PINOTTO, SCIUSCIA’ E GLI ALTRI: FUMETTI, RESISTENZA, TORINO!

Buzzelli Bill dei marines

(Il © delle vignette di Guido Buzzelli presenti in questo post è degli Eredi Buzzelli/Grazia De Stefani)

Che Guido Buzzelli sia un Maestro assoluto del Fumetto italiano lo sanno tutti.
Non molti, però, conoscono la storia partigiana di cui riproduciamo (grazie ai collezionisti Pier Luigi Gaspa e Luciano Niccolai) una pagina qui sopra.
Di questa e di altre storie a fumetti non certo notissime, e di alcune fra queste che sono state rimosse con cura, insieme a un pezzo della nostra storia, nei decenni scorsi, si darò conto a Torino presso il Museo diffuso della Resistenza, giovedì 15 aprile alle ore 18,00.
Sciuscia Quattro giornate Napoli Sotto il titolo Pinotto, Sciuscià e gli altri: la Resistenza nel fumetto, si tratta di un viaggio illustrato al seguito del “partigiano di carta e inchiostro” per scoprire come il fumetto ha affrontato il tema della Resistenza dai primi personaggi dell’immediato dopoguerra fino alle rievocazioni più recenti.

E poiché il Fumetto, come gli altri media, si comporta come una spugna, assorbendo gli umori della società, l’itinerario tra le strisce illustrate diventa un modo di percorrere la diversa sensibilità nei confronti della Resistenza; non stupisce, allora, scoprire che a parlare di Resistenza negli anni Cinquanta fosse solo un “giornalino” di sinistra, Il Pioniere, oppure scoprire che nella ristampa di “Sciuscià” il riferimento alla strage di Marzabotto scompare e il linguaggio appare decisamente più edulcorato e sfumato.

Con Pier Luigi Gaspa, autore insieme a Luciano Niccolai del volume Per la Libertà. La Resistenza nel fumetto (Settegiorni editore, Pistoia, 2009), ne discutono Gianfranco Goria (fumettista e fondatore dell’Anonima Fumetti e di afNews.info), Luciano Boccalatte (vicedirettore Istoreto), Fulvio Gambotto (Ecomuseo della Resistenza “Carlo Mastri”).

Pioniere papa Cervi

Le illustrazioni di questo post si riferiscono a momenti diversi della storia del Fumetto italiano, tentativi con i quali ha raccontato, a suo modo e con gli strumenti (anche culturali) che aveva a disposizione, questa fase politicamente determinante per le (dis)avventure politiche del nostro Paese, con tanto di conseguenze future, i cui effetti ci accompagnano sino al momento attuale, spesso nell’indifferenza collettiva.
A molti, in sostanza, doesn’t care.

E’ un aggancio per ascoltare, mentre leggete il resto del post. If I Didn’t Care, interpretato dagli Ink Spots Oltreoceano.

Albo Intrepido

Passando rapidamente il mouse sui jpg si leggono i riferimenti, pur generali, di queste tavole e copertine. Chi avesse delle curiosità in più, può chiedere e… avrà risposta.

Intrepido Boy

La mostra (all’Ecomuseo della Resistenza “Carlo Mastri”Colle del Lys, dal 18 aprile al 2 maggio), realizzata a partire dall’omonimo saggio di Gaspa e Niccolai, racconta, attraverso una serie di immagini tratte da albi d’epoca, come la lotta partigiana è stata interpretata negli anni attraverso il fumetto.

Un percorso storico, sociale, editoriale, che sin dall’immediato dopoguerra presenta, in maniera discontinua e spesso peculiare, una serie di personaggi e i storie che coinvolgono i partigiani e la Resistenza in generale.
Pam il partigiano
Scorrendo le vignette ingiallite dal tempo delle avventure di Sciuscià, personaggio nato sull’onda del celebre film neorealista, le copertine di vetusti Albi dell’Intrepido, con i suoi eroi coraggiosi e romantici, nel pieno stile delle pubblicazioni della Casa Editrice Universo, si dipana quindi la storia del partigiano a fumetti: dal piccolo Pinotto, con sue “avventure di un ragazzo partigiano”, risalente già al 1946, cioè all’immediato dopoguerra, alle rievocazioni storiche del Pioniere, che negli anni Cinquanta narra diverse vicende con piglio storico non disgiunto, occorre dire, da un pizzico di retorica.

Fino a più moderne rievocazioni, come quelle apparse sul Corriere dei ragazzi a metà degli anni Settanta, opera peraltro di alcuni fra i più grandi nomi del fumetto italiano, come Alfredo Castelli, Mario Uggeri, Ferdinando Tacconi e Giorgio Trevisan, e, soprattutto alla serie 1945-1995 scritta e disegnata dal genovese Renzo Calegari per il settimanale per ragazzi Il Giornalino.

Monte Battaglia

Tutti tentativi riusciti di coniugare storia e divertimento, senza enfasi retorica ma con grande partecipazione. Per non citare infine veri e propri cammei, come quello apparso in un episodio della conturbante Valentina di Guido Crepax; oppure recentissime scoperte come l’Intrepido Boy che, pubblicato a Napoli già nel novembre del 1944 – ancora a guerra in corso! – racconta episodi legati alla Resistenza solo due mesi dopo la cacciata dei nazisti, avvenuta in seguito all’insurrezione popolare della città partenopea.

