LEONARDO DI CAPRIO COMPRA UN LICHTENSTEIN PER 43 MILIONI DI DOLLARI?

2480_34-Lichtenstein_0

Si sa che Leonardo di Caprio ama i fumetti e quel che ad essi è connesso. Le sue apparizioni, più o meno in incognito (o tentato tale) alla San Diego Comic-Con lo rivelano chiaramente. Poco tempo fa ha partecipato a un’asta di Christie’s, come spiega questo articolo di Judd Tully uscito su ArtInfo, del quale copio una particella:

Powered by a rare Roy Lichtenstein Pop Art masterpiece from 1961 that fetched a record $43,2202,500, Christie’s marathon postwar and contemporary art evening sale delivered $247,597,000. That tally landed midway between pre-sale expectations of $226,450,000-$312,340,000 for the 91 lots offered. Of those, 82 sold for a svelte buy-in rate by lot of ten percent and 13 percent by value.

Collectables-23-8-2011-17-22-16

Di Caprio è entrato nella sede dell’asta col cellulare all’orecchio per dissuadere i paparazzi dal molestarlo e con un cappellaccio calcato sulla testa. Come se la gente fosse scena e non capisse che era lui.

Sembrava interessato all’opera di Lichtenstein, che riproduciamo sopra, I Can See The Whole Room!… And There’s Nobody In It!, ma poi non si sa se l’abbia acquistata tramite un prestanome o abbia mollato il colpo. Di fatto, il quadro è stato aggiudicato a Guy Bennett, agente privato di New York, per la bella cifretta di 43.202.500 dollari.

C’è chi l’ha definito “il furto del secolo”.
Un secolo appena cominciato, tutto sommato.

Chiunque abbia acquistato il quadro è, ovviamente, un riccone repellente, absit iniuria verbis, un palese segnale vivente dell’ingiustizia sociale globale totale banale, che affetta la nostra società malazzata.
Ciò a prescindere dal fatto che Di Caprio è un bravo attore e ha anche fatto delle scelte professionali non banali, invece di riposare sugli allori dopo il travolgente successo di Titanic.

Ciò indipendentemente dal valore dell’opera in sé, che può definirsi al massimo (IMHO) “interessante” dal punto di vista artistico, non di più. Un giudizio tutto sommato positivo per ragioni storico-artistiche, ma che non è minimamente paragonabile alla “beffa speculativa” che il mercato dell’arte, e delle aste, ha montato intorno al quadro-oggetto stesso.

Lichtenstein

Overgard-vs-Lichtenstein_1

Il catalogo di Christie’s ha anche pubblicato la fonte dalla quale Lichtenstein, allora trentasettenne (sopra in foto, anni fa), aveva ricavato l’immagine da ingrandire, al momento di realizzare il dipinto.
Correva l’anno 1961, Topolino debuttava in edicola tutto a colori, Guglielmo Zucconi assumeva la direzione del Corriere dei Piccoli e l’artista non aveva fatto ricerche particolari, scegliendo di riprodurre una vignetta (pur evocativa) da poco pubblicata sui giornali, in particolare il 6 agosto 1961. Si trattava della serie avventurosa (secondaria, diciamocelo) Steve Roper, firmata Saunders & Overgard.

OvergardNaturalmente, la tavola (non striscia, ovvio, ma grazie per la correzione, Fortunato!) originale era in bianco e nero. Lichtenstein avrebbe aggiunto appena un po’ di giallo, prima di “licenziare” il suo dipinto e trasformato la didascalia in balloon, giusto per far vedere ai passanti, che avrebbero scrutato la sua opera, che di fumetti si stava parlando (semmai ci fossero stati dubbi).
Fortunato Latella osserva, giustamente, che nei supplementi domenicali la vignetta della Sunday page era pubblicata a colori. Ma all’interno delle pagine di alcuni giornali no, restava in bianco e nero.

Quando, due anni dopo, il quadro viene esposto al museo Guggenheim in occasione della mostra (davvero) seminale Six Painters and the Object, il disegnatore di Steve Roper, William Overgard (30/4/1926 – 25/5/1990, nella foto a destra), allora trentaseienne (praticamente coetaneo di Lichtenstein), scrive al curatore della mostra della Guggenheim:

Sir: As a cartoonist, I was interested in Roy Lichtenstein’s comments on comic strips in your article on pop art. Though he may not, as he says, copy them exactly, Lichtenstein in his painting currently being shown at the Guggenheim comes pretty close to the last panel of my Steve Roper Sunday page of August 6, 1961. Very flattering… I think?

Overgard_steve_roper-1

Roper d 08141963

Roper d 12111961

Poi, tanta acqua sciaborda sotto i ponti (SCIACQ!, SCIOCQ!)

Infine, l’estate scorsa, un appassionato di fumetti fa un giro in rete perlustrando i siti di aste e vendite di tavole e trova l’originale di Overgard su eBay e se l’aggiudica per… 431 dollari.
Cifra forse non bassissima, ma più che accettabile.
La domanda è, adesso: quale meccanismo perverso permette che l’originale sia aggiudicato a 431 dollari e la “copia” (per grande, fatta con dispendio di tela e vernice, ma…) a 43.202.500?

