JERRY LEWIS E I FUMETTI COMICI

Jerry Lewis Drew

In sintonia con la scomparsa, triste ma inevitabile, di Jerry Lewis, artista eccezionale ma personalità nel contempo fragile, controversa e carica di odio (si dice) per chi osasse fargli osservazioni o disconoscere qualche passaggio della sua carriera, cominciamo finalmente a pubblicare la promessa intervista fattami da Francesco Spreafico (che ringrazio) sul Fumetto comico, in attesa di poter accennare anche alle traduzioni dei fumeti comici stessi (americani e non) in Italia.
Le recenti uscite del Popeye pubblicato dalla Gazzetta dello Sport lo richiedono. Se ne parlerà anche nei volumi stessi della collana, ma possiamo anticipare qualcosa qua e ampliare il discorso.

Al tempo, prego!

Cominciamo con l’agghiacciante intervista rilasciata da Jerry prima dello scorso Natale a un giornalista disgraziatissimo dello Hollywood Reporter. Molto famosa, è divenuta virale una novina di mesi fa per l’atteggiamento di Jerry, non ignoto a chi lo ha frequentato, ma forse sì alla maggioranza dei suoi fans.

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Ancora interviste con Jerry.
Il tempo passa, le menti cambiano (si evolvono, forse, o si induriscono) e giungiamo a poco fa, un anno e mezzo poco più, sino a quando Jerry Lewis si guadagna un po’ di fischi esponendo le sue idee sull’ISIS, i rifugiati, il ruolo dell’Europa (citando anche l’Italia) sullo scacchiere internazionale, accennando al biondastro Trump (oggi giustamente sempre più disprezzato anche da porte di chi aveva avuto l’ardire di sostenerlo) and more.

Chi ha voglia di sorbirsi il tutto, può spendere un’ora e rotti della sua vita attaccato a questo post.

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Quando è nato il fumetto umoristico in Italia?

Premetto, Francesco, che su questo tema, ben pochi hanno scritto o si sono espressi. Aggiungo che a livello internazionale, nei convegni, ma soprattutto nei forum di Internet, si dibatte addirittura sulla nascita del Fumetto in sé, su quali parametri si debbano usare per ritenere il fumetto tale (soprattutto se sia determinante l’impiego del balloon o se siano fumetti anche i raccontini con didascalie ai piedi delle vignette) e via di questo passo.

Quello che dirò può, quindi, essere anche oggetto di contestazione, se i parametri adottati da me non valgono anche per altri. Prima di tutto, in omaggio a Will Eisner almeno in questo caso vorrei tradurre il temine “fumetto” con “arte sequenziale”. Non si tratta di un vezzo, bensì di una precisazione che ci aiuta molto nel nostro approfondimento, perché, com’è noto, in Italia un terribile conservatorismo culturale sul quale non mi dilungherò ha teso a considerare come corpi estranei le “nuvolette”, elemento costitutivo del medium fumetto.
Per tanti anni, quindi, si è raccontato aborrendo i balloons, ma creando comunque tavole di arte sequenziale, a tutti gli effetti!

Vuoi dire che il fumetto (e in particolare quello comico) in Italia nasce anche prima che i fumetti intesi come balloons siano accettati?

Esattamente! All’inizio del secolo scorso, in Italia esisteva una pubblicazione di qualità eccezionale che faceva lavorare su tavole di arte sequenziale bravi illustratori, detti anche figurinai. Erano artisti che per l’occasione si riciclavano in… fumettisti a tutti gli effetti, senza ancora sapere di esserlo, e senza che la stessa parola “fumetto” fosse ancora stata adottata. Il modello seguito era quello dei comics statunitensi, in particolare si rifacevano al respiro narrativo delle tavole domenicali, diffuse sui supplementi a colori dei quotidiani.

In Italia si traducevano questi comics americani prima che degli autori italiani si impegnassero a “riprodurli”?

Certo, più che essere tradotti, erano pesantemente adattati. La testata a cui mi riferivo è, ovviamente, il “Corriere dei Piccoli. In prima pagina del primo numero, per fare l’esempio più lampante, è riportata coi dovuti adattamenti una tavola domenicale di Buster Brown, il monello di buona famiglia creato da Richard Felton Outcault. È lo stesso papà di Yellow Kid, il ragazzino calvo e orrendo che per molti anni è stato considerato (con un’approsimazione che di recente è stata corretta) il primo personaggio della storia del fumetto mondiale. Quando il “Corrierino” esce, come vedi, siamo proprio all’inizio della storia dei comics.

Buster Brown-Mimmo

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Per inciso, Outcault è anche responsabile di un salto di qualità nella carriera di Elzie Crisler Segar, ma di questo si parla negli articoli della Gazzetta e non è il caso di dilungarvisicisivi qui.

buster insegna

Come si chiamava in Italia, Buster Brown?

Era italianizzato in “Mimmo“, e il suo bull bog Tige era divenuto l’italianissimo “Medoro“, nome di cane quasi collodiano (forse ricordava Melampo, anche se Medoro era un nome comune di cane, tipo “Fido“)…
Pinocchio era ancora dietro l’angolo, girato da poco tempo. E non è un caso che quello che mi piace considerare il primo fumettista umoristico italiano sia stato anche il più popolare fra gli illustratori del burattino.

E chi è?

Si chiamava Attilio Mussino, e si firmava semplicemente “Attilio”. Ne parliamo nel secondo blocchetto di questa conversazione, okay? Adesso lasciamo a Jerry lo spazio che si merita, ricordandolo anche come bravo innovatore della comicità cinematografica, anche grazie allo sceneggiatore Frank Tashlin (foto sotto), proveniente da cortometraggi animati di Silvestro e Daffy Duck alla Warner Bros.

Frank Tashlin

Scrive di Tashlin Dana B. Polan, su Film Reference:

Frank Tashlin had achieved recognition as a children’s writer when he entered the film industry to work in the animation units at Disney and Warner Bros. Both of these early careers would have decisive import for the major films that Tashlin would direct in the 1950s.

This early experience allowed Tashlin to see everyday life as a visually surreal experience, as a kind of cartoon itself, and gave him a faith in the potential for natural experience to resist the increased mechanization of everyday life.

Tashlin’s films of the 1950s are great displays of cinematic technique, particularly as it developed in a TV-fearing Hollywood. They featured a wide-screen sensibility, radiant color, frenetic editing, and a deliberate recognition of film as film. Tashlin’s films often resemble live versions of the Warners cartoons. Jerry Lewis, who acted in many of Tashlin’s films, seemed perfect for such a visual universe with his reversions to a primal animality, his deformations of physicality, and his sheer irrationality.

dean martin-jerry lewis

jerry

A Cesare ciò che gli spetta: l’illustrazione eccezionale di apertura è, naturalmente, del magnifico Drew Friedman, autore anche del capolavoro qua sotto.

Martin_and_Lewis

I comic book con Jerry Lewis, con o senza Dean Martin, sono prodotti da un gruppo di autori al servizio della DC Comics (all’epoca chiamata National DC) fra i quali spiccano Mort Drucker e, se non erro, anche un Wallace Wood leggermente caduto in disgrazia.
Sempre nell’ambito del divertimento, zona demenzialissima, attendiamo il prossimo blocco su questo tema intrattenendoci con un passaggio di Forbidden Zone