamo superato il mezzo secolo dalla nascita di linus e delle riviste a fumetti che avevano legittimato a livello generale l’attività della critica e dell’informazione sui comics, processo che si evolveva anche attraverso le prozine francesi (penso a Giff-Wiff o a Schtroumpfs, di un giovane ed entusiasta Jacques Glénat) e statunitensi (tutti noi abbiamo letto e amato la Funnyworld di Michael Barrier, per dirne una…).
Nonostante questo traguardo, restano ancora molte zone dell’editoria a fumetti totalmente inesplorate.
Come te lo spieghi?
Purtroppo scontiamo un ritardo atavico, dovuto anche al fatto che ben pochi sono disposti a finanziare tempo e studiosi per ricerche che possono diventare lunghe e quasi mai con uno sbocco editoriale (per non dire commerciale!) immediato… È proprio il caso di dire che ci sono immense praterie inesplorate, dove davvero andrebbe scritto ancora “hic sunt leones”: dai trascorsi di Vittorini e Buzzati, ai “buchi neri” di Buzzelli e Battaglia, ai primi libri a fumetti usciti nelle librerie, Storia degli Stati Uniti a fumetti di Peo (Paolo Ojetti) nel 1965 e L’astronave pirata (1968) di Crepax… senza contare i tanti fermenti che per fortuna covano anche oggi, sotto la cenere di una crisi che prima ancora che economica è culturale.
Anzi, il discorso è perfettamente contiguo all’incuria in cui versa l’immenso patrimonio artistico italiano, che come noto è il nostro petrolio e se fosse ben amministrato potrebbe innestare un circolo virtuoso precisamente sia economico che culturale: altro che l’ignoranza abissale di chi con visione limitata – non a caso perfino un ministro sei anni fa – pensa che “Con la cultura non si mangia”!
Ricordi quando sono usciti i primi, timidi saggi sugli autori di fumetti italiani? Penso alla collana di Mollica e Paganelli degli Editori dal Grifo nei primissimi anni Ottanta, raccolte di contributi sviluppati (spesso in modo non molto profondo) da autori diversi, talvolta sviluppati attorno a un’intervista. Poi subito dopo i “Glamour Book”, anche se erano soprattutto cataloghi illustrati con cronologie. Lavori assolutamente meritori, ma la critica è altra cosa.
Be’, da qualche parte bisogna pur partire… A quei tempi, poi! In questo, il web aiuta molto (un altro motivo per cui un uso intelligente evita la concorrenza): noi stessi, su FdC, abbiamo smesso di fornire le nostre famose cronologie – anche se un piccolo riquadro, su un autore più che su un personaggio, mantiene sempre una sua validità – perché si possono demandare a Wikipedia o altre fonti facilmente rintracciabili da chiunque e dedicare più spazio a un’intervista e all’approfondimento di altri argomenti.
Personalmente, di quei tomi ricordo soprattutto il mio primo libro di approfondimento sul mio mito Attilio Micheluzzi, che divorai con goduria e grazie al quale partii alla caccia di tutte le sue altre opere, oltre a quelle che conoscevo per lo storico il Giornalino e il fugace SuperGulp!…
Sembra che i critici, o gli “osservatori scriventi” (se non vogliamo attribuire a questi studiosi un ruolo che forse è troppo impegnativo e non del tutto pertinente) si siano dedicati a trattare di quello che veniva realizzato proprio dalla nascita di linus in poi, esaltando soprattutto i Maestri attivi dagli anni Sessanta in poi: Crepax, Battaglia, Pratt, e poi Manara, Pazienza e così via.
Dividerei, valendomi dell’accetta, il settore della critica cartacea “storica” in due “tronconi”. I giornalisti che ne recensiscono le storie e le mostre sui giornali generalisti, da edicola, e i saggisti che sviluppano dei discorsi più articolati e complessi. Trovi che ci sia un terzo “troncone”, o magari un quarto? E come valuteresti il primo e il secondo?
