COME SI DIVENTA ORFANI? INCONTRO CON ROBERTO RECCHIONI E EMILIANO MAMMUCARI

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Roberto Recchioni, recentessimamente designato come responsabile della serie bonelliana Dylan Dog (complimenti!) sarà a Roma quest’ogg, venerdì, con Emiliano Mammucari, per la resentazione della prossima serie della Sergio Bonelli, tutta a colori, in uscita in autunno 2013.

Il tutto a Palazzo Incontro, 31 maggio, ore 16.00.

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In coincidenza con la mostra L’Audace Bonelli – L’avventura del Fumetto Italiano, i due autori, introdotti dal critico e giornalista Renato Pallavicini, presentano e raccontano “Orfani”, le cui tavole sono vedibili e godibili in anteprima lungo il percorso espositivo.

Per l’occasione la mostra resterà aperta fino alle 20.00.

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Eccoci a una nuova tappa dell’esposizione, dedicata, naturalmente, alla più prestigiosa casa editrice di fumetti made in Italy, la gloriosa Sergio Bonelli e ai suoi vari marchi.

Una mostra che Cartoonist Globale non definisce “mitica” solo perché ha eliminato dal suo dizionario questo temine bisunto e consunto, fastidiso a tratti, al pari di “apericena”, “sinergia”, “valido”, “gossip” e altre anglicità da orticaria che risparmio anche in questa sede.

Completamente rinnovata rispetto alle tappe precedenti, questa nuova mostra è dedicata a Gianluigi (si è appena celebrato il centesimo anniversario della nascita) e soprattutto a Sergio. Tra i protagonisti dell’evento ci saranno tutte quelle serie/personaggi che hanno reso leggendaria la casa editrice: Tex, Dylan Dog, Martin Mystère, Magico Vento, Julia, Dampyr, Nathan Never, Comandante Mark, Piccolo Ranger, Zagor. C’è spazio anche per Saguaro, Dragonero e Gli Orfani.

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La mostra è promossa dalla Provincia di Roma nell’ambito del Progetto ABC Arte Bellezza Cultura, organizzata da Napoli COMICON (sotto, nell’immagine, un reminder con le date della manifestazione, imminente) e Civita, sarà allestita nelle sale di Fandango.

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Di origine settecentesca, il Palazzo che ospita la mostra bonelliana venne edificato nel 1765 da Giovanni Paolo Burij sulla proprietà dell’Ordine dell’Ospedale di Santa Maria della Pietà dei Poveri Pazzi.

Recchioni miniserie bonelliPer chi non lo conoscesse, Fandango Incontro è un luogo molteplice nel centro di Roma dove convivono editoria, cinema, esposizioni e teatro. La libreria e il caffè, la grande sala per gli eventi e lo spazio lettura, dialogano con la zona espositiva al primo e al secondo piano e con il laboratorio teatrale.

A Fandango Incontro è possibile leggere in poltrona, assistere alla presentazione di un libro o ad un evento di cinema, prendere un tè seduti in sala o un aperitivo, fare un pranzo di lavoro consumando cibi di qualità e prodotti tipici della provincia. Vedere una mostra dedicata alle arti figurative, alla fotografia o al design. Partecipare ad un laboratorio teatrale curato da Giorgio Barberio Corsetti e dalla sua compagnia Fattore K.

Al suo interno è disponibile il collegamento Free Wi-fi per l’accesso a internet.

Il tutto avviene a Palazzo Incontro (via dei prefetti 22), ed è visitabile dal 20 aprile al 9 giugno 2013, dal martedì alla domenica dalle 11.00 alle 19.00, mai di lunedì, mentre resterà aperta il 25 aprile e il 1° maggio.

Gli appassionati della saga di Tex dovrebbero invece appuntarsi sul taccuino che martedì 16 aprile, alle ore 22:30, e in replica sabato 20 aprile, alle ore 15:15 e alle 22:40, il canale di cinema Iris (visibile sul canale 22 del digitale terrestre) manda in onda “Storie di Cinema – La saga di Tex Willer”, uno speciale di mezz’ora dedicato all’eroe della Bonelli.

