LA DOCCIA FREDDA DELLE EDICOLE CHIUSE

Edicolante
Signori, questo non è un post definitivo sul tema, ma solo un reminder, a gentile richiesta.
Solo oggi, 97 contatti in questo augusto ma frustracchiato blog sono andati in direzione di un vecchio post del 2012 sulla crisi funesta e irreversibile delle edicole in Italia.
Non è strano? Questo tema attanaglia le trachee di tanti operatori del settore (fumettanti compresi?).
Forse che sì.
Più tardi verifichiamo.
edicola
Cosa accade oggi?
Le edicole rimaste in tutto lo Stivale sono circa trentamila.
Un articolo di Silvia Pieraccini pubblicato sul Sole 24 Ore a questo link, tratta questo argometo in base ad alcuni risultati di buon senso emersi dall’11esimo congresso nazionale di Snag (il sindacato autonomo giornalai aderente a Confcommercio), tenutosi a Firenze lo scorso aprile.
“Siamo pronti a cambiare prima che altre serrande restino abbassate – ha sottolineato il presidente di Snag, Armando Abbiati – ma anche gli editori e i distributori di giornali devono cambiare, pensando a spalmare il valore aggiunto lungo tutta la filiera”. “Non vogliamo sopravvivere ma crescere – ha aggiunto Abbiati – per dare un futuro alla nostra rete fisica di punti vendita, che copre tutto il Paese ed è un grande patrimonio di relazioni e di presidio del territorio”.
Sulle ricette per rivitalizzare le edicole e aumentare le vendite, però, i suoni tra gli anelli della filiera non sembrano ancora accordati. Gli editori spingono per l’informatizzazione, che permetterebbe di conoscere in tempo reale quanti giornali sono stati venduti: “Per rendere più efficiente la distribuzione è indispensabile informatizzare le edicole – ha spiegato Fabrizio Carotti, direttore generale di Fieg (Federazione editori giornali) – in questo modo avremo più fidelizzazione dei clienti e più chance per fare campagne pubblicitarie mirate, con l’obiettivo condiviso da tutti di aumentare le vendite”.
“Il Governo ha stanziato 10 milioni di euro di credito d’imposta per le edicole che si informatizzano – ha aggiunto Corrado Corradi, direttore generale del gruppo editoriale L’Espresso – il fallimento dei progetti di informatizzazione del passato non deve scoraggiare, perché quelli non consentivano di avere la condivisione dei dati in tempo reale”.
Alla ricerca di sinergie per non far chiudere le edicole e non perdere ulteriori copie vendute guarda anche Upa (Utenti pubblicità associati), che col direttore generale Giovanna Maggioni sottolinea “i ritardi strutturali” del settore nel dare le informazioni di vendita.

Il titolo del pezzo registra una realtà desolante: diecimila edicole in meno in Italia in dieci anni circa.
Per chi non aveva presente questi dati è una doccia anche più fredda dei vari gavettoni di questi ultimi mesi (sla o non sla, che è un argomento – purtroppo – del tutto secondario in questa ridda di esibizioni).
Ecco Neil Gaiman, che si doccerebbe così se sapesse che i suoi albi a fumetti, in Italia, raggiungono 1omila edicole in meno di quando li editava, nel 2004, la Magic Press.

Ecco come reagisce alla notizia la diva cinematografico-videografica shakespeariana Dana De Armond.

Nel 2012 avevo tentato di embeddare direttamente un servizio del Corriere della Sera, interessante perché riguarda(va) tutti quanti noi, poveri lavoratori (so it is) per il mercato delle edicole.

Si parlava di distribuzione, di disfunzioni, di riviste mandate al macero, di gravami economici insopportabili per gli editori, per gli edicolanti… un po’ per tutti.

