IL SALUTO DI GIOVANNI BOSELLI SFORZA – CON UN AGGIORNAMENTO

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Il post che segue è stato scritto nel luglio 2007, e a questo periodo si collegano i primi commenti che lo seguono.
Ma lo ripropongo adesso per porlo nuovamente all’attenzione dei lettori, perché (comprensibilmente) passato inosservato negli ultimi anni. Questo blog, in tutt’altra forma rispetto ad oggi, stava muovendo i primi passi e i
visitors che lo frequentavano non erano certo nel numero che oggi lo onora.

Oggi il grande cartoonist romano Massimo Fecchi mi ha chiesto notizie su Giovanni Boselli (Sforza); perciò l’ho rimandato a questo “lieve” commento e Massimo ha commentato a sua volta.
In questo periodo capita di parlare ripetutamente di Fumetto per ragazzi del passato, quindi un ricordo di Boselli, prolificissimo e con una produzione di gran livello, può essere interessante per chi ci segue
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Luglio 2007

Le agenzie riportano un po’ tardivamente in questi giorni che il 24 giugno scorso è scomparso a Roma il disegnatore Giovanni Boselli Sforza.
Maestro del fumetto, sicuramente poco noto ai lettori di oggi, benché attivo per decenni su varie pubblicazioni, in particolar modo dell’area romana, Boselli è ricordato nei necrologi quasi esclusivamente per la sua lunga militanza per il settimanale cattolico Il Giornalino, dei Paolini.

Nato a L’Asmara nel 1924, Boselli ha cominciato a partecipare vigorosamente, già poco più che ventenne, ben prima che al Giornalino, a vari progetti editoriali, dei quali parlerò in un capitolo di uno dei miei futuri libri, che tratta del fumetto italiano poco noto, dimenticato e bistrattato (purtroppo).

Per Il Giornalino, Boselli ha portato avanti tanti personaggi, come Bellocchio e Leccamuffo, Gec Sparaspara, Pachito Olè, Susy la rossa, Dodo & Cocco.

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Ma prima di allora aveva collaborato a lungo con Ugo Dal Buono per l’etichetta romana Pegaso, e prima ancora (nel 1949) con la casa editrice Lupettino del fantomatico (o fantomatica?) C. Turel.

Agli inizi della sua carriera, Boselli era all’opera per giornali satirici come Marc’Aurelio (dove tornerà anche nella versione diretta nei primi anni Settanta da Delfina Metz), l’anticlericale Don Basilio e L’Umorista.

Conoscere2 Suoi, tra i lavori più misteriosi, una versione a fumetti di Topo Gigio (un suo albo, tra l’altro, era ripiegato in tre parti e allegato come omaggio a una confezione di Pavesini, quando il roditore di Maria Perego, Federico Caldura e Guido Stagnaro, era impiegato come testimonial nella pubblicità televisiva di quei biscotti, a Carosello).

Decisamente cult anche un numero unico realizzato tutto da solo per l’editore Aldo Razzi (quello di Alvin): un giornalone gigante dedicato all’ennesima incarnazione di Supertopo (nulla a che vedere con il Mighty Mouse di Paul Terry o con topi supereroici analoghi) e a vari animali antropomorfi capelloni e contestatori, che risentivano del vento del ’68. In quello stesso anno, Boselli si dà da fare anche anche nel campo del disegno realistico e in quello del disegno animato collaborando ad alcuni progetti dell’Istituto Luce.

Boselli Boselli partecipa anche agli Albi del Quadrifoglio, che ricalcano la periodicità, il prezzo, il formato e l’aspetto complessivo dei mondadoriani Albi della Rosa, stampati in buona parte dai Fratelli Spada e pubblicati dalla Casa Editrice Centrale, sotto la direzione di Anna M. Andretta.

Alcuni degli autori in ballo su questo dimenticato periodico degli anni Cinquanta coincidono con quelli del giro di Lupettino e non c’è affatto da stupirsene. I fumettisti romani non sono esattamente una legione e, gira che ti gira, rispuntano fuori ad ogni nuova opportunità di lavoro. Ecco quindi Sergio Rosi, con una ennesima versione della coppia Arlecchino e Pulcinella, il citato Giovanni Boselli Sforza col poliziotto felino Joe Felix (che poi apparirà in volumetti-raccolta autonomi, come quello non comune dell’ottobre 1958 di cui posto la copertina), ecco le sceneggiature di Renata Gelardini De Barba (che adotta talvolta lo pseudonimo di Gric) per le avventure di Volpetto e di Gian Leprotto, ispirate pesantemente alle storielle disneyane di Uncle Remus tratte dai racconti antirazzisti di Joel Chandler Harris.

Tutto questo materiale era stato prodotto per una iniziativa paragonabile a quella de Il giornalino Mio confezionato da Tristano Torelli: albi umoristici con personaggi assortiti, umani e animali antropomorfi, nel formato che si ama definire “all’italiana”: due strisce per pagina in formato quadrotto, come il futuro Kolosso, se non addirittura (per giungere più vicino alla fine del secolo) come il futuro Lupo Aberto.

Ma il formato che va per la maggiore continua ad essere il tascabile; gli addetti ai lavori della Casa Editrice Centrale decidono di ripiegare su quello, montando due tavole con una media di quattro vignette ciascuna in una stessa pagina, che così si presenta sorprendemente ricca.

Ma sto andando fuori tema.
Per il momento, onore a un altro amico che ci lascia, e che avevo conosciuto personalmente a Roma nel 1979 negli studi di via Cassiodoro, quando entrambi collaboravamo all’Editoriale Smack di Andrea Mantelli, per iniziative non tutte andate in porto. Un saluto a un ottimo professionista, scrupoloso e impegnato a rendere al meglio, in questi anni micidiali nei quali un’intera generazione di fumettisti svanisce, forse anche investendo il medium di qualche significato simbolico.

La tavola di chiusura, che non era presente, come nemmeno le altre immani, nel post del 2007, è stata realizzata da Boselli, e firmata “Bos -“, nel lontano 1959.
Questo
Signor Contravvenzioni era comparso sul n. 21 del tascabile La mia Lulù, del 1° dicembre di quell’anno.
Lo stile dell’autore è già perfettamente evoluto e… decisamente sopraffino
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Blog Signor Contravvenzioni Boselli

AGGIORNAMENTO

L’ineffabile Roy Mann, con Boselli nella foto sotto, ricorda che nel 1966, il papà del Signor Contravvenzioni ha disegnato anche fumetti realistici, come il “nero” La donna di picche per le edizioni Gilda Cancellieri di Roma, adottando lo pseudonimo di Ellis

Sotto, la copertina (messa un po’ di sguincio) di uno di questi tascabili dimenticati, ricavato dalla collezione in vendita presso il commerciante lucchese Frugoli.
Inutile dire (forse) che il nome della collana derivava da un famoso sceneggiato televisivo a puntate con Ubaldo Lay (il Tenente Sheridan) scritto da Casacci e Ciambricco.

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