Ci sarà un’intervista al nostro anico e contributor Giancarlo Soldi (regista di Come Tex Nessuno Mai) e spezzoni di varie produzioni filmiche legate al personaggio.

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Così, nell’ormai lontano febbraio 2010, veniva annunciata in questo blog la mostra napoletana (poi trasportata in autunno a Lucca, a Palazzo Guinigi a cura del MUFMuseo Italiano del Fumetto diretto da Angelo Nencetti, che aveva provveduto a scrivere un’introduzione al testo per la tappa lucchese, e quindi a Brindisi e su altre piazzedello Stivale).

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La mostra, promossa nella sua prima ediuzione dall’Assessorato alle Politiche Giovanili, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e il PAN, a cura di Napoli COMICON e Sergio Bonelli Editore, è inserita nel progetto VisioNa 2010, e s’intitola L’Audace Bonelli. L’avventura del fumetto italiano.

Il percorso espositivo si articola in circa 200 tavole originali dei maggiori artisti che hanno lavorato e lavorano per la Bonelli, in una collettiva che prevede opere di decine di disegnatori, attraverso alcune sezioni tematiche incentrate in particolare sulla storia e i primordi della Casa editrice, sui grandi personaggi, sulle firme prestigiose, italiane ed estere, sui progetti attuali e le prospettive future, e infine sulla nutrita “scuola campana”.

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Questi sono anni di ferventi celebrazioni per il mondo del Fumetto, nel mondo e in Italia. E il fumetto italiano ha spesso un cognome ricorrente, Bonelli. Gianluigi (foto sopra), in primis, di cui da poco (2008) si è celebrato il centesimo anniversario della nascita e di cui in questo 2010 si celebrano i 70 anni dall’acquisto delle Edizioni Audace.

Questa etichetta si sarebbe evoluta, attraverso varie tappe, nell’attuale casa editrice milanese sotto la guida, nel dopoguerra, della moglie Tea, quindi del figlio Sergio, il cui nome significa da più di trent’anni garanzia di pubblicazioni popolari di qualità e successo.

Negli anni, Napoli COMICON ha sempre collaborato con la storica Casa milanese, per mostre, ospiti ed eventi.

Era giunto, però, il momento di omaggiare la Sergio Bonelli Editore con una grande esposizione a 360 gradi che possa fare il punto su un fenomeno editoriale decisamente unico nel mondo della Nona Arte mondiale.

Si darà largo spazio ad alcuni dei personaggi e delle saghe più note tra gli appassionati, e non solo, della Letteratura Disegnata, che hanno attraversato decenni di storia italiana, mantenendo inalterata la qualità: innanzitutto Tex, naturalmente, e Dylan Dog, Martin Mystère, Magico Vento, Napoleone, Julia, Dampyr, Brendon, Nathan Never, Zagor, Mister No, Comandante Mark, Piccolo Ranger, fino ai recenti Brad Barron, Volto Nascosto, Caravan e Greystorm.

È fondamentale rimarcare la peculiarietà tutta italiana dell’ormai paradigmatico albo popolare bonelliano, un caso che non ha raffronti al mondo e che vede serie “aperte”, con cadenza quasi sempre mensile, affidate a valenti sceneggiatori, e a un’enorme fucina di talenti e a molte affermate matite, nella maggior parte di autori italiani.

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Gli albi sono rigorosamente in bianco e nero, tranne alcuni numeri dichiaratamente “speciali”. Una vera industria del fumetto, insomma, che ha anche il paradosso di essere gestita in maniera “familiare”, mantenendo un’umanità e un’umiltà che si ritrova, ad esempio, nello scarso sfruttamento commerciale del proprio prodotto, per volontà di Sergio Bonelli in persona e dei suoi fidati collaboratori.

