L’ALLEGRO DROMEDARIO

Image1 Rubano anche la libertà, rubano anche la democrazia.
Oggi, i giornalisti mettono in condizione chiunque di ascoltare le manovre furtive di costoro, i loro fruscii nelle tasche altrui, facendo il silenzio tutt’intorno.

Non usciranno i quotidiani (a parte – forse – quelli palesemente “venduti”), taceranno i notiziari televisivi e radiofonici, resteranno fermi i siti internet e i blog responsabili per lo sciopero nazionale dei giornalisti contro la Legge Bavaglio voluta dal capo del Governo nel disprezzo di chiunque altri non è “se stesso”.

Cammello

Renzo-Carlo Savi

Lo sciopero è una protesta straordinaria e insieme la testimonianza di una professione, quella giornalistica, che vuole essere libera per offrire ai cittadini informazione leale e la più completa possibile. Una protesta che si trasforma in un “silenzio” di un giorno per evidenziare i tanti silenzi quotidiani che il “ddl intercettazioni” imporrebbe se passasse con le norme all’esame della Camera, imposte sin qui dal Governo e dalla maggioranza parlamentare.

Molte notizie e informazioni di interesse pubblico sarebbero negate giorno dopo giorno fino a cambiare la percezione della realtà, poiché oscurata, “cancellata” per le norme di una legge sbagliata e illiberale che ne vieterebbe qualsiasi conoscenza.

Giornalisti, ma anche gli editori e migliaia di cittadini, da mesi denunciano le mostruosità giuridiche del “ddl intercettazioni”.

Sono state anche avanzate proposte serie per rendere ancora più severa e responsabile l’informazione nel rispetto della verità dei fatti e dei diritti delle persone: udienza filtro per stralciare dagli atti conoscibili le parti relative a persone estranee e soprattutto alla dignità dei loro beni più cari protetti dalla privacy; giurì per la lealtà dell’informazione che si pronunci in tempi brevi su eventuali errori o abusi in materia di riservatezza delle persone; tempi limitati del segreto giudiziario; accessibilità alle fonti dell’informazione contro ogni dossieraggio pilotato.

Si tratta di «una scelta obbligata e senza alternative, in mancanza di fatti nuovi che avrebbero potuto far cadere le ragioni della protesta» ha spiegato il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi.

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«Lo sciopero è un mezzo e non un fine che per noi resta quello di far arretrare una legge sbagliata».

«Sappiamo che alcuni giornali, per condizioni ideologiche o questioni di militanza, non aderiranno allo sciopero. Noi ci appelliamo perché questa è una battaglia di tutti. Quanto più una protesta è fragorosa più il risultato è forte».

Lo sciopero, con la giornata del silenzio, è espressione di indignazione, di partecipazione, di richiamo responsabile a principi e valori che debbono valere in ogni stagione. Lo sciopero è un momento della protesta e dell’azione incessante che proseguirà, fino al ricorso della Corte europea di Strasburgo per i diritti dell’uomo, qualora la legge fosse approvata così com’è.

Lo sciopero è anche segnalazione di un allarme per una ferita che si aggiungerebbe ad un sistema informativo che patisce già situazioni di oggettiva difficoltà e precarietà non solo per la crisi economica, ma anche per una politica di soli tagli che rischiano di allargare bavagli oggi altrimenti invisibili.

L’informazione è un bene pubblico, non è un privilegio dei giornalisti, né una proprietà dei padroni dei giornali e delle televisioni, né una disponibilità dei Governi. E per i giornalisti non è uno sciopero tradizionale contro le aziende, ma un atto di partecipazione e di sacrifico della risorsa professionale per la difesa di un bene prezioso, dei cittadini, proclamato con un silenzio che vuol parlare a tutti

Cartoonist Globale, dal canto suo, non si illude: chi è venduto è venduto (già da tempo) e oggi lavorerà.