Be’, forse si potrebbe pensare a una terza “fenomenologia” rappresentata dal web, che inevitabilmente spinge a una scrittura più veloce quando non superficiale (anche se poi si possono realizzare anche approfondimenti-monstre, oggi più comodamente leggibili su smartphone e tablet), e se vuoi perfino una quarta forma, sminuzzata nei commenti dei social network anche se rancorosa e spesso fuori tema… però io ci vedo anche tanta passione, come e a volte più che attorno a film e serie tv. Sarà la forza dei personaggi (non a caso cannibalizzati da tutti gli altri media), o il fatto che ancor oggi molti sono cresciuti leggendo fumetti (non esiste al mondo un Paese dove la metà della popolazione ha imparato a leggere su un settimanale a fumetti come Topolino!) o che per certi versi è la carta che “resta” di più, in quanto supporto fisico…
Il punto di vista “generalista” svolto sui quotidiani credo rimanga ancora importante tanto quanto quello di specialisti: la divulgazione è quanto mai necessaria nell’overdose di riferimenti odierni, per di più in un Paese a memoria corta come il nostro. Sul web mi sembra ancora si proceda poco più che con un illustre volontarismo, oltre al fatto che paradossalmente ci sono ancora parecchie carenze sul versante minimo dell’informazione… Non mi scandalizzano sui siti i copia-incolla degli stessi comunicati stampa (anche se certo non è bellissimo), ma semmai che nel caso di alcuni editori è tuttora impegnativo anche solo cercare di capire quali sono le ultime novità: basterebbe un sito, una newsletter, un blog, un social network… eppure per un acquirente interessato (figuriamoci uno soltanto potenziale!) sembra ancora una chimera. Considerando certe strozzature della distribuzione e la situazione delle edicole, diminuite di un terzo in dieci anni, è una tattica suicida.
Ecco, appunto. Con la nascita di Internet, anche la Rete si è dedicata ai fumetti, tramite siti e blog.
Quali trovi siano i meriti e i limiti dell’approccio riscontrato sinora nel web in questo settore? Vedi stagnazione e ripiegamento su se stessi o una certa evoluzione dell’approfondimento su autori, serie, linee editoriali e così via, nei siti e nei blog? Tramite i social network ogni giorno si impostano dibattiti e, se non sfociano in risse, pensi che possano essere considerati un contributo di novità alla divulgazione sul Fumetto?
In queste condizioni, sembra quasi che parlare di critica sia l’ultima cosa… Credo fermamente che una maggiore riflessione prima di parlare e soprattutto la mancanza di una voglia di protagonismo siano due condizioni irrinunciabili e purtroppo i due attuali maggiori difetti nella comunicazione via web, palesemente non soltanto per quanto riguarda i fumetti. Ma forse pecco io di understatement, dato che come noto non mi considero un critico, ma semplicemente un lettore che dice la sua…
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Cosa ne pensi della divulgazione degli youtubers, delle loro recensioni on line?
Credo sia semplicemente figlia dei tempi, è un mezzo che i più giovani si son trovati e com’è comprensibile hanno subito iniziato a usare, so che a molti fanno orrore come i primi tempi dei cosplayer (che se non sbaglio proprio quest’anno festeggiano i primi vent’anni in Italia), ma io li ho sempre visti con bonario favore, come chi vede figli o nipoti fare pratica con strumenti nuovi magari per dire cose vecchie… ma ripeto, nel marasma di dis-informazione attuale tutto può servire. Più imbarazzanti sono i comportamenti di certi editori che, di fronte alle loro vendite risicate, corrono dietro a questi ragazzini solo per il numero di follower e visualizzazioni sperando di ricavarne profitto…
Diciamo che per ora tenderei a stendere il classico velo pietoso, poi vediamo come si evolve la situazione.
Parliamoci chiaro: una delle ragioni di questa intervista è il nostro comune amore per la carta, che (a mio avviso) non può essere sostituita o soppiantata dalla rete, nemmeno nel campo della pubblicistica sui fumetti. Mi piacerebbe molto una manifestazione, o una mostra, che ne tesse le lodi e ne evidenzia i meriti…
Be’, qualcosa (http://video.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2016/repidee-calabresi-con-de-mauro-e-martinetti-ha-un-futuro-il-giornale-di-carta-integrale/242961/242974) si è visto alla recente “Repubblica delle Idee”, dove persino un giovane come Fedez ha detto esplicitamente ( http://video.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2016/repidee-fedez-e-michele-serra-parole-vecchie-parole-nuove-integrale/242859/242872 ) che preferirebbe tornare al cartaceo, “perché c’è una selezione migliore rispetto al digitale”…
Come la tv non ha ucciso il cinema e il web non ha ucciso la radio, ma ogni mezzo ha influenzato l’altro modificandolo, credo proprio che la carta abbia ancora un presente e un futuro indispensabili… senz’altro con numeri doversi rispetto ai tempi d’oro (che poi sono durati molto meno di quanto si dica abitualmente): tutto sta a uscire dalle vecchie logiche, integrare cum grano salis le nuove tecnologie e calibrare meglio quanto si scrive. Il limite è rimasto ancora il cielo!