Particolarmente curato sarà l’apparato informativo della mostra, sia nel ripercorrere l’aspetto storico, che per la descrizione bio-bibliografica. Larga parte sarà poi dedicata agli albi e alle pubblicazioni, italiane ed estere, con un intenso lavoro di ricerca tra storici e collezionisti.

Il tutto incastonato in una evocativa cornice scenografica, che colpisca lo spettatore anche con apparati multimediali e contenuti interattivi, con l’ausilio di computer e filmati, materiali già esistenti e prodotti per l’occasione.

LINK CORRELATI:

IL COMICS JOURNAL RICORDA SERGIO BONELLI

SERGIO BONELLI: NEL FUMETTO ITALIANO NIENTE SARA’ PIU’ COME PRIMA…

LE CANZONI DI TEX (UN CD)

IL MIO TEX (WILLER) IN MOSTRA

L’OLOGRAMMA DI TEX WILLER AL MUF?

ECCO “TEX” N. 600…

L’AUDACE BONELLI: TEX E GLI ALTRI IN MOSTRA A NAPOLI

SU “L’AUDACE BONELLI” J. WELLINGTON WIMPY SI CHIAMA “GIGIONE”

FENOMENOLOGIA DI BONELLI (AL PAN DI NAPOLI)

GIARDINO GIANLUIGI BONELLI: L’INAUGURAZIONE!

TEX IN DIRETTA

SERGIO BONELLI, GINO GAVIOLI, SERGIO TOPPI E PEROGATT, DA CARTOOMICS

MISTER NO E IL RE DEL SERTÃO

JOE ZATTERE, FOTOGRAFO DELLE NUVOLE

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  • tomasoprospero |

    Quando cominci a capire che l’aldilà non esiste, finisci di avere paura dol dopo, ma mantieni quella dell’addesso.
    Proverbio tartaro

  • My Lord |

    My Lord, preferirei non parlare di cuore ma visto il gerundio
    immagino siate una eco di crisi petrolifera materializzata in un cardiologo,
    qui nuovo arrivato a dibattere di fumetto.
    Abbiamo già un urologo che si firma maiuscolo, sa?
    Io sono un farmacologo veterinario tailandese e mi occupo prevalentemente
    degli alleli degli allergeni nelle morsicchiature incarognite dei ciuaua manga
    incastonati in cornicine paradigmatiche interattive.
    Da come vi esprimete deduco che anche voi non siete di origini italiane. Moldavo?
    Sono sicuro che vi troverete benissimo in questo blog e spero di nuovamente incontrarvi.
    Arrivedoarci.

  • My Lady |

    Parlando di cuore, condizionati con non sei ha paura di voi, vi diamo la possibilità al viso non continuate a spingere bene…

  • Hellana da Pavia |

    Mammucari, grande, e anche Recchioni, molti complimenti e a auguri per la nuova serie e il nuovo ingaggio.

