Rubano anche la libertà, rubano anche la democrazia.
Oggi, i giornalisti mettono in condizione chiunque di ascoltare le manovre furtive di costoro, i loro fruscii nelle tasche altrui, facendo il silenzio tutt’intorno.
Non usciranno i quotidiani (a parte – forse – quelli palesemente “venduti”), taceranno i notiziari televisivi e radiofonici, resteranno fermi i siti internet e i blog responsabili per lo sciopero nazionale dei giornalisti contro la Legge Bavaglio voluta dal capo del Governo nel disprezzo di chiunque altri non è “se stesso”.
Lo sciopero è una protesta straordinaria e insieme la testimonianza di una professione, quella giornalistica, che vuole essere libera per offrire ai cittadini informazione leale e la più completa possibile. Una protesta che si trasforma in un “silenzio” di un giorno per evidenziare i tanti silenzi quotidiani che il “ddl intercettazioni” imporrebbe se passasse con le norme all’esame della Camera, imposte sin qui dal Governo e dalla maggioranza parlamentare.
Molte notizie e informazioni di interesse pubblico sarebbero negate giorno dopo giorno fino a cambiare la percezione della realtà, poiché oscurata, “cancellata” per le norme di una legge sbagliata e illiberale che ne vieterebbe qualsiasi conoscenza.
Giornalisti, ma anche gli editori e migliaia di cittadini, da mesi denunciano le mostruosità giuridiche del “ddl intercettazioni”.
Sono state anche avanzate proposte serie per rendere ancora più severa e responsabile l’informazione nel rispetto della verità dei fatti e dei diritti delle persone: udienza filtro per stralciare dagli atti conoscibili le parti relative a persone estranee e soprattutto alla dignità dei loro beni più cari protetti dalla privacy; giurì per la lealtà dell’informazione che si pronunci in tempi brevi su eventuali errori o abusi in materia di riservatezza delle persone; tempi limitati del segreto giudiziario; accessibilità alle fonti dell’informazione contro ogni dossieraggio pilotato.
Si tratta di «una scelta obbligata e senza alternative, in mancanza di fatti nuovi che avrebbero potuto far cadere le ragioni della protesta» ha spiegato il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi.
«Lo sciopero è un mezzo e non un fine che per noi resta quello di far arretrare una legge sbagliata».
«Sappiamo che alcuni giornali, per condizioni ideologiche o questioni di militanza, non aderiranno allo sciopero. Noi ci appelliamo perché questa è una battaglia di tutti. Quanto più una protesta è fragorosa più il risultato è forte».
Lo sciopero, con la giornata del silenzio, è espressione di indignazione, di partecipazione, di richiamo responsabile a principi e valori che debbono valere in ogni stagione. Lo sciopero è un momento della protesta e dell’azione incessante che proseguirà, fino al ricorso della Corte europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo, qualora la legge fosse approvata così com’è.
Lo sciopero è anche segnalazione di un allarme per una ferita che si aggiungerebbe ad un sistema informativo che patisce già situazioni di oggettiva difficoltà e precarietà non solo per la crisi economica, ma anche per una politica di soli tagli che rischiano di allargare bavagli oggi altrimenti invisibili.
L’informazione è un bene pubblico, non è un privilegio dei giornalisti, né una proprietà dei padroni dei giornali e delle televisioni, né una disponibilità dei Governi. E per i giornalisti non è uno sciopero tradizionale contro le aziende, ma un atto di partecipazione e di sacrifico della risorsa professionale per la difesa di un bene prezioso, dei cittadini, proclamato con un silenzio che vuol parlare a tutti
Cartoonist Globale, dal canto suo, non si illude: chi è venduto è venduto (già da tempo) e oggi lavorerà.
Dobbiamo segnarlo con l’indice, tenerlo a mente, senza dimenticare il suo nome, magari sarà bene appuntarcelo su un taccuino a futura memoria e, se malauguratamente anche nei decenni a venire incontreremo questo figuro, gli rinfacceremo il fatto di essere stato, oggettivamente, un v-e-n-d-u-t-o, come il 9 luglio 2010 ha SAPUTO dimostrare all’Universo mondo.