IL SINDACATO GIORNALISTI OGGI IN PIAZZA, CONTRO LA NUOVA LEGGE BAVAGLIO

Garretto

Giornalisti in piazza oggi dalle ore 10 alle 14, davanti al Senato (piazza Navona, vicolo Agonale) contro le nuove “norme bavaglio” che il governo intende introdurre nel disegno di legge sulle intercettazioni.

La decisione è stata assunta dalla Giunta esecutiva della Fnsi (Federazione Nazionale della Stampa Italiana), non appena appresa la notizia degli emendamenti al disegno di legge già approvato dalla Camera che inaspriscono sanzioni civili e penali a carico dei giornalisti, al fine di impedire qualsiasi notizia su inchieste giudiziarie.

La Federazione Nazionale della Stampa ha deciso di convocare in seduta straordinaria il Consiglio nazionale e di invitare i Comitati di redazione alla mobilitazione immediata.

E fa inoltre appello “alla società civile e a tutti i soggetti che hanno già manifestato in più circostanze per il diritto dei cittadini all’informazione a far sentire la loro voce e a sostenere le iniziative contro ogni proposta liberticida”.

Paolo

Il disegno di legge non vieterà solo la pubblicazione delle intercettazioni, ma la pubblicazione “anche a guisa di notizia” di “ogni attività d’indagine”, cioè qualsiasi notizia che sia stata comunicata alla Procura: dall’incidente d’auto agli arresti, dall’invasione di campo di calcio ai dibattiti in Consiglio comunale che vedano notizie di reato.

Il campo delle notizie che verrebbero “silenziate” dall’attuale disegno di legge abbraccia quindi, oltre alla giudiziaria, anche i settori di nera, bianca e perfino lo sport.

Per poter visionare l’analisi del disegno di legge Alfano: www.cronistiveneti.org

Ancora lui

La Federazione è in prima linea insieme all’Associazione Stampa Romana, ad Articolo 21: e, insieme a loro, ci saranno anche il popolo viola, i comitati Boicotta il Biscione e tutti coloro che credono in questa battaglia.

Gelminiaottobre

Le illustrazioni scelte per “ingentilire” questo post sono del grande Paolo Garretto, realizzate negli anni Trenta, con stile modernissimo, per copertine di Vanity Fair.

  • Pietro menduni |

    Mi piacerebbe parlare di Mastantuono e di Alex raymond (si fa per dire), ma il dibattito impostato è interessante. Purtroppo ci coinvolge tutti, fumettari o no.
    Quello sulla libertà d’informazione sulle sorti della mnosytra Repubblica, bastonata dalla Lega e dai Pdiellini retrivi.
    Concordo con Erik nel plaudire Fini, che intanto ha registrato la sua brava intervista.
    Ho letto un lancio d’agenzia della Reuters, da dove penso che emergano cose significative. Qualcosa di logico e accettabile contro i ragionamenti da trogloditi di Berlusconi e dei suoi, che lo attaccano con il giornale di famiglia “Il Giornale” (anche oggi, articoli calunniosi e osceni) e poi mandano Ghedini a dissociarsi. Bella tecnica stalinista. Perfetta.
    Fini dice di non avere alcuna intenzione di “divorziare” da Berlusca ma chiede rispetto per le sue posizioni politiche.
    “Spero che lui rispetti le mie idee, io sbaglio in tantissime circostanze, qualche volta sbaglia anche Berlusconi.
    Non sono alla presidenza della Camera perché ho vinto un concorso o per un cadeau del premier. Non ho nessuna intenzione di dimettermi”, ha detto Fini durante la registrazione di Porta a Porta.
    Fini ha poi aggiunto che intende continuare a difendere il Parlamento criticando il ricorso eccessivo ai decreti legge, che “qualche problema lo crea. Se poi questo si associa al ricorso alla fiducia, il Parlamento si trova davanti a ‘prendere o lasciare'”.
    Il presidente di Montecitorio si è anche soffermato sull’ipotesi che domani l’assemblea del gruppo Pdl alla Camera possa accettare le dimissioni presentate in segno di protesta dal vice Italo Bocchino, usando toni duri.
    “Se domani il gruppo dovesse accettare le dimissioni di Bocchino o peggio sfiduciarlo… Se il buongiorno si vede dal mattino, altro che partito liberale di massa. È un modo di far cadere le teste”, ha detto il presidente di Montecitorio.
    Mi fa piacere che si sia accorto anche lui che il vero fascismo (o stalinismo, come si preferisce) sta dalla parte dei suoi alleati. E le ragioni prer cui fanno così sono di tutt’altra origine che politica.
    C’è chi vuole… scampare a condanne certe, garantite al limone.

  • Eugenio B. |

    La carta europea dei diritti dell’uomo considera l’informazione un «cane da guardia della democrazia», le nuove norme in via d’approvazione in Italia, invece, inaspriscono le pene nei confronti di giornalisti e editori al punto da rendere impossibile il diritto di cronaca su fatti giudiziari.
    Nel testo in Senato, infatti, viene mantenuto il divieto di pubblicazione delle intercettazioni o il semplice racconto del contenuto di esse, anche dopo la caduta del segreto istruttorio.
    È previsto il carcere per il reato di diffamazione (da sei mesi a quattro anni)e le pene pecuniarie sono talmente alte da far tremare non solo le piccole testate ma anche i grandi gruppi editoriali.
    Pazzesco. Segnale di assolutismo berlusconiano. Così funziona quando il Male (che incarna, e questo lo dico per rigirargli in faccia la frittata del manicheismo fra Bene e Male, immane cretinata, che la Destra imbecille sbandiera in continuazione) è al potere.
    Sacrosanta la battaglia dei giornalisti, e simpaticissima la foto con la Gelmini, quella che si è laureata per miracolo, e lo ammette senza vergogna, quindi sfoga le sue frustrazioni sul povero corpo studentesco e sul Paese.
    Tanto cattolica, ma poi, anche lei, ha rapporti extramatrimoniali come ben si sa. Degna amichetta di tutti gli ipocriti che predicano bene e razzolano male. Credibilità della Gelmini: ZERO TAGLIATO.
    Torniamo alla battaglia di oggi.
    In commissione sono stati presentati 73 emendamenti di cui sei di maggioranza. Ad agitare le acque della discussione parlamentare c’è anche la norma sulle «registrazioni fraudolente», che cancellerebbe le possibilità di tante inchieste giornalistiche con telecamera o registratore nascosto, oppure i «fuori onda» che tante volte hanno rivelato il pensiero più schietto di esponenti pubblici.
    Anche i finiani, che hanno annunciato di non volersi mettere «di traverso», pensano di presentare in aula – non sono presenti in commissione giustizia – degli emendamenti: «Quattro anni non si danno per reati molto più gravi», osserva il senatore Maurizio Saia.
    Accolti dal relatore Centaro due emendamenti identici di Li Gotti (Idv) e Longo (Pdl) che semplificano la possibilità di estendere l’intercettazione a un soggetto diverso, se emerga a suo carico un reato.
    Bene, meno male che Fini c’è.
    Non possiamo, davanti ai cialtroni che gli sono alleati, non dirci finiani.

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