  • Tomaso Prospero |

    Pappatevi questo:
    Jacovitti, l’anarchico della matita rivive in Rete
    Un talento inarrivabile ed un umorismo irrefrenabile tornano in libreria. I blogger ci spiegano perché Benito Jacovitti era stato messo da parte e come mai viene ripreso proprio ora
    Ci sono alcuni personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nella cultura italiana del ventesimo secolo, pur rimanendo per tutta la loro carriera assolutamente incategorizzabili e fuori dalle correnti di pensiero dominanti e dai giochi della politica.
    Stiamo parlando di figure essenziali come Federico Fellini, Achille Campanile o Aldo Palazzeschi, e fra queste c’è anche Benito Jacovitti. Fumettista fra i più prolifici della nostra tradizione, i suoi lavori bizzarri e surreali sono stati onnipresenti per tutta la seconda metà del secolo scorso, infettando le pagine delle riviste che ne ospitavano le tavole con uno stile ricchissimo di particolari ma semplice e quanto più possibile “fumettoso” allo stesso tempo, con il suo umorismo anarchico e nonsense.
    Inutile qui fare un elenco dei personaggi creati nel corso della lunghissima carriera, per uno sguardo d’insieme sulla vita e sui lavori dell’autore è più pratico leggere la biografia preparata da Comicsblog:
    Benito Franco Iacovitti nasce a Termoli, in provincia di Campobasso, il 9 marzo 1923, la J sostituirà la I nel suo cognome appena iniziata la carriera artistica. Adolescente si iscrisse al liceo artistico di Firenze dove disegnò le prime vignette per i suoi compagni, Franco Zeffirelli era uno di questi; e per guadagnare qulcosa iniziò a disegnare caricature, prima per i soldati tedeschi, e alla fine della guerra, per i soldati americani. Iniziò a Firenze la collaborazione con il settimanale umoristico Il Brivido e con il famoso giornale per ragazzi Il Vittorioso, che lo vide pubblicare fino al 1967. Nel 1946 si trasferì a Roma,dove conobbe e collaborò con Marchesi, Metz, Fellini, Mosca, Steno, facendo i ritratti e caricature per gli americani. Erano i disegnatori del Bertoldo e del Marc’Aurelio, i giornali di satira dei primi anni quaranta, sempre nella capitale iniziò la realizzazione del ‘Diario Vitt’ per la casa editrice A.V.E. Dal 57 al 67 lavoro’ al supplemento ragazzi de Il Giorno, ed e’qui che il 28 marzo del 1957 nacque Cocco Bill. Diventato un disegnatore di fama, Jacovitti collaborò dagli anni ‘60 fino alla fine degli anni ‘80 con numerose riviste, tra cui si possono citare: Linus, l’Europeo, il Male, Cuore e Tango. La sua produzione, caratterizzata da uno stile grottesco e caricaturale, ha spaziato negli anni dal fumetto per ragazzi al genere erotico, dalla pubblicità ( i famosi carosello) alla satira politica, smarcandosi sempre rispetto ai luoghi comuni e agli schieramenti più seguiti.
    L’opera di Jacovitti sta negli ultimi anni tornando sotto alla luce dei riflettori grazie al dignitosissimo recupero svolto da Stampa Alternativa, che ha riportato in libreria molti dei lavori più importanti del fumettista, spesso con introduzioni dettagliate e apparato critico che aiutano a contestualizzare al meglio le opere.
    Sono due le ragioni che – già da prima della sua scomparsa – facevano sì che questo autore non venisse granché considerato, o venisse dato per scontato, dai più: la mancanza di ristampe di buona qualità (a parte alcune pubblicazioni di lusso per appassionati) e un’errata interpretazione della sua figura, troppo spesso considerato un fumettista “di destra“. Sono fatti che vengono sottolineati anche dall’esperto di comics Andrea Voglino, nel commentare una raccolta uscita di recente:
    In gioventù, non è che Jacovitti mi sconfinferasse più di un tot. Troppo legato alle interminabili mattinate bruciate sui banchi di scuola, e dopo quelle alla nomea di autore “di destra” che il nostro sfoggiava con nonchalance. Ma anche troppo prolifico: a metà degli Anni 70, Jac sfornava idee, personaggi, strip, libelli e libroni a getto continuo, e sfuggire alle sue mattane cicciose era praticamente impossibile. Un po’ come oggi riuscire a rimettere mano su tutto quello che il pagliaccio di Termoli ha prodotto in una carriera durata dal ventennio al nuovo millennio. Un’impresa complicata dalla quantità della produzione jacovittiana […]ma anche dalla qualità delle ristampe, spesso tutt’altro che eccelsa. Per fortuna, ogni tanto qualche editore prova a metterci una pezza. Vedere, per credere, Beppe & Co. di Nicola Pesce Editore, in tutte le librerie specializzate a € 17,90: una ricca raccolta delle satire sociali interpretate dall’anonimo signore con baffi a spazzola e cappello creato dal Benito nel decennio dell’austerity e delle stragi di stato.
    Per capire al meglio le caratteristiche fondamentali dell’opera di Jacovitti, ma anche il perché dell’incomprensione che per decenni l’ha fatto etichettare sotto determinate fazioni politiche, risulta di grande aiuto uno sguardo sulla personalità eccentrica e fuori dai ranghi dell’autore stesso. Risulta quindi utilissimo il ricordo di Fabrizio Mazzotta, che racconta un incontro di ormai diciassette anni fa:
    Era il 1993, non proprio pochi mesi fa, e grazie a un amico riesco a mettermi in contatto con Benito Jacovitti che, peraltro, abitava a poca distanza da me. L’occasione era troppo ghiotta: passare un pomeriggio con uno dei più grandi autori del fumetto! Lo stesso Jac che leggevo sulle pagine del “Corriere dei piccoli” e di cui ammiravo il genio e la sregolatezza, nonostante la mia giovanissima età. Insieme ad altri appassionati di fumetto chiediamo a Jac se ci concede un intervista per FdC e lui è ben lieto di accettare. Intervistarlo non fu facile: quando inizia a parlare è un fiume in piena di parole, aneddoti ricordi e facezie varie. Col senno di poi forse non tutte erano veritiere, forse si divertiva garbatamente a prenderci in giro inventando storie fantastiche e incredibili proprio come ha sempre fatto disegnando i fumetti in maniera particolare, con lo stile che contradistingue l’artista dall’artigiano. Un vero artista “folle” e geniale anche nella vita! Fa gli scherzi per citofono, fa le linguacce, parla delle donne con l’entusiasmo di un adolescente e continua a fumare sigari marca Apostolado. ” Io ho quattro nomi, tutti da dittatore _ dice _ Benito, Franco, Giuseppe e Antonio ( del Portogallo). Ci mancava soltanto che mio padre mi mettesse nome Adolfo!”
    Questo riferimento nel ricordo di Mazzotta ci introduce nelle parole stesse del fumettista il tema politico. Al particolare del nome di battesimo si riallaccia anche Roberto Alfatti inquadrando più precisamente l’autore nel panorama storico e politico dell’epoca:
    Suo padre, che l’aveva battezzato Benito, era certamente un fascista, ma lui nel 1940, quando cominciò a disegnare professionalmente, aveva meno di diciassette anni e già era più che fascista… un irregolare. Era cioè un qualunquista antemarcia. Con un’intera epoca storica in anticipo su Guglielmo Giannini, che fondò prima il settimanale L’Uomo qualunque e poi l’omonimo movimento politico solo alla fine del 1944, il giovane Jacovitti in realtà diffidava della politica fin dal 1940. Quando disegnò per il giornaletto cattolico il Vittorioso la storia di Pippo e gli inglesi, la prima avventura di Pippo, Pertica e Palla, già non riusciva a prendere sul serio nemmeno la guerra che era sul punto di scoppiare. (…) Jacovitti non fu un seguace ma un allegro eretico del qualunquismo, come Guglielmo Giannini, il fondatore dell’”Uomo qualunque”, giornalista e commediografo, nonché portatore di monocolo, aveva battezzato una weltanschauung vecchia come il mondo. Ma Jacovitti, diversamente da Giannini, aveva capito l’essenziale anche della critica alla partitocrazia, cioè che costa più di quanto renda e che anche il qualunquismo, alla lunga, è politica. Non a caso Goffredo Fofi ha accostato Jacovitti agli scrittori che ci hanno spiegato la grande truffa italiana del secondo dopoguerra, «con occhio acutissimo e con più profonda saggezza di altri, troppo ideologici: Savinio, Alvaro, Brancati, Moravia, Flaiano».