Se qualcuno, per ragioni di plug-in o di connessione, avesse avuto problemi a visionare il tutto da qua, poteva direttamente collegarsi al link di Corriere TV e farlo dalla “sede propria”.
http://www.corriere.it/inchieste/reportime/societa/sos-edicole-chiudono/cfd59252-9e58-11e1-b8e5-2081876c6256.shtml#.T7Om_l1CVP0.typepad

Vendesi

In progress: cercando di evitare una violazione di copyright, dovuta al fatto che si è autoembeddato esattamente tutto (articolo, video, pubblicità, commenti: l’intera pagina del Corriere che riguarda questo argomento; e mi sembra un po’ troppo), meglio indicare solo il link del servizio, curato da Bernardo Iovene con la collaborazione di Antonella Cignarale.

Sos: le edicole chiudono – Video – Corriere TV.

Il dato, che avevamo lanciato con allarme anche nei vari convegni relativi allo stato delle cose (del mercato, soprattutto) dei fumetti in Italia, è che ben diecimila edicole sono state chiuse, e non certo per scelta gioiosa degli edicolanti, negli ultimi anni. Uno dei problemi principali sta nel fatto che gli edicolanti devono pagare in anticipo quello che non vendono.
Nel video si vede anche che tonnellate di carta (milioni di alberi uccisi e di ossigeno eliminato) tornano agli editori.

Intanto, sempre più cinesi acquistano cash (con quali soldi, viene da domandarsi? Provenienti da dove e da chi?) le edicole dismesse e senza sapere una parola di italiano svolgono malissimo il loro lavoro, a danno dei lettori e degli editori (di tutta la filiera, in realtà).

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Capita anche nelle vostre città?

Nel servizio del Corriere si affronta, dicevamo sopra, il rapporto di lavoro con il rispettivo distributore locale.

Il segretario nazionale del Sinagi specifica: «In diverse zone d’Italia molti distributori chiedono arbitrariamente ai rivenditori una percentuale per coprire le spese di trasporto e consegna merce. Un ricatto rivolto ai piccoli punti vendita, localizzati per lo più nelle frazioni e che svolgono un servizio di utilità sociale, spesso con un basso livello di guadagno».

Prosegue l’articolo di Iovene: Secondo l’accordo nazionale i distributori devono assicurare il servizio di consegna franco punto vendita e i costi richiesti per il trasporto sono illegittimi.
Nel 1994 si è cercato un equilibrio per risolvere questi casi all’interno della filiera, gli edicolanti hanno rinunciato al 1% del proprio agio per coprire il costo del trasporto su tutto il territorio nazionale.

Una sentenza del tribunale di Tivoli ha rafforzato la validità di tale accordo, chiedendo il risarcimento danni a favore di un rivenditore che per 5 anni aveva pagato una quota al proprio distributore locale per la consegna delle pubblicazioni.
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Gran bei tempi quando i giornali, circa un secolo fa (1915), erano all’avanguardia presentando rutilanti paginoni disegnati nei supplementi domenicali!
Come questo, del grande Swinnerton, con Little Jimmy.