Va considerato che il prezzo della tavola di Overgard era così “alto” a causa dell’introvabilità dei suoi originali, poiché il fumettista aveva donato il suo archivio di oltre 3.000 pezzi allo Special Collections Research Center della Syracuse University.
Ma la vignetta incriminata” non faceva parte di quel corpus (per cui… merce rara!).

Basta così, per oggi.
Seguono alcune copertine di Steve Roper dal mondo, un brano musicale con Ewan McGregor e Louise Germaine che cantano in playback con le voci di Mickey e Sylvia (Love Is Strange, dalla miniserie televisiva inglese Lipstick on Your Collar, 1993, scritta e diretta da Dennis Potter) e qualche quadro del buon Roy.

Sparoni

Lipstick-On-Your-Collar-29579_2

08

Biondastra

Nsm1164

Roy-Lichtenstein-Masterpiece--1962

  • Grin |

    Verissimo!
    Si sanno un sacco di cose, che si finisce a volte per dimenticarne qualcuna,
    o darla per scontata.
    Succede perciò di trovarsi un mediocre quadro8 della pop art americana
    e un americano danaroso e biondiccio, persino su Cartoonist Globale.
    Dunque: Lichtenstein va militare in Europa, comincia a ingrandire fumetti,
    torna in America, entra nel giro di Castelli, dipinge vive e muore nel 1997.
    Manca poco al 2000, la fine del mondo ci sarà, non ci sarà? Boh!
    Nello stesso anno la cinematografia americana decide di buttare in commercio
    un filmastone il cui protagonista si chiama Leonard Wilhelm di Caprio,
    (italotescamericano, un mix! Lattiginoso, condesato e biondo!).
    Egli ha l’ònere di incupidire un buon 40% delle attuali terrestri 30-40enni
    le quali diligentemente palpitarono e piansero
    mentre il simbolo del progresso affondava.
    Si, perché il Titanic non è (era) solo il simbolo di un epoca è (era)
    anche il simbolo del progresso.
    Ora, a un disgraziato che ha dovuto scappare per anni dagli assalti delle fans,
    gli vogliamo negare anche lo sfizio di recitare di tasca sua a risollevare
    l’America?!
    Inoltre non è detto che il succitato miliardario non investa in fumetti.
    Anzi, date le circostanze, è probabile che tra qualche anno egli
    venda le mutande e si compri il museo del fumetto cinese.
    E ciao.

  • tomaso prospero |

    Beh, ben si sa che il come attribuire valore a un dipinto dipende dalle convenzioni: non esistono valori, estetici, formali , artistici o anche morali assoluti, che si possano porre universalmente a priori.
    Per il campo della sola arte poi, specialmente contemporanea, io penso tutto ruoti intorno al profitto, che di fatto è il denominatore dominante.
    Non bisogna dimenticare che la figura dell’artista è stata praticamente fino alla seconda metà dell’ottocento quella dell’artigiano che lavora per una committenza borghese o religiosa che pagava opere sulla natura delle quali si concordava in precedenza. Il famoso pittore paesaggista inglese John Constable dovette rifare più volte il dipinto raffigurante la cattedrale di Salisbury, perché il committente, il Vescovo, riteneva troppo acceso il verde degli alberi: correva l’anno di grazia 1823. Questo con le debite eccezioni, Goja , ad esempio, artista visionario in anticipo sui tempi, non si piegò alle convenzioni del dei suoi contemporanei.
    Ma non voglio qui fare una lezione di storia dell’arte, non è il caso.
    Tornando a Napoli, città dove in gioventù ho vissuto due anni, penso sia il luogo ove si trovano le persone più civili d’Italia: non tutte, certo.

  • francesco - francyduck |

    Partire da un grande della pittura contemporanea e finire a parlare di mutande… maddài…

  • Eluana |

    Ciao, Tomaso Prospero… Ah, anche a Modena la criminalità dei borsaioli colpisce? Andando a visitare qualche anno fa la mostra di Reggio Emilia ho visto che alla stazione, anche lì, c’era ben poco da scherzare. Ma non sopporto quelli (o quelle) che generalizzano, per cui gli italiani sarebbero tutti delinquenti, e i napoletani ladruncoli, i siciliani mafiosi e i veneti… baciapile. Sono generalizzazioni che non sopporto.
    Se ti ritrovio in mutande, se sono boxer, puoi sempre metterti a corsa e fingere di fare footing. Non credo che sia illecito e non penseranno (i pulotti) che tu stia compiendo un oltraggio al pudore.
    Magra consolazione, ma chi non la scampa ai borsaioli almeno può sperare di scamparla alla pula.
    O no?
    Certo che siamo andati fuori tema mica poco, eh?

  • tomaso prospero |

    Io vivo a Modena e di sera non esco, rischierei di tornare a casa in mutande e forse essere arrestato strada facendo per oltraggio al pudore, poiché – ben si sa – la legge non perdona.
    Anche i ladri però non scherzano!

  Post Precedente
Post Successivo