    Ai quali potremmo aggiungere anche Leo Longanesi, Stefano Vanzina, Federico Fellini o Mino Maccari… Come anche il grande Achille Campanile, come Giovanni Mosca, come Giovannino Guareschi, Jacovitti era sì un umorista ma anche un po’ un filosofo. (…) Agli occhi di Jacovitti l’ideologia, quale che fosse, quella dei vinti come quella dei vincitori, era pappa di gesso, e se ne prendeva ferocemente gioco. Jacovitti non si lasciava incantare dalle autocritiche né dalle esaltazioni reciproche. Rubricava tutte queste penose metamorfosi dell’ideologia alla voce “Eia Eia baccalà”. O alla voce “raglia, raglia, giovane Itaglia”, che gli costò la sospensione del fumetto antipolitico a puntate che gli era stato commissionato da Linus, il giornalino del Sessantotto caviar.
    Ancora nell’intervista di Mazzotta, Jacovitti ribadisce in maniera non dissimile le sue posizioni ed anche le sue frequentazioni illustri:
    E’ famoso il suo periodo a “Linus” dove venne addirittura censurato! ”
    Il personaggio di Gionni Peppe non me lo censurò la redazione ma i lettori che mi hanno accusato di essere fascista. Creavo delle situazioni contro l’ultra sinistra e l’ultra destra; infatti io sono un liberale, un estremista di centro! Ho ricevuto molte lettere di minacce dalla sinistra e delle telefonate con minacce di morte dall’estrema destra fascista: Ma io gli rispondevo sghignazzando e loro minacciavano di farmi la pelle. Venite pure! _gli rispondevo _ Ne ho tanta di pelle!” …”Ma dopo la guerra, nel 1946, ho progettato tanti giornali insieme a un gruppo formato da Age, Scarpelli, Metz, Fellini… Magari duravano solo due o tre settimane e poi fallivano. Ne ricordo uno , il “Don Basilio” ( al quale però non ho collaborato) che era un giornale anti clericale ed è durato due anni. Dopo la guerra l’Italia era divisa in due parti: il Fronte Popolare e la parte cattolica, cioè la Democrazia Cristiana.
    Poi c’era un piccolo partito: il partito dell’Uomo Qualunque” che è citato anche nella mia storia ” Battista l’ingenuo fascista”. Lui tenta di entrare in diversi partiti ma non ne trova nemmeno uno che faccia al caso suo. Una storia attuale. “
    Lo stesso racconto, risalente all’immediato dopoguerra, viene citato anche da Luca Boschi commentando il saggio Fumetti e Nazifascismo di Pier Luigi Gaspa uscito lo scorso anno. In quest’occasione le parole di Jacovitti sono di intransigente condanna, non solo del fascismo in sé ma anche e principalmente verso chi segue ciecamente l’una o l’altra parte:
    Per commentare le parole di Pier Luigi, posto un po’ di vignette di quel genio creativo che fu Benito Jacovitti, tratte dal più volte citato, ma semisconosciuto episodio Battista l’ingenuo fascista. Paradigma del pressappochismo e voltagabbanismo tutto italiano che… fa male quando qualcuno ha il coraggio di metterlo su carta, trasformandolo in uno specchio deformante che non tutti sono disposti a digerire. Jac non lo manda a dire, e si rivolge direttamente al lettore italiano quando ne fustiga l’ipocrisia apostrofandolo in modo solenne e tragico: “Guarda bene tra la folla acclamante, ti riconoscerai! Tu mi dirai che sì, ci sei stato, ma capirai… La cartolina rossa… Ero costretto. … Ma come?! 45 milioni di italiani costretti? (…)”
    Non stupisce quindi che, interpellato nel 1992 in occasione della ristampa in formato maxi di alcune storie degli anni settanta, l’ancora attivissimo Jacovitti dicesse: “Io sono un estremista di centro. Odio tutte le dittature, di qualsiasi colore. Pensi che, quando posso, leggo Anarchia, che si trova solo nei centri sociali. Io amo la vera anarchia, quella delle origini, quella che amava il popolo“.