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Dal sito del Corriere già citato prima e anni fa:
«La sofferenza della categoria degli edicolanti dipende anche dal rapporto di lavoro con il rispettivo distributore locale» afferma il segretario nazionale del Sinagi.
«In diverse zone d’Italia molti distributori chiedono arbitrariamente ai rivenditori una percentuale per coprire le spese di trasporto e consegna merce. Un ricatto rivolto ai piccoli punti vendita, localizzati per lo più nelle frazioni e che svolgono un servizio di utilità sociale, spesso con un basso livello di guadagno».
Secondo l’accordo nazionale i distributori devono assicurare il servizio di consegna franco punto vendita e i costi richiesti per il trasporto sono illegittimi. Nel 1994 si è cercato un equilibrio per risolvere questi casi all’interno della filiera, gli edicolanti hanno rinunciato al 1% del proprio agio per coprire il costo del trasporto su tutto il territorio nazionale. Una sentenza del tribunale di Tivoli ha rafforzato la validità di tale accordo, chiedendo il risarcimento danni a favore di un rivenditore che per 5 anni aveva pagato una quota al proprio distributore locale per la consegna delle pubblicazioni.
L’esimio collega Marcello Toninelli interveniva così, in un commento che la non troppo (ormai) nuova policy del Sole ha tristemente occultato e che devo far riemergere “a mano” se voglio farlo leggere:
Alleluja!
Ma dovremmo meravigliarci?
Spesso l’editore, specialmente quelli medio-piccoli, è l’unico “Pantalone” di tutta la filiera: paga i collaboratori (quando lo può e lo fa), paga lo stampatore (al quale “scappa” sempre qualche centinaio o migliaio di copie in più…), paga il distributore (che a volte ti dà dati di vendita sbagliati in eccesso per farti stampare e distribuire di più, tanto lui guadagna anche sui resi, che se eccedono una certa percentuale danno luogo anche a una “multa”… salvo poi darti tutti insieme i dati reali e mandarti gambe all’aria).
Ora, con internet, è chiaro che si è avviata una valanga che, appena arriverà al punto di rottura e franerà a valle, trascinerà con sé, seppellendoli per sempre, distributori cartacei, edicole, fumetterie, librerie… e anche una discreta fetta di editori, che saranno i primi ad andare in sofferenza se non si convertiranno (in maniera remunerativa… mica facile!) al digitale.
Ragazzi, è inutile che ce la raccontiamo: un’epoca sta per finire.
Qualcuno pagherà per la troppa supponenza e ingordigia avute fin qui (la storica A & G Marco è fallita…), altri pagheranno per le colpe degli altri e/o per ingenuità. E del nostro lavoro di scrittori-fumettisti che ne sarà? Mah, gli editori, digitali o cartacei che siano, di contenuti continueranno ad avere bisogno.
Chi al momento del crollo si troverà a cavallo della tigre giusta (o avrà aperto-sperimentato-avviato per tempo una remunerativa attività di autoproduzione in rete… mica facile), forse andrà avanti serenamente.
Per gli altri si preparano di sicuro tempi preoccupanti se non tragici.
Gatto Giallo aggiunge:
Gatto Nero dice che c’è stato un tempo in cui le edicole erano, come valore provato, subito appresso alle farmacie e alle tabaccherie.
C’era una commissione specifica della Fieg (Federazione degli editori di giornai), che valutava periodicamente la ‘convenienza’ dell’apertura di nuovi punti vendita.
C’erano vincoli ben precisi per ottenere l’autorizzazione; commissioni di ispettori valutavano i pro e i contro, relazionando in merito, senza possibilità di pressioni esterne.
Chi otteneva l’OK si trovava con un capitale fra le mani, sborsando soltanto il minimo per un’attrezzatura spartana: un bancone e quattro scaffali.
C’era la ‘cessione’ diretta di ciascun editore a ciascun edicolante, con pagamento del venduto a ricevimento delle fatture.
All’epoca, soprattutto le edicole dei luoghi di villeggiatura, quelle fatture le mettevano da parte, pagando il tutto a fine stagione, dando un ordine di precedenza inversamente proporzionale agli importi da versare; le poche migliaia di lire venivano liquidate presto, i milioni venivano liquidati il più tardi possibile, dopo il Natale successivo e oltre ancora; e dopo innumerevoli solleciti e minacce di sospensione.