Dobbiamo segnarlo con l’indice, tenerlo a mente, senza dimenticare il suo nome, magari sarà bene appuntarcelo su un taccuino a futura memoria e, se malauguratamente anche nei decenni a venire incontreremo questo figuro, gli rinfacceremo il fatto di essere stato, oggettivamente, un v-e-n-d-u-t-o, come il 9 luglio 2010 ha SAPUTO dimostrare all’Universo mondo.

  • Lucietta |

    Dott. Mannocchi, mi son comperata Aperture 3. E’ costato 200euroni ma m’importa ‘na sega tanto sono nell’ordine d’idee di morì quanto prima.Per ammortizzare l’ingente spesa,dopo averlo installato ed averci inteso qualcosa,fotograferò anche il ciborio.
    Te lo ricordi il ciborio? Se sei dottore, dottor Mannocchi,te lo devi ricordare. Oggi sono anche stata in un sito credo per cuori solitari. C’ho incontrato uno di Poggio a Caiano che sembrava adatto per andarci a mangiare il Cacciucco.
    Ma non è stato possibile prendere accordi perchè quel sito meretore voleva un compenso per farmi leggere la risposta del poggioacaianese alla mia mail. Credo in soldi veri,dato che con quelli finti che mi avevano dato all’ingresso non ho potuto far nulla. E’ un mondaccio Mannocchi mio,pensi poi che quasi tutto quello che stò trovando inerente ad Aperture 3 è in Inglese.
    E ci capisco dimolto io se un Tutorial mi ragiona straniero.
    Buonanotte Mannocchi,pensi a me mi raccomando quando le avanza un’altro bell’articoletto. O dela zuppa di totano.

  • Loreno P. |

    Il nome da ricordare, come v-e-n-d-u-t-o, come servo del Capo, c’è. E c’è quello di tutti i giornalisti che l’hanno seguito, essendo il v-e-n-d-u-t-o, un direttore di Giornale (non è un caso che mi sia “sfuggita” la “g” maiuscola).
    Che novità! I servi sono servi sempre, e qualcuno vuol dimostrare di avere una lingua così lunga, larga e ampia da non poter essere considerato nella sua categoria, quella dei “giornalisti”.
    Propongo di chiamare le cose con il loro nome, altrimenti si fa confusione.
    Quello del “Coso” fatto da servi, pagato dal “nemico”, dall’imbavagliatore, d’ora in poi si chiamerà “Il Servo della Gleba”.

  • Ezzelino |

    Ho trovato un commento fantastico di Giorgio Bocca che dice esattamente questo, ma lo fa in modo più esplicito:
    Giù la maschera.
    Quello che vuole, che pretende la maggioranza al potere è l’impunità totale, il silenzio sui suoi furti e malversazioni. Ai tempi di tangentopoli la maggioranza al potere si accontentava di far passare i suoi furti per legittima pubblica amministrazione.
    http://www.repubblica.it/politica/2010/06/12/news/bocca_intercettazioni-4778644/index.html?ref=search
    Al tempo di tangentopoli i socialisti craxiani ma anche quelli di altri partiti avevano nascosto i furti per mezzo della politica nei conti “protetti” cioè segreti in Svizzera a Singapore a Hong Kong. E avendo messo il bottino al sicuro si erano tolti anche il gusto di prendere per i fondelli i loro concittadini con la tesi assurda che l’autofinanziamento dei partiti non era solo una necessità ma un dovere di chi si faceva carico di amministrare lo Stato e la democrazia.
    Oggi nella Italia berlusconiana il furto attraverso la politica è scoperto, normale.
    Appena si può si ruba e viene il sospetto che sia avvenuta una mutazione antropologica, che la maggioranza al potere sia convinta che l’uso della politica per rubare sia non solo normale ma lodevole e che le istituzioni abbiano il dovere di proteggerlo.
    L’Italia un tempo paese dei misteri, delle società segrete, delle congiure massoniche sotto l’egida del cavaliere di Arcore sta diventando una democrazia autoritaria dichiarata e compatta a difesa dei suoi vizi e dei suoi furti.

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