Crepax Oberdan Chiesa

LINK CORRELATI (fra tanti altri)

LA RESISTENZA: COME LA PANCIA DI MIMMO CRAIG

TAVOLE DI RESISTENZA, a cura di Sergio Badino

UNA STORIA PARTIGIANA

UNA (SECONDA) STORIA PARTIGIANA

ADDIO A GIORGIO BELLAVITIS

  • Nicoletta Vinciguerra |

    Già, caro Luca. E come si fa a parlare alla pancia delle persone?
    “Governando” la lingua attraverso l’imposizione di determinati significati alle parole, che vengono in questo modo espropriate all’uso comune e non appartengono più a tutti? E per tutti intendo dire anche “coloro che ritengono liberamente, e in tutta l’onestà delle proprie convinzioni, di dover parlare il linguaggio della dissidenza e praticare l’esercizio di un pensiero divergente”?
    Mi chiedo: cosa si capisce oggi se dico “resistenza”? E se dico “amore”? E se dico che non sono d’accordo? E se pronuncio la parola “dissidenza”?
    Dissento, non sono aggressiva. Sarò libera?
    Amo il mondo, ma non appartengo al partito dell’amore. Sarò libera?
    Parlo di resistenza, insegno storia, ma non porto né bandiere, né vessilli, né insegne, se non quelle che decido io, che mi appartengono esclusivamente come prospettive personali, che non devo imporre ad alcuno, e tanto meno devono essere oggetto di strumentalizzazioni, e ancora meno di censure, fin quando vengono esercitate nella legalità ed estrema correttezza, secondo metodi dialettici e in piena autonomia e libertà di pensiero e di parola.
    Sarò libera di dissentire senza sentirmi accusare di essere disfattista e per niente costruttiva, ma per forza di cose etichettata come nemica di qualcuno?
    Io non sono nemica di nessuno. E ciò nonostante sarei libera di dissentire.
    Allora, mi sorge l’inquietante dubbio che persino la nostra lingua sia inquinata, laddove in maniera strisciante, insidiosa, vengono imposti significati faziosi e parziali alle parole, costringendo in modo subdolo tutti coloro che non ne condividono il nuovo significato imposto a non pronunciarle neanche più.
    Devo credere che il linguaggio della dialettica e del libero confronto si stia svuotando di parole appropriate per potersi esprimersi liberamente?
    Mi auguro che sia solo il mio eccessivo pessimismo a parlare così, perché tutto ciò mi risulta molto inquietante. E anche triste. A presto. Nicoletta.

  • Luca |

    Il merito è di Pier Luigi Gaspa e di Luciano Niccolai, Nicoletta!
    E della collezione di quest’ultimo, che corrisponde perfettamente ai parametri di “nuovo collezionismo tematico” espressi in un bell’articolo sull’ultimo numero della rivista “Fumetto”, dove si analizzano i cambiamenti sopravvenuti in questi anni circa le forme di collezionismo di albi, libri, riviste e giornali a fumetti di tutti i tipi.
    C’è anche un bellissimo inserto sulla rivista francese “Vaillant”, poi divenuta “Pif”, che dimostra come i francesi siano (stati) da sempre molto più maturi di noi rispetto ai valori della lotta al nazifascismo e ai valori umani in generale. L’hanno dimostrato anche con questa rivista per i giovanissimi sin dall’indomani della guerra.
    Da noi… i giornali e i giornaletti compromessi con il regime si sono rifatti il lifting e anche le “carogne” (ho messo le virgolette, non si offendano, né loro né i loro eredi, di questi boia) sopravvissute sono tornate a occupare posti di potere che avevano durante il periodo fascista. E’ un dato di fatto.
    E arriviamo a oggi d’un balzo, grazie anche a qualcuno che ha dato un “aiutino” a cristallizzare una spaccatura di fazioni mai sanatasi, e (per scopi puramente elettoralistici, da politicante amorale) ha contribuito a mantenere ben aperte le ferite che altrimenti si sarebbero rimarginate, forse, dopo Mani Pulite.
    Ma parlare alla pancia e non alla mente della popolazione poteva far riportare a casa un buon bottino di voti.
    Ergo, impossibilitato a liberarsi dall’egoismo di cui schiavo, questo ha fatto.
    Un caro saluto e buon lavoro,
    L.