    A forza di sottolineare le sue posizioni, si rischia però di far sembrare che la componente politica e sociale fosse quella predominante nei lavori di Jacovitti. In realtà questa caratteristica non è che conseguenza di quel voler stare per forza fuori da ogni seminato che contraddistingueva la personalità dell’artista, ed è proprio questo che determina anche il suo senso dell’umorismo surreale e il suo tratto riconoscibilissimo ed altrettanto improbabile. Nel blog di Bartolomeo Di Monaco troviamo un’analisi a tutto tondo di Jacovitti risalente al 1970, tratta dall’Enciclopedia dei Fumetti pubblicata da Sansoni, che sottolinea proprio queste caratteristiche sapendone cogliere sia i lati positivi che i primi segnali dell’inevitabile ma naturale declino che avrebbe caratterizzato i suoi ultimi anni:
    Nemico dichiarato degli spazi bianchi, infarcisce le sue tavole di personaggi di tutti i tipi, in una ordinata confusione di grande effetto. Il suo umorismo è fatto di bat­tute spesso facili, ben lontane dall’intellettuali­stico impegno della scuola americana. Strisce per sorridere e non per riflettere, quindi, per un divertimento fine a se stesso, ma non per questo meno gradevole. (…) Con la sua sbrigliata fantasia Jacovitti spesso ricerca nella cronaca quotidiana gli spunti per le sue affollate e sor­prendenti storie. Indubbiamente possiede uno spiccato senso della parodia, dell’imitazione grot­tesca, della graffiata impertinente: reinterpreta, attraverso il filtro dell’umorismo, la realtà che lo ha ispirato, cogliendone sotto forma di caricatura gli aspetti emblematici. Negli ultimi anni Jacovitti ha perso in parte questa sua capacità di scavare negli avvenimenti, parodiandoli. Tuttavia gli è rimasto immutato il legame con la realtà quotidiana, rivissuta con trascinante fantasia. Forse il suo non è più un umorismo che giudica, ma si limita a raccontare, senza impegno, tra scoppiettii di battute e di personaggi, la vita. Il mondo di Jacovitti è un mondo solo suo in quanto egli lo rappresenta con uno stile personalissimo: acutamente Carlo Della Corte ha scritto che « piaccia o no, Jacovitti ha creato un tipo di fumetto esclusivamente suo, a sua immagine e somiglianza, infischiandosene di tutti i canoni e di tutti i distinguo enunciati dai più sottili esteti».
    Quest’ultimo parere riecheggia in quanto scritto quasi quarant’anni più tardi, in un post del blog di Stampa alternativa del 2009:
    Benito Jacovitti è un autore importante del nostro fumetto, dotato di stile originale fatto di horror vacui, terrore assoluto per la pagina bianca che tempesta di salami, vermi, cactus, teschi di animali e improbabili intermezzi comici. Un autore che ha rappresentato la nostra fanciullezza, ma che sprizza modernità da ogni pagina.
    In fin dei conti la caratteristica più visibile di questo talento irrefrenabile e stakanovista della matita altro non è che l’horror vacui: quel dover riempire a tutti i costi ogni angolo delle sue tavole è la chiave per comprendere lo stile grafico di Jacovitti ma anche, come leggiamo in una frase riportata da Graziano Origa, la sua psiche. Queste infatti le parole sorprendentemente sincere del grande umorista:
    «Fui, sono e sarò un clown. Continuerò a disegnare nell’aldilà. Ho paura del nulla. Quando cominci a capire che di là non c’è nulla, inizia la paura. Quando cominci a entrare nel nulla…Questo mi fa paura»
    Un’indole da discolo, da burlone, che non era capace di smettere di disegnare né di farci divertire, facendoci capire che l’assurdo è evidente in ogni cosa. Un talento che creava universi con la matita, e che oggi possiamo finalmente riscoprire.

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