Che nel caso dei giornali politici era inapplicabile, poiché avrebbe dato spazio maggiore alla concorrenza. Edicolanti che con questo sistema si sono fatti non case ma palazzi, sono migliaia.
Ci sarebbe da continuare, ma è inutile rivangare il passato, ormai le cose stanno in altro modo e si piange.
O si canta “Quello che non ho”…
Andrea Cara, dagli Stati Uniti, così contribuisce:
Parlavo tempo fa con Sergio, il “mio edicolante di fiducia” e mi raccontava delle stesse fatiche e degli stessi problemi descritti da Susanna più sopra.
In più lamentava di come ormai le edicole fossero diventate dei bazaar, dove si trova veramente di tutto. Dal fumetto alla teiera, dal libro al coltellino.
Oggi Sergio ha smesso. Sono tornato dagli USA e non l’ho più trovato. I suoi colleghi mi hanno detto che non ha retto la fatica e lo stress.
Saluti!!!
La lettrice Susanna cita:
Vi giro questo commento, che il mio edicolante (stupefazione! E’ lui!) ha inviato al Corriere. Anzi, l’ha fatto suo padre.
Ho aiutato per tre anni mio figlio a gestire un’edicola/chiosco: pazzesco! un lavoro di enorme sacrificio con nessun ricavo.
D’accordo il calo delle vendite generalizzato con l’avvento di tutti gli altri strumenti di informazione ecc… ma i distributori locali sono il vero più grande problema: si è totalmente nelle loro mani, possono farti chiudere l’edicola quando vogliono, si avvantaggiano di sistemi di calcolo, rese, storni e trucchi di vario genere che non sono in alcun modo controllabili.
Finalmente qualcuno che lo scrive… ma temo serva a poco, ormai.
Infine (almeno per ora) un commento di Hefrem:
Ciao, lo sapete sicuramente, insomma… Ho visto che il distributore Guglielmo Russo ha scritto una lettera sconfortata e sconfortante in merito alla crisi del settore.
La copio e saluto.
Gentili Signori,
rappresento un piccolo distributore nazionale di stampa periodica specializzata e traggo spunto dalla comunicazione dello Snag Nazionale del 24 Aprile u.s., che smentisce gli accordi locali del 19 Aprile u.s. con il DL New Eagle Press di Roma, per manifestare tutto il mio scoramento per una situazione nazionale non più sostenibile.
Sono scoraggiato perché l’accordo del 19 Aprile u.s. con il dl non mirava certo a modificare una legge, ma l’ho interpretato come un lodevole tentativo, di tutte le parti interessate, a governare una problematica gigantesca qual è, appunto, la resa anticipata.
Sono scoraggiato perché a tantissimi clienti editori, ai quali cerco di trasmettere giornalmente fiducia ed ottimismo, non riesco ad offrire più certezze sulle modalità operative della distribuzione sia delle edicole che dei distributori locali, ma soprattutto non riesco ad offrire soluzioni.
Sono scoraggiato perché tantissimi lettori di riviste specializzate, nonché clienti dell’intera filiera, telefonano lamentando di non trovare più la propria rivista anche presso l’abituale rivendita.
Sono scoraggiato perché molti piccoli e medi editori hanno chiuso molte testate periodiche e si accingono a chiuderne altre a breve.
Sono scoraggiato perché non capisco il motivo per cui questa editoria specializzata distribuita da tutte le aziende di distribuzione nazionale, pur rappresentando nel 2011 nel canale edicola un volume di affari (venduto a prezzo di copertina) di circa ottocento milioni di euro (su un valore complessivo della stampa di circa tre miliardi di euro), sia percepita talvolta “minore“ e “fastidiosa“.
Scusate lo sfogo, ma non sono più disposto a tacere, ad osservare quanto poco o nulla si faccia nelle sedi competenti per risolvere i problemi evidenti che tutti lamentano: edicole, dl, dn ed editori.
Ho l’obbligo di rappresentare il sentir comune di moltissimi clienti editori, tutti preoccupati che il tempo delle chiacchiere, del dire e non dire è scaduto: chiedono velocemente poche regole chiare e realizzabili con l’accordo dei rivenditori e dei distributori locali e nazionali.
Sono qui per offrire il mio piccolo contributo con due concrete proposte:
disponibilità ad un maggior aggio verso i rivenditori che investono sull’attività riqualificando il punto vendita in strutture, tecnologia e servizi;
fornitura in conto deposito, anche per i mensili, con l’impegno dei rivenditori a non restituire anticipatamente il prodotto ricevuto.
Grazie per l’attenzione.
Cordiali saluti.
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