  • Nicoletta Vinciguerra |

    Grazie e te Luca. Perché ci offri uno strumento per parlare di questo periodo della nostra storia divertendoci e ripercorrendo, nello stesso tempo, la storia del fumetto: ricordi incantati di caldi pomeriggi estivi, quando mi proibivano di uscire di casa in quelle ore troppo calde e, ad occhi socchiusi un po’ per il calore e un po’ per l’abbiocco del dopo mare, mi abbandonavo completamente immersa tra le pagine a fumetti e divoravo un giornalino dietro l’altro.
    Momenti magici: quando mai torneranno più?
    E soprattutto: Resistenza fuori dalla retorica, dalle mistificazioni, dalle strumentalizzazioni. Infatti, circa questo articolo ribadisci e sottolinei il significato di “documento”. Perciò dico: punti di vista e prospettive.
    Non è facile ottenere tale effetto, di questi tempi.
    Insegno storia, e quasi a volte sono restia a pronunciare questa parola per paura di essere etichettata o che alle mie parole vengano attribuiti significati che non sono io a voler trasmettere.
    Una boccata d’aria! Mi hai fatto tornare la voglia di parlarne sentendomi libera da qualsiasi pregiudizio e preconcetto. Contestualizzare storicamente e culturalmente. Sempre. Esprimere le proprie opinioni, idee e conclusioni liberamente. Sempre.
    Grazie a te.
    Alla prossima. Ciao, Nicoletta.

  • Luca Boschi |

    Grazie a Nicoletta Vinciguerra, che ha ripreso di peso (è il caso di dirlo) questo articolo per inserirlo nella sua rubrica del web “Scriventi e Scrittori – narratrici e narratori poeti e poetesse lettori e lettrici”.
    http://scriventiescrittori.blogspot.com/2010/04/la-resistenza-italiana-nel-corso-della_16.html
    La scrittrice Nicoletta Vinciguerra l’ha catalogato con l’etichetta “Storia e filosofia”, giustamente.
    Speriamo che con questa ampliata diffusione si continui a parlare di questi fumetti e del loro valore, appunto anche come documenti storici.
    Saluti a Nicoletta!

  • Luca Boschi |

    Grazie, Pier Luigi.
    Ben detto!
    Naturalmente la mia parziale risposta alla tua domanda è (purtroppo) NO. Non solo molti giovani non si rendono conto dell’asfissia che i partiti di governo e i loro addentellati nella società provocano, limitando la libertà dei cittadini (tutto ciò fa parte di un disegno preciso, che rimanda agli anni della guerra fredda, spesso usata come alibi per accrescere il potere di una élite già facoltosa, diventata impunemente tale). Purtroppo, anche chi è già adulto e stravaccinato si è adattato a questo stato di anestesia neuronica generalizzata, iniziata ai tempi di San Bettino con la finta liberalizzazione dell’etere, che in realtà significava “fare dei favori a qualcuno in cambio di qualcosa”.
    E’ un discorso con le radici in un passato che non si è mai voluto conoscere a fondo, così come quello che riguarda la Resistenza si vuole rimuovere, e non da oggi, bensì già dall’immediato Dopoguerra.
    In Francia, Paese vicino e a suo modo gemello dell’Italia, le cose sono andate in modo ben diverso. Ne parla con interessanti notazioni l’ultimo inserto di “Fumetto”, dedicato a “Pif” e a “Vaillant”.
    Ma in Francia ci sono i francesi. Ben altro popolo.
    In Italia non si è mai chiarito bene chi ha fatto da Gran Burattinaio, maneggiando dei poveri illusi e qualche farabutto dietro la strategia delle bombe (ma è accertato che il Venerabile Maestro ha depistato le indagini sulla strage di Bologna, per esempio). Non si sa bene chi abbia ordinato le stragi, e prima ancora chi abbia fatto uccidere Enrico Mattei, Mauro De Mauro, Sindona, Calvi… né, via via, chi abbia simulato i finti suicidi di almeno tre persone che sapevano molte cose sulla Tangente Enimont, attraverso quali banche era transitata (compresi i nomi di chi aveva dei conti su quelle banche) e quali partiti doveva finanziare illecitamente.
    Sembrano episodi slegati fra loro, ma non è così.
    Pasolini ne stava collegando alcuni fra loro, in “Petrolio”, e il capitolo finale di quel suo libro è scomparso. Pare che si parlasse di Eugenio Cefis, già braccio destro di Enrico Mattei.
    Nel suo articolo sul “Corriere della Sera” che tutti conosciamo con il nome di “Io so”, faceva intendere che aveva capito bene questa strategia di potere e di revisionismo.
    Tanti collegamenti fra fatti criminosi della nostra Storia, compresi gli omicidi eclatanti di Falcone e Borsellino ci portano direttamente all’oggi, e si arriva alle testimonianze di Spatuzza e Ciancimino.
    C’è una linea precisa che corre dalla liberazione dal nazifascimo ai giorni nostri, attraverso tanti crimini commessi in questi anni, davanti ai quali un popolo non bue avrebbe dovuto ribellarsi e continuare a fare il suo dovere di “resistere”.
    Ma, come dice Monicelli, gli italiani preferiscono essere sotto tutela, delegare a dei pagliacci, che magari li fanno ridere con delle boutades. Pardon, con delle barzellette (“boutade” è un termine francese).
    Poi, quando non ce la fanno più, ne prendono il cadavere (già preparato da qualcun altro) e mettono il “fetentone” a testa in giù.
    Questi sono gli italiani, dice uno dei più grandi registi italiani.
    Penso che pubblicherò quell’intervento di Monicelli in un post, perché è utile per tutti, compresi quelli che non ne condividono lo spirito.
    Ciao, alla prossima